Made in Italy, in arrivo la legge in Cdm: di cosa si tratta

L'obiettivo del governo è quello di rilanciare le imprese italiano, non solo puntando sul brand e il marchio, ma lavorando sulle "problematiche"

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Made in Italy, il cambio di strategia del governo: analisi 

“Porterò tra due settimane in consiglio dei ministri la legge quadro sul made in Italy, un collegato alla manovra economica dello scorso dicembre e che, dopo un confronto serrato al ministero con tutte le filiere del made in Italy, è diventato un provvedimento che si sviluppa su tre aree” queste le parole del ministro Urso a margine della presentazione del Mac fair la fiera dell’innovazione, che si terrà a Roma il prossimo ottobre.

“A settembre dovrebbe essere pronto anche il disegno di legge sulle nuove frontiere della tecnologia – annuncia il ministro – come le scienze della vita e l’Intelligenza Artificiale. L’obiettivo – sostiene il ministro – è fare dell’Italia il Paese più appetibile per le multinazionali globali che cercano dove investire, dobbiamo diventare più competitivi sull’innovazione”.

Si è molto ironizzato sulla nuova denominazione data al ministero dello sviluppo economico, guidato da Adolfo Urso. Ma dopo i primi sei mesi forse qualcuno si sarà dovuto ricredere, dal momento che il dicastero ha già ottenuto importanti risultati sia per i provvedimenti messi in campo e sia per le prospettive su quelli futuri, alcuni ormai in dirittura di arrivo. Come per esempio la nuova legge sulla microelettronica, che dovrebbe vedere la luce il prossimo febbraio.

Perché obiettivo del governo è quello di rilanciare le imprese italiano, non solo puntando sul brand e il marchio che da sempre contraddistinguono le eccellenze italiane nel mondo, ma anche sulle note deficienze che il mondo delle imprese è costretto a fare i conti. Innanzitutto cominciando con quella che pare essere diventato un mantra per il ministro Urso, e cioè quello di riuscire a rendere il nostro paese autosufficiente dal punto di vista energetico e del reperimento delle principali materie prime.

D’altra parte i numeri sono confortanti per quanto riguardo l’export dei nostri prodotti nel mondo Nel 2022 l’export Made in Italy ha registrato, secondo i dati ISTAT, un incremento del 20% rispetto al 2021, superando la quota di 600 miliardi di euro.Nel 2021 erano stati raggiunti i 516 miliardi di euro, con un +7,5% rispetto al 2019 pre-pandemia e un + 18,2% rispetto al 2020 (dati Rapporto ICE 2021-2022). Ma come si sa tutto ciò deve affrontare problematiche da decenni legate ad una burocrazia pletorica, una tassazione tra le più elevate in Europa in cambio di servizi certo non all’altezza. Una recente ricerca di Assolombarda ha stimato che «il costo della burocrazia varia dai 108 mila euro per una piccola impresa ai 710 mila euro per un’azienda di medie dimensioni”.

Ed è proprio per agevolare le imprese (non disturbare chi crea ricchezza” aveva detto in campagna elettorale la premier) che il ministro Urso sta lavorando di gran lena su provvedimenti che possano snellire le procedure burocratiche e tutti i processi autorizzativi che hanno frenato non solo le imprese nostrane, ma anche i grandi investimenti dall’estero. Perché anche i capitali nel nuovo contesto geopolitico internazionale, stanno subendo un chiaro processo di ricollocazione, come ha giustamente sostenuto il ministro, ad un recente intervento a Roma per la presentazione della fiera delle tecnologia che si terrà a Roma il prossimo ottobre. E il nostro paese deve farsi trovare pronto, con una nuova strategia che miri a facilitare chi nel nostro paese è interessato a creare occupazione e ricchezza.

Le nuove norme prevedono già processi autorizzativi facilitati per le imprese straniere che decidono di investire in Italia più di 25 milioni di euro, mentre per coloro che investono dai 400 milioni in su è prevista una unica conferenza dei servizi sotto l'egida del dicastero del Mise. Per quanto attiene strettamente al tema del reperimento della materie prime indispensabili, come quelle delle terre rare, per guidare il processo di transizione ecologica delle imprese, dovrebbe invece essere oggetto della nuova normativa (che dovrebbe essere come detto pronta a febbraio) che riguarda le microtecnologie e che prevede la costituzione anche di un fondo sovrano, che possa investire in imprese nazionali, soprattutto per risolvere l’atavica carenza che abbiamo di materie prime, non solo energetiche, di cui in alcuni è ricco il nostro sottosuolo (come il litio necessario per le batterie elettriche delle auto o il titanio in Liguria e ancora l’antimonio in Toscana).

Il vero problema è che in Italia così come nel caso delle tanto contestate trivellazioni nell’Adriatico, che ora il governo Meloni vorrebbe riprendere (su questo punto, proprio il ministro Urso già nei mesi scorsi era sembrato assai chiaro), per la ricerca di giacimenti di gas, gli investimenti in esplorazioni ed estrazione di materie prime sono fermi da 30 anni. In alcuni casi addirittura le concessioni, come quelle del litio in Lazio, sono state concesse ad imprese straniere, come la Vulcan energy australiana ( evidentemente la sinistra italiana usa la sostenibilità e il green come puro strumento ideologico, se queste sono le politiche di chi ha governato la Regione negli ultimi 9 anni).

Insomma occorre un cambio di strategia, che questo governo sembra in questi primi 6 mesi portare avanti, anche perchè il prossimo anno vedrà il nostro paese alla guida del G7, e quindi i grandi della terra saranno ospitati dal nostro paese, che sarà sotto gli occhi di tutto il mondo. Il made in Italy da anni è un fiore all’occhiello del nostro paese, ma serve che le politiche del governo facciano di più per agevolarlo e per aiutarlo a crescere, per poter competere con i grandi player del mondo asiatici ed americani. Certo per poter fare questo occorrerebbe che tutta l’Europa unita approvasse una politica economica comune in grado di fronteggiare i piani monstre come quello americano contro l’inflazione (inflation reduction Act) che comporta un investimento monstre da 750 miliardi di dollari fino al 2030, e il capitalismo di stato cinese. Questo sarebbe anche l’auspicio del governo italiano, ma questa, ahinoi, è tutta un’altra storia.

Tags:
cdmmade in italy