I giuristi: "Opzione donna è incostituzionale. Discrimina chi non è mamma"

La nuova misura contenuta nella manovra: le lavoratrici con figli potranno andare prima in pensione. Scoppia il caso

Politica

Pensioni, "Opzione donna" e i dubbi dei giuristi

Il governo Meloni ha appena varato la nuova manovra finanziaria. Provvedimenti per 35 mld, di cui 21 solo per fronteggiare il caro bollette. Ma tra le varie misure approvate, c'è anche "Opzione donna", una norma che però fa storcere il naso ai giuristi, perchè favorisce le lavoratrici con figli, che potranno andare in pensione prima delle donne che non ne hanno. Gaetano Azzariti, ordinario di Diritto costituzionale all ’Università Sapienza di Roma: "E' una distinzione irragionevole - spiega Azzariti al Fatto Quotidiano - che può portare a sollevare una questione del principio di uguaglianza", contemplato nell’articolo 3 della Costituzione che stabilisce il sacrosanto principio di uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Sostenere le donne sì. Ma solo se madri, con figli, uno o meglio ancora due.

È l’indirizzo - prosegue il Fatto - dell'esecutivo targato Giorgia Meloni che emerge chiaramente dalle modifiche che il governo pensa di introdurre, in manovra, a Opzione donna, il sistema pensionistico delle lavoratrici dipendenti e autonome. E così dal 2023 le donne potranno andare in pensione anticipata a età diverse a seconda del numero di figli: a 58 anni con due o più figli; a 59 anni con uno solo; a 60 anni se invece figli non se ne hanno. Ma l’indicatore “prole”, secondo alcuni giuristi, presenta profili di incostituzionalità. E la questione, dunque, un domani potrebbe finire davanti alla Consulta.

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