Petrolio, gli Emirati Arabi Uniti pronti a lasciare l'Opec: gli scenari

Il Qatar aveva abbandonato l'associazione nel 2019 per concentrarsi sul gas naturale. Gli emiratini invece vogliono massimizzare i profitti

di Marco Scotti
Economia

Gli Emirati Arabi Uniti pronti a uscire dall'Opec

Un’indiscrezione scuote il mondo del petrolio: gli Emirati Arabi Uniti sarebbero pronti ad abbandonare l’Opec, l’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio. La notizia, che gli emiratini si sono affrettati a smentire con non troppa convinzione, ha causato un rapido calo dei prezzi del greggio sia sul Brent che sul Wti. Il punto è proprio questo: l’Opec rappresenta il 79% delle produzioni mondiali di petrolio. Gli Emirati Arabi Uniti, che pure sono tra i meno prolifici all’interno dell’organizzazione, valgono circa il 4% del totale. Chiaro che una loro eventuale uscita rappresenti un problema bello grosso per il mondo intero. 

L’Opec, infatti, è a tutti gli effetti un cartello che decide quanto petrolio estrarre e immettere sul mercato. Aumentare la produzione significa far calare i prezzi e viceversa. Durante la pandemia, ad esempio, con il Wti sotto zero – in pratica si veniva pagati per comprare del greggio – i Paesi hanno naturalmente chiuso quasi del tutto i rubinetti. E questo ha provocato un effetto a catena quando poi il mondo è ripartito nel post-lockdown. Le scorte si sono esaurite rapidamente e il prezzo è schizzato alle stelle, con picchi fino a 120 dollari al barile nel marzo dello scorso anno.

Nel 2022 i Paesi Opec hanno fatturato oltre 900 miliardi di dollari, in aumento del 78% rispetto all’anno precedente. E non esiste crisi per questi stati che hanno la fortuna di essere nati letteralmente seduti su un pozzo pressoché inesauribile. Perché il greggio estratto in queste nazioni adagiate sulla Penisola arabica non è soltanto più facile da raggiungere di quanto avvenga in altri Paesi, ma è anche di qualità migliore. Dunque, se gli Emirati Arabi Uniti lasciano l’Opec si crea un problema globale.

Perché potrebbero decidere di farlo? Il Qatar lo ha fatto recentemente, annunciando di volersi concentrare solo sulla produzione di gas naturale. Perché essere membro dell’Organizzazione dei produttori significa, per assurdo, dover rinunciare a guadagni ancora più mirabolanti. Perché l’interesse è tenere i prezzi alti, non massimizzare le vendite. E quindi è semplice: se gli Emirati Arabi Uniti lasciano, dopo che l’Occidente tutto ha completato il ban sul petrolio russo, si possono permettere di immettere una quota maggiore nel mercato mondiale, abbattendo il prezzo sui principali indici. 

Né può essere taciuto il difficile rapporto con i cugini sauditi, che essendo i primi e più importanti produttori nell’Opec vogliono far valere il proprio peso e, al contempo, tenere i prezzi alti. Mentre scriviamo sia il brent che il Wti si muovono intorno agli 80 dollari al barile. Ma le previsioni degli analisti sono molto variegate: c’è chi (è il caso di Citi) prevede un prezzo medio di 75 dollari e chi, come Bank of America, è convinto che l’asticella vada spostata oltre i 100 dollari. Perché la fine della strategia zero Covid in Cina e la ripartenza dei consumi a livello mondiale farà crescere enormemente la domanda.

C’è un ultimo tema da analizzare, che riguarda la gestione delle riserve petrolifere. Uscire dall’Opec è vero che permette di massimizzare i profitti, ma espone anche al rischio ricatto da parte degli altri membri dell’organizzazione, i quali potrebbero fare indebite pressioni sulle nazioni che acquistano il petrolio. “Se comprate da quelli – potrebbero dire – scordatevi il nostro greggio”. Il che si tradurrebbe in una sorta di effetto bolla che rappresenta un rischio che il mondo, già schiacciato da guerra e inflazione alle stelle, non può certo permettersi. Secondo il Wall Street Journal, una fonte anonima avrebbe smentito che gli Emirati vogliano lasciare l'Opec. Ma sarà davvero così?

Tags:
emirati arabi unitiopecpetrolio