Smascheriamo il buonismo strisciante: è la forma più becera di razzismo

La politica e la società nell’era della mistificazione e del fraintendimento, dalla Fattoria degli Animali alla sostituzione etnica

L'opinione di Maurizio De Caro
Black Lives Matter
Il buono, il brutto e il cattivo

Contro il buonismo, la più subdola forma di razzismo

Parlar chiaro in politica è una contraddizione in termini, andare al centro, al cuore del problema è un’impresa titanica se poi alla realtà delle affermazioni si associano i ceselli linguistici dell’interpretazione. Nessuno è esente da questa trasversale mistificazione e nell’esplicitazione dei conflitti degli schieramenti, sempre più simili a tifoserie, ogni forma di aggressione al limite dell’insulto non solo è consentita ma addirittura auspicabile, come fosse un merito smantellare qualsiasi ragionamento dell’avversario sulla base di convinzioni personali, parziali.

L’avvento dell’Era Meloniana ha scatenato un’aggressività ed un livore senza precedenti, e in tutti i pollai talkisti l’eccitazione accaldata dei duri e puri è esplosa causando comunque pochi danni in termini di consensi, mancando sistematicamente di argomentazioni realistiche almeno sul fronte della nostra drammatica quotidianità.

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L’argomentazione retorica declina le parole estreme, definitive come “il fascismo”, il nazismo, la festa del 25 aprile, il suprematismo, l’universo del sesso, della famiglia tradizionale o light, il razzismo strisciante, nell’antica e immarcescibile schiavitù del politicamente corretto.

Nessuno naturalmente ha il coraggio di affermare che “spazzino e operatore ecologico” siano la stessa cosa e che l’offesa forse risiede nella mente ammorbata e semplicistica di quanti sono esenti da pensiero critico, incapaci di entrare nella sostanza del lemma, della professione, dell’etnia, in perfetta assenza di originalità.

In principio erano i terroni e i polentoni, i negri e i bianchi, le femmine e i maschi, gli invertiti, naturalmente i fasci e i compagni in una costante deriva di insulti, di metafore ardite, di doppi sensi, e di Grillismi (scegliete o il marchese o il comico) ma il piano inclinato avrebbe condotto in fretta verso l’inefficacia di qualsiasi epiteto, spuntato, inane.

Possiamo dunque ri-appropriarci della sana coprolalia, delle espressioni legate esclusivamente all’antipatia, nobile sentimento che accomuna gli uomini e che condiziona qualsiasi ulteriore valutazione, come si può osservare nelle smorfie pietrificate degli Scanzi, dei Cacciari, Giannini e compagnia di giro, sempre pronti a valutazioni fasulle sull’inadeguatezza di quanti non galleggiano nelle redazioni tranquille dei loro amici.

Non c’è nessuna possibilità di aprire momenti dialettici partendo dalla presunzione che Giorgia Prima, figlia della Suburra cerchi sempre di nascondere il saluto romano, il fez, e il gagliardetto della Disperata, rispetto alla bellezza intelligente e sicura di quanti stanno già traslocando verso lidi prezzolati di un cda, di una Presidenza, tra abiure vere o presunte ma sempre in attesa del “sol dell’avvenire”.

Non essendo un paese normale, non avendo una coscienza condivisa e condivisibile ci si schiera, come nell’agone del wrestling televisivo, ma senza sberleffi, senza ironia, perché tronfi della propria cattiveria, e dell’insopportabile spocchia, che questa pseudo- sinistra double face, continua a volerci imporre.

Non moriremo democristiani ma chiedendoci perché Veltroni debba credere di essere un regista, o Zoro un simpatico editorialista, oppure quale regime autocratico voglia abbattere Montanari, mentre la surfista svizzera Elly minaccia sfracelli, dopo le meritate vacanze, ma assomiglia ogni giorno di più a Tomasi di Lampedusa, con Claudio Baglioni post-Pariolino fa capire che la Segretaria è dei “loro” .

Ma il problema se non fosse comico diventerebbe drammatico, se continuassimo ad imporre la vera dittatura di Genitore Uno e Genitore Due, senza immaginare di umiliare quanti (a milioni e milioni) vogliono senza pretese mantenere un’identità di genere senza offendere nessuno, ed è questo il vero problema: se per essere moderni e alla moda bisogna accettare qualsiasi violenza verbale, semantica, ideologicamente scorretta, che diventa corretta se raccontata dai trombettieri a reti unificate.

È il principio del tutti contro tutti, dell’assenza di regole nel combattimento, della forma rispetto alla sostanza, del “tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri”, come è accaduto dal dopoguerra di Orwell a ieri.

Non basta dedicare all’Africa la prossima Biennale dell’Architettura di Venezia per stabilire che i nostri fratelli africani sono meglio di noi, sporchi Europei Colonialisti brutali e devastatori (del luogo da cui tutti noi proveniamo), per riaffermare che la “cultura della cancellazione” possa farci dimenticare, come vorrebbero i radical Brick (mattoni radicali), che tra gli sporchi brutti e cattivi oltre ad Hitler e Stalin ci sono stati Galileo, Raffaello, Cervantes, Brunelleschi e Beethoven.

Per fare un nuovo Rinascimento non serve cambiare il colore della pelle di artisti, curatori, scrittori e pensatori, ma confrontarsi senza retorica sulle capacità e sui talenti, avendo anche l’accortezza di affermare che si può anche sbagliare, nell’imporre qualcuno solo perché è una donna, un omosessuale, un nero, oppure un meridionale o settentrionale: la diversità rispetto a quello che è sempre stato considerato, anche e semplicemente, normale anzi banale.

Il pericolo della Neo Accademia Sociale e Linguistica è più potente di qualsiasi forma di discriminazione, così come Genitore 1 o Padre non possono essere in conflitto, in contrasto, sarà possibile vincere il pregiudizio solo quando nessuno, neppure noi, ci riterremo migliori. 

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