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Politica
Aboubakar Soumahoro, l'esperimento genetico della gauche caviar: il caso

Aboubakar Soumahoro, anche il Vaticano lo mazzola: che cosa c'è dietro al caso mediatico 

Il caso dell’ex “sindacalista degli ultimi” -ed ora neodeputato- Aboubakar Soumahoro si arricchisce ogni giorno, quasi ogni ora, di notizie e particolari inquietanti, non perché sia ancora direttamente indagato, questo sia chiaro, ma perché “non poteva non sapere” come hanno affermato le vittime sfruttate e gli ex compagni di lavoro. Per ora è indagata solo la suocera, ma l’aria che tira intorno al “deputato con gli stivali” –come alcuni lo hanno chiamato- dopo essere entrato alla Camera con gli stivaloni lordi di fango, non è buona.

Su di lui è stato scritto molto, ma poco è stato invece scritto su chi sono i “mandanti” della costruzione mediatica di chi voleva sovvertire il mondo ed intanto la sua famiglia si faceva i propri cospicui interessi economici. A ben vedere Soumahoro è un esperimento genetico della gauche caviar e cioè di quella conventicola radical – chic che ha sedi principali a Milano e a Roma, ma circoli mediatici in tutta Italia con diramazioni estere, come Parigi, lautamente pagate dalla Rai. 

Chi c’è dietro dunque? Dagoreport ha sollevato ieri il caso con un pezzo al curaro. Il Big Bang –diciamo così- del fenomeno Soumahoro è riscontrabile su L’Espresso, diretto allora da Marco Damilano che fece una copertina con le foto dell’ivoriano e Matteo Salvini e sotto il titolo “Uomini e no” che riprendeva il titolo di un famoso romanzo di Elio Vittorini sulla Resistenza. I sottotitoli alle facce erano: “Aboubakar Soumahoro. Italiano sindacalista” e “Matteo Salvini, Italiano ministro”.

Insomma uno di quei cocktail di radicalchicchismo che solo il buon Damilano sapeva (e sa) veramente preparare. Poiché però Damilano era (ed è) pappa e ciccia con “zoro” Diego Bianchi che conduceva (e conduce) su La 7 Propaganda Live, il “contagio” si diffuse e il meme Soumahoro giunse rapidamente su La 7.

E lì tra ritornelli, trilli e lazzi, conditi con le solite vignette di Makkox e i commenti sartriani di Damilano (ora a Rai 3), Aboubakar, incominciò ad avere notorietà mediatica e questo fu il cosmodromo da dove si fece decollare. Era il Papa Nero (è il caso di dirlo) che la sinistra cercava inutilmente tra figure ormai usurate e perdenti. Naturalmente non poteva mancare Fabio Fazio che subito si cuccò il piccolo prodigio di colore per avvolgerlo di melassa buonista. Naturalmente non solo la Tv lo ha costruito, anche i giornali hanno avuto un ruolo fondamentale a rafforzarne l’immagine del “Che Guevara dei pomodori” che lottava contro tutte le ingiustizie del mondo mentre la sua famiglia sfruttava i lavoratori.

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