Crisi energetica, ritorno agli anni '70 e il colpo di stato che non avverrà

La salita del prezzo del petrolio ha un impatto minore sull’economia rispetto agli anni ’70: l’effetto è quasi nullo negli Usa ma rimane molto gravoso per l’Ue

Politica
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Il colpo di stato che non avverrà*

Se vogliamo fare una fotografia del contesto macroeconomico globale, dovremmo evidenziare:

- Il conflitto russo-ucraino contribuisce in modo allarmante a mantenere alto il prezzo del petrolio e del gas.
- La guerra di potere tra le potenze nucleari sta imponendo nuovi e inaspettati limiti ai mercati.
- Conflitto e crisi energetica alimentano l’inflazione, già alta, e la Federal Reserve deve prendere decisioni piuttosto difficili, rischiando di compromettere la crescita economica.

Non è molto diverso da un film già visto nei primi anni ’70, per cause diverse, ma non così tanto diverse.

Una coalizione dei paesi arabi lanciò un attacco a sorpresa contro Israele, nel tentativo di riconquistare la penisola del Sinai, occupata da Israele. Il conflitto, noto come guerra arabo-israeliana del 1973 o Guerra dello Yom Kippur, vide contrapposte le due potenze: l’Unione Sovietica, allora, sosteneva gli arabi e gli Stati Uniti appoggiava Israele. 

Sei membri arabi dell'OPEC dichiararono un embargo sugli alleati di Israele, e in particolare degli Stati Uniti, quadruplicando il prezzo del petrolio.

Fu proprio la Federal Reserve a commentare gli avvenimenti dell’epoca come "una tempesta economica perfetta": uno shock petrolifero nel mezzo di una spirale inflazionistica. E l'aumento dei prezzi del petrolio ha l'impatto economico di peggiorare l'inflazione mentre rallenta la crescita.

Il risultato negli anni '70 fu quella che oggi chiamiamo stagflazione: un brutto mix di alta inflazione, alta disoccupazione e crescita economica stagnante o negativa.

La domanda oggi, ovviamente, è... sarà diverso questa volta o torniamo all'economia degli anni '70?

Naturalmente, non esistono due periodi di tempo esattamente uguali.

All'inizio degli anni '70 c'erano altri fattori importanti che contribuirono alla stagflazione, che avrebbe spinto la disoccupazione al di sopra del 7%, l'inflazione al di sopra del 12% e una crescita economica negativa.

Il presidente Nixon aveva da poco portato gli Stati Uniti fuori dal gold standard. 

A causa della posizione centrale del dollaro nell'economia mondiale, il mondo intero era ancora scosso dalla decisione di Nixon. In effetti, i banchieri centrali hanno impiegato anni per capire come evitare l'inflazione che sarebbe derivata dalla fluttuazione delle valute.

E le economie di allora erano molto più dipendenti dal petrolio.

Le più grandi società americane per capitalizzazione di mercato, nel 1973, erano i giganti industriali: la General Motors, la Exxon Mobil, la Ford Motor Company e General Electric.

Oggi ci sono altri giganti, quali le società di informazioni e servizi come Apple, Microsoft, Alphabet (Google) e Amazon.

L'intensità energetica dell'economia statunitense (quanta energia richiede ogni dollaro di PIL) è stata dimezzata dal 1983, secondo l'Energy Information Administration.

Nel 2020, gli Stati Uniti sono divenuti esportatori di petrolio, raggiungendo la sostanziale indipendenza energetica: ed è in una posizione molto più favorevole rispetto a quella dei paesi europei. 

La salita del prezzo del petrolio, oggi, ha un impatto minore sull’economia rispetto agli anni ’70. Ma, mentre l’effetto è quasi nullo per gli Stati Uniti, rimane comunque molto gravoso per l’Europa

Nel 1973, la FED diminuì i tassi di interesse, aumentando così l’inflazione. E sotto questo punto di vista, sembra che la visione della FED, oggi sia esattamente l’opposto.

Quindi: gli Stati Uniti sembrano poter reggere le conseguenze delle difficoltà attuali con molta più forza e capacità dell’Europa. Nondimeno, se la guerra in Ucraina perdurerà, e i prezzi del petrolio continueranno ad aumentare, le economie rallenteranno, come stanno già facendo, e l’inflazione diventerà un nemico di lungo periodo.

*da Istituto svizzero della Borsa

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