Ucraina, scoppia guerra energetica Russia-Nato. Brent a 131$. Borse in frenata

Sfumano gli eurobond (per finanziare la spesa energetica) che in giornata avevano sostenuto gli scambi. Il blocco Usa e Uk dell'import russo frena le Borse

Economia
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Il Brent schizza sopra i 130 dollari al barile

Il conflitto in Ucraina per i mercati finanziari si sta tramutando rapidamente in una sorta di guerra energetica, con Usa e Russia pronte a giocare rispettivamente la carta del petrolio e del gas naturale per colpire l'avversario. I listini europei, che si sono sgonfiati sul finale, sono rimasti col fiato sospeso fino al termine della seduta in attesa del discorso del presidente statunitense Joe Biden che ha annunciato il divieto dell'import per il petrolio e gas naturale russi.

Mosca a sua volta minaccia di rispondere alle sanzioni europee attraverso un taglio della fornitura di gas, mentre il colosso Shell ha già annunciato che cesserà di rifornirsi di materie prime russe e anche il Regno Unito eliminerà gradualmente le importazioni di greggio entro la fine dell'anno.

Il fronte caldo resta cosi' quello delle materie prime, con il Brent sopra i 130 dollari al barile e il gas - volatile come non mai - scambiato verso fine seduta a 211 euro al megawattora (-7%) dopo il record di ieri a 345 euro e l'oro ormai stabilmente sopra i 2.000 dollari l'oncia. In attesa di novità da Washington, le Borse del Vecchio Continente per tutta la seduta hanno tentato il rimbalzo forti dell'apertura diplomatica del presidente ucraino Zelensky a un compromesso su Crimea e Donbass e delle indiscrezioni legate a un eurobond allo studio dei Paesi Ue per finanziare la spesa energetica e arginare così le ricadute del conflitto.

Entusiasmo poi sfumato dopo le parole del vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmersmann, che ha spiegato come "nella Commissione non ci sia nessun piano al riguardo", mentre Bruxelles dal canto suo ha presentato il piano REPowerEU con l'obiettivo di ridurre di due terzi entro l'anno la dipendenza dal gas russo.

Ora gli investitori attendono la prossima data chiave (giovedi') quando in Turchia dovrebbero incontrarsi il ministro dell'Estero russo e quello ucraino. In questo clima di tensione l'indice Ftse Mib a fine seduta ha guadagnato l'1,4% (dopo esser salito anche del doppio) grazie allo strappo di Saipem (+13,2%), il rimbalzo di Tim (+5,9%) alle prese con l'offerta di Kkr e l'atteso riscatto dei bancari, da UniCredit (+6,1%) a Bper (+5,4%).

In fondo al listino Amplifon (-4,7%), Diasorin (-4,1%) e altri titoli piu' difensivi. Sul fronte valutario, resta sotto pressione l'euro scambiato a 1,0887 dollari (da 1,0856 ieri in chiusura) e a 125,91 yen (125,55). Dollaro-yen a 115,69. Prosegue, infine, il rally del petrolio con il Wti di aprile che vale 127,2 dollari al barile (+6,6%) e il Brent di maggio a 131,6 dollari (+6,8 per cento).

Seduta brillante anche per la compagnia assicurativa Unipol, che a fine giornata guadagna il 6,8%, assieme a Banco Bpm (+5,1%) e Poste Italiane (+4,6%). Tra i petroliferi bene anche Tenaris (+3,2%), Enel tra gli energetici (+2,9%) e la holding Exor (+2,9%). Vendite al contrario su Interpump (-4,1%), Recordati (-3,6%) e Ferrari (-3,1%). Sotto i riflettori per tutta la seduta, come detto, Tim dopo le indiscrezioni che vedrebbero una parte del consiglio, espressione degli amministratori indipendenti, intenzionata a non chiudere alla proposta Kkr, sempre che questa si riveli ancora valida.

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Nei prossimi giorni potrebbe tenersi una riunione del comitato ad hoc e per domenica 13 dovrebbe essere convocato un cda che dovra' decidere come procedere (con gli amministratori propensi ad aprire al negoziato espressione di Assogestioni). 'Sara' quindi da verificare se questa posizione trovera' poi una maggioranza in consiglio', scrivono gli analisti di Equita. Lato Kkr, l'ipotesi e' che il fondo possa essere ancora interessato, ma a prezzi inferiori a quelli indicativi espressi a novembre, ossia intorno a 40 centesimi per azione.

"La situazione rimane molto incerta: ai prezzi correnti ci sembra che il titolo non stia prezzando piu' alcuna ipotesi speculativa, che rimane a nostro avviso improbabile, vista la posizione di Vivendi e CdP che paiono fermamente a supporto del piano stand-alone, ma non impossibile. Non si registrano commenti dal governo, che pensiamo sia innanzitutto interessato all'esecuzione dei progetti del Pnrr", conclude Equita. Fuori dal listino principale, invece, e' balzata Rai Way (+5,9%) dopo che ieri sera il presidente del Consiglio, Mario Draghi, avrebbe firmato il Dpcm che autorizza la controllante Rai a scendere sotto il 51% nell'assetto proprietario della societa'.

Secondo il Sole 24 Ore, l'obiettivo sarebbe creare le condizioni per il consolidamento nel settore delle torri broadcasting e quindi un'integrazione con Ei Towers (F2i al 60% e Mfe al 40%). La strada scelta dal Governo sarebbe quella gia' sperimentata con le reti energetiche (Terna e Snam), ovvero mantenere un'adeguata partecipazione pubblica nella societa' con eventuali meccanismi di governance a tutela della stabilita' azionaria. "La mossa era ampiamente attesa e sarebbe un passo chiave verso il consolidamento del settore, in particolare con la fusione tra Rai Way e Ei Towers", spiegano infatti gli esperti di Banca Akros.

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