Clima, la crisi minaccia pure il miele: la produzione crolla dell'80% sul 2022

Freddo e siccità hanno compromesso la produzione di miele primaverile. Cresce l'importazione, ma secondo l'Ue il 46% è a rischio adulterazione

a cura di Redazione
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Miele, i cambiamenti climatici minacciano la produzione: crollo dell'80% rispetto al 2022

Le api sono le sentinelle dell'ambiente ma anche le prime che ne pagano le conseguenze in caso di inquinamento e cambiamenti climatici. Conseguenze che si riversano nella produzione del miele che è sempre più a rischio. Negli ultimi anni si è assistito a una progressiva riduzione, fino al dimezzamento, e quella del 2022 è stata una annata pessima, con un crollo stimato dell'80%.

Ad incidere, soprattutto il freddo anomalo seguito alla lunga siccità, che ha rovinato i fiori e impedito alle api di volare, compromettendo la produzione di miele primaverile (che rappresenta la grande maggioranza). Un calo che ha colpito 1.5 milioni di alveari italiani, curati da circa 73mila apicoltori in tutta la Penisola. "La produzione primaverile è quella principale perché, andando avanti, le fioriture si riducono" spiega Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti. "Le piante fioriscono prima in pianura e poi in collina e in montagna, anche se con il cambiamento climatico questa differenza si sta assottigliando", ma i mesi più floridi sono quelli appena trascorsi, aprile e maggio, caratterizzati quest’anno da un insolito freddo.

A risentirne, inoltre, non è solo il miele: tre colture alimentari su quattro dipendono parzialmente dall’impollinazione delle api, come mele, pere, fragole, ciliegie, angurie e meloni. Le api - sia domestiche che selvatiche - sono responsabili, infatti, del 70% della riproduzione di tutte le specie vegetali.

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Negli ultimi anni, dopo lunghi dibattiti e studi d’impatto, la Commissione europea ha introdotto una serie di divieti sui cosiddetti neonicotinoidi, gli insetticidi più pericolosi per le api, considerati responsabili della morìa della specie in Europa. "Il problema di questo tipo di trattamenti - spiega ancora Bazzana - è la scarsa aderenza al seme e la diffusione nell’ambiente circostante. Ma più in generale oggi la principale minaccia è la crisi climatica, che si aggiunge alle malattie conseguenti ai possibili trattamenti sbagliati e ai nuovi parassiti che sono venuti fuori, dall’aethina tumida alla vespa vellutina, a conferma che l’ape resta il primo indicatore dei cambiamenti ambientali".

Tuttavia, mentre la produzione cala, cresce l'importazione: nel 2022 si è registrato un +12%, con oltre 26.500 tonnellate, ben oltre la metà dei consumi. Secomndo un'indagine della Commissione Ue la maggior parte del miele importato viene dalla Turchia, Cina, Romania e Ucraina, e molti di questi prodotti - il 46% (quasi 1 su 2) - sono sospettati di adulterazione, ovvero mieli addizionati di sciroppi di zucchero ricavati da grano, riso e barbabietola da zucchero. 

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