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Affari Europei
Maullu (FdI): "Dalla "mia" Sardegna un segnale chiaro per un'Italia più forte"

Le elezioni regionali sarde che si sono svolte nello scorso week end hanno espresso alcune indicazioni chiare, a partire dal nome del vincitore: Christian Solinas, in rappresentanza di un centrodestra che, per quello che ha affermato Salvini, ritroveremo come coalizione solo in occasione di elezioni sul territorio ma non alle nazionali. Abbiamo chiesto a Stefano Maullu, europarlamentare di Fratelli d'Italia da sempre fiero delle sue origini sarde, di aiutarci a interpretare il voto espresso nell'isola e i suoi significati.

“L'ex Presidente Francesco Cossiga, uno dei più importanti rappresentanti della politica sarda, affermava che la Sardegna è sempre stata un laboratorio politico. Questo significa che le molte particolarità dell'isola hanno favorito, specie in occasione di elezioni locali, esperimenti un po' diversi da quelli nazionali. Basti pensare alla forte caratterizzazione del voto territoriale, che essendo suddiviso fra molti piccoli centri esprime candidati che hanno un fortissimo legame con gli elettori; o alla presenza di molte liste civiche e di un numero davvero alto di candidati che rendono meno identificabile il quadro d'insieme”.

Quindi il voto sardo non avrebbe collegamenti con la politica nazionale?

“Niente affatto: ne ha, e ha anche espresso indicazioni chiarissime, ma va interpretato nel modo giusto. Cominciamo a dire che il 12% raccolto dalla Lega alla sua prima partecipazione alle regionali è un risultato di rilievo e ascrivibile in gran parte alla presenza di Salvini, a differenza di quello che pensa qualcuno, proprio tenendo presenti le caratteristiche del territorio. Poi, per stare sempre nella coalizione del centrodestra, c'è l'ottimo risultato di Fratelli d'Italia che conferma la sua crescita con un ottimo 5 %, dato che ovviamente mi fa molto piacere e che peraltro rappresenta la maggior percentuale di crescita ”. 

Fratelli d'Italia che, in sede europea, ha scelto di aderire al gruppo dei Conservatori Riformisti.

“Esatto. Il nostro partito si pone al centro di un progetto concreto e diventa sempre più un punto di riferimento per gli elettori che vogliono cambiare  le regole di questa Europa e per tutti coloro che hanno a cuore le sorti del nostro Paese. Gli elettori hanno compreso e apprezzato il progetto avviato insieme alla nostra nostra leader Giorgia Meloni: una fase costituente in FdI che abbiamo aperto con solidi valori e nuove prospettive, e che ha come cardine le necessità degli italiani e la difesa dell'Italia e dei suoi interessi in un'Europa a trazione Franco Tedesca che troppo spesso ci ha penalizzati”.

Forza Italia, invece, ha quasi dimezzato le sue preferenze.

“Ecco, il discorso su Forza Italia è più complesso. Io, che ne ho fatto parte per 24 anni e che ne ho e condiviso la spinta innovativa, ho dovuto ammettere che questa spinta si è esaurita a favore di una nomenclatura stanca e appiattita, in Italia come in Europa, su posizioni che niente hanno a che vedere con ideali e progetti che un tempo il partito rappresentava. La proposta di FI risulta datata e senza nerbo, e non è quindi adatta a rappresentare un territorio che invece vive una profonda crisi sociale e un grande fermento, come dimostra ad esempio la protesta dei pastori”.

Se Forza Italia non ride, il Movimento 5 Stelle decisamente piange.

“A me sembra che i cittadini, dopo aver espresso un voto di protesta che lasciava in sospeso il giudizio sulle capacità del M5S di governare, si stiano accorgendo – come a mio parere era inevitabile – che il Movimento non ha nè la struttura, nè l'esperienza nè la coesione politica per guidare il Paese o una Regione. I grandi agglomerati di consenso politico richiedono organizzazione, uomini esperti nei posti giusti, presenza territoriale, una visione il più possibile chiara e coesa di come guidare la società. Era ovvio che i 5Stelle non fossero un partito di governo, la gente se n'è accorta e ora si registrano le conseguenze. E trovo estremamente significativo che a certificare questa impreparazione di fondo sia stato, con parole molto dure, proprio Beppe Grillo”.

Le strategie di questi mesi di governo in coabitazione con la Lega hanno danneggiato il Movimento secondo lei?

“Credo che fosse solo una questione di tempo, ma che prima o poi i nodi dovevano per forza venire al pettine, a prescindere dall'alleanza con la Lega. A me sembra che i cittadini sardi, con il loro voto, abbiano rifiutato il concetto di reddito di cittadinanza: essendo un popolo orgoglioso e forte, chiedono lavoro e non elemosine o assistenzialismo. E, mi creda, questo è perfettamente nelle corde di persone che conosco benissimo: non a caso sono sardo anche io e ho fondato un sito Internet, chiamato Ambasciata di Sardegna, che si occupa proprio delle esigenze e dei problemi del territorio”. 

Nonostante la netta sconfitta i rappresentanti del Partito Democratico si sono mostrati abbastanza soddisfatti e fiduciosi per il futuro.

“Rispetto tutti, però a me questa cosa fa sorridere. Il Pd era arrivato a raccogliere più del 40% dei consensi alle ultime europee; in pochi anni, con le sue scellerate politiche di governo, il suo appiattimento sulle posizioni franco-tedesche che ci penalizzano in Europa, la folle politica di apertura all'immigrazione selvaggia, l'austerity sposata come un mantra i piddini hanno perso più della metà dei loro voti e in Sardegna sono precipitati al 13%. Per raggiungere il 30% nel voto di coalizione Massimo Zedda ha dovuto intimare ai rappresentanti del partito di non mettere piede nell'isola. Mi sembra una situazione che si commenta da sola: un po' come succede a Forza Italia, il Pd rappresenta una politica vecchia, superata, incapace di rispondere alle esigenze di una modernità complessa”.

Per concludere, quali pensa che dovranno essere gli interventi più urgenti della nuova giunta regionale sarda della quale il suo partito farà parte?

“Ci sono molte questioni da affrontare, ma ai primissimi posti metterei il problema dei trasporti, dei gruppi monopolisti e della mancata continuità territoriale che penalizza i tantissimi migranti nel momento di tornare nell'isola per ricongiungersi con le proprie famiglie. Poi, ovviamente, la questione legata alla protesta dei pastori con tutte le storture da sanare. In questo caso come in tanti altri, l'urgenza è quella di difendere e rilanciare tutta la filiera legata al Made in Italy, le imprese, l'imprenditoria nazionale, attraverso politiche mirate, nuove infrastrutture, una tassazione più equa e un maggiore peso del Paese nel consesso europeo. Nel caso dei pastori, dobbiamo preparare al più presto un piano di sostegno che permetta alle tante famiglie che lavorano nel settore caseario e della produzione del latte – non a caso il primo per importanza nell'isola - di guadagnare il giusto per poter mantenere le loro attività e per ritrovare la meritata serenità”.

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