Lega e FI insieme al 30% e con FdI è vittoria: effetto Francia sull'Italia

Il voto francese proiettato sulle politiche italiane: per il centrodestra è fondamentale compattare il proprio campo

Politica
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Francia presidenziali 2022, la scelta fatta dall’elettorato transalpino si è basata sul principio di convergenza

A cura di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista

Il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi è avvenuto, e – come si suole dire Oltralpe – “la Francia ha parlato”. Il presidente uscente Emmanuel Macron è stato riconfermato, con il 58,5% dei consensi, mentre la sfidante Marine Le Pen si è fermata al 41,5%. La vittoria è stata dunque abbastanza netta, ma con un astensionismo del 28%, il secondo più alto della storia francese dopo il 1969. Come ha detto il politologo francese Olivier Roy, quella di Macron in realtà è stata una vittoria per difetto, avendo egli perso consensi sia a sinistra che a destra.

Ancora una volta, la scelta fatta dall’elettorato transalpino si è basata sul principio di convergenza: tutti quelli che non volevano che Le Pen andasse al potere, hanno finito per votare per Macron. Ma l’entusiasmo che il presidente aveva suscitato nel 2017 appare ormai semplicemente come un lontano ricordo. Parallelamente, Le Pen è andata invece non solòo ad allargare, sia pure non ancora a sufficienza per vincere, la propria base elettorale. Ma anche staccandosi definitivamente dal ricordo ingombrante del padre, e proponendosi oggi come una leader di centro-destra più moderna e con una connotazione meno di nicchia.

Ma allora perché non è riuscita a vincere? Da un lato, perché permangono delle diffidenze nei suoi confronti, nella parte centrista dell’elettorato di centro-destra. Ma dall’altro, soprattutto, perché è apparsa meno preparata del concorrente, sui principali dossier di governo. Diciamo che ha studiato poco da presidente, non riuscendo a convincere di essere davvero in grado di entrare con successo nella stanza dei bottoni di un Paese grande e complesso, come la Francia.

Che cosa se ne deduce, passando dal contesto francese a quello italiano?

Come ormai sappiamo bene, il centro-destra nel suo complesso mantiene una posizione di maggioranza relativa nel nostro Paese. E un recente sondaggio di Istituto Piepoli suggerisce che un’eventuale unione elettorale di centro-destra, fra la Lega e Forza Italia, potrebbe raggiungere il 30 per cento dei consensi (guadagnando quindi qualche punto rispetto alla somma delle attuali intenzioni di voto per questi due partiti).

Con un appoggio anche da parte di Fratelli d’Italia, il centro-destra potrebbe vincere agevolmente le elezioni. Dunque, anche in Italia, come in Francia, al centrodestra per vincere non basta essere “identitario”: esso deve cercare di conglomerare all’interno del proprio perimetro i vari soggetti portatori di posizioni affini e disposti ad allearsi.

In particolare, deve evitare la trappola del “voto binario” (sì oppure no) nei confronti di uno specifico leader (che si tratti di Matteo Salvini, di Giorgia Meloni oppure di qualcun altro). Il punto duplice: la costruzione di uno schema elettorale che possa aggregare, e l’elaborazione di un programma capace veramente di far ripartire l’Italia. Il test francese è insomma ricco di spunti interessanti anche per i nostri partiti, specie per il campo del centro-destra.

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