Aboubakar Soumahoro, l'esperimento genetico della gauche caviar: il caso

Il caso dell'ex sindacalista continua a far discutere: ecco chi sono i "mandanti" della costruzione mediatica di chi voleva "sovvertire il mondo"

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Aboubakar Soumahoro, anche il Vaticano lo mazzola: che cosa c'è dietro al caso mediatico 

Il caso dell’ex “sindacalista degli ultimi” -ed ora neodeputato- Aboubakar Soumahoro si arricchisce ogni giorno, quasi ogni ora, di notizie e particolari inquietanti, non perché sia ancora direttamente indagato, questo sia chiaro, ma perché “non poteva non sapere” come hanno affermato le vittime sfruttate e gli ex compagni di lavoro. Per ora è indagata solo la suocera, ma l’aria che tira intorno al “deputato con gli stivali” –come alcuni lo hanno chiamato- dopo essere entrato alla Camera con gli stivaloni lordi di fango, non è buona.

Su di lui è stato scritto molto, ma poco è stato invece scritto su chi sono i “mandanti” della costruzione mediatica di chi voleva sovvertire il mondo ed intanto la sua famiglia si faceva i propri cospicui interessi economici. A ben vedere Soumahoro è un esperimento genetico della gauche caviar e cioè di quella conventicola radical – chic che ha sedi principali a Milano e a Roma, ma circoli mediatici in tutta Italia con diramazioni estere, come Parigi, lautamente pagate dalla Rai. 

Chi c’è dietro dunque? Dagoreport ha sollevato ieri il caso con un pezzo al curaro. Il Big Bang –diciamo così- del fenomeno Soumahoro è riscontrabile su L’Espresso, diretto allora da Marco Damilano che fece una copertina con le foto dell’ivoriano e Matteo Salvini e sotto il titolo “Uomini e no” che riprendeva il titolo di un famoso romanzo di Elio Vittorini sulla Resistenza. I sottotitoli alle facce erano: “Aboubakar Soumahoro. Italiano sindacalista” e “Matteo Salvini, Italiano ministro”.

Insomma uno di quei cocktail di radicalchicchismo che solo il buon Damilano sapeva (e sa) veramente preparare. Poiché però Damilano era (ed è) pappa e ciccia con “zoro” Diego Bianchi che conduceva (e conduce) su La 7 Propaganda Live, il “contagio” si diffuse e il meme Soumahoro giunse rapidamente su La 7.

E lì tra ritornelli, trilli e lazzi, conditi con le solite vignette di Makkox e i commenti sartriani di Damilano (ora a Rai 3), Aboubakar, incominciò ad avere notorietà mediatica e questo fu il cosmodromo da dove si fece decollare. Era il Papa Nero (è il caso di dirlo) che la sinistra cercava inutilmente tra figure ormai usurate e perdenti. Naturalmente non poteva mancare Fabio Fazio che subito si cuccò il piccolo prodigio di colore per avvolgerlo di melassa buonista. Naturalmente non solo la Tv lo ha costruito, anche i giornali hanno avuto un ruolo fondamentale a rafforzarne l’immagine del “Che Guevara dei pomodori” che lottava contro tutte le ingiustizie del mondo mentre la sua famiglia sfruttava i lavoratori.

Aboubakar Soumahoro, tutte le "colpe" della Sinistra e di Fratoianni 

E così Repubblica, la Stampa, Domani, il Manifesto cominciarono a santificarlo. Il capolavoro fu poi perfezionato da Verdi e Sinistra che per acchiappare qualche voto degli ingenui -che sono sempre pronti ad abboccare all’amo- lo ha portato in Parlamento e da lì poi tutti i noti show, dai già citati stivaloni lordi alla Camera (poi hanno dovuto naturalmente pulire i lavoratori della cooperativa, ma a lui che gli frega), al duetto con Giorgia Meloni che osò dargli del “tu” e si scordò che era “laureato”.

L’epilogo triste domenica pomeriggio quando Soumahoro è apparso in lacrime contrito e contriente in un video su Fb in cui dava sfogo alla sua eclettica teatralità. Ora è iniziato lo scaricabarile a sinistra, dove nessuno vuole prendersi la responsabilità. Da quelle parti devono essersene accorti perché anche il direttore di Domani, Stefano Feltri, ha dovuto scrivere un rapido editoriale di riparazione dall’esemplificativo titolo: “Il caso Aboubakar Soumahoro è un problema per tutta la sinistra”.

Anche la CGIL e il PD prendono le distanze e pure il Vaticano lo mazzola. Infatti il responsabile della Caritas pugliese - don Andrea Pupilla- ci mette il carico da undici: “Siamo stati accusati da Soumahoro, noi e altre organizzazioni, sindacati e associazioni, di lucrare sui campi dei migranti. Sentire questi attacchi e sapere poi dell’inchiesta sulle cooperative gestite dalla moglie e dalla suocera mi ha amareggiato. Il suo atteggiamento è stato per lo meno incoerente“.

E poi ancora: “Quando è stato candidato, ho scritto personalmente all’onorevole Fratoianni in privato, dicendogli che stavano facendo un autogol, ma naturalmente non mi ha risposto: evidentemente ha prevalso il racconto virtuale del leader di una nuova sinistra”. Fratoianni ancora lo difende, mentre Bonelli dice che “faremo chiarezza”, ma gli conviene fare in fretta perché se no il cerino acceso resta in mano a loro.

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