Meloni alla Cgil, Schlein non gradisce. Pd vuole Landini per sé. E in FdI...

Il dietro le quinte dell'evento storico. La premier di destra al congresso del sindacato ex comunista

Di Alberto Maggi
Giorgia Meloni, Maurizio Landini e Elly Schlein
Politica

Meloni al congresso Cgil di Landini. Il non detto nel dietro le quinte di Affaritaliani.it


L'appuntamento (storico) è per domani, venerdì 17 marzo. Per la prima volta una presidente del Consiglio di destra, Giorgia Meloni, sarà ospite del congresso della Cgil, ex sindacato legato al Partito Comunista Italiano e di sinistra per eccellenza. Maurizio Landini ha promesso (ma sarà difficile che non accade) che non ci saranno fischi, ma certamente nemmeno applausi. E addirittura una parte minoritaria, legata soprattutto alla Fiom, uscirà dalla sala per non ascoltare il discorso della premier.

Ma al di là della cronaca dell'evento in sé, dietro le quinte nel Partito Democratico spiegano che la neo-segretaria Elly Schlein non ha gradito l'invito a Meloni. La leader Dem sta cercando, come ha iniziato a fare nella piazza anti-fascista di Firenze, di costruire un rapporto stretto con la Cgil sui temi sui quali Schlein ha deciso di incalzare il governo (insieme anche ai 5 Stelle di Giuseppe Conte). Lo abbiamo visto ieri al question time, la numero uno del Pd ha spostato il punto sui temi sociali, sulla lotta al precariato e sostanzialmente sulla difesa dei lavoratori più poveri.

Da lì la proposta, respinta da Meloni, del salario minimo per legge. E Schlein sta tentando di portare dalla sua parte anche il sindacato, Cgil in testa, che inizialmente non era proprio favorevolissima alla proposta lanciata per primi dai 5 Stelle (il timore è quello di depotenziare la contrattazione sindacale). Schlein teme ora una sorta di legittimazione della premier di destra o quantomeno un dialogo, anche se difficile come si è visto sulla minaccia di sciopero sulla delega fiscale, tra Meloni e Landini.



Invece Schlein vuole mettersi alla testa dell'opposizione, politica e sociale, dell'esecutivo. A dire il vero qualcuno nel Pd, area riformista, sostiene invece che la partecipazione al congresso della Cgil della presidente di Fratelli d'Italia potrebbe essere un boomerang e giocare a favore proprio dell'opposizione. E a destra? La parte maggioritaria di FdI, quella conservatrice e non più legata alla vecchia storia che risale all'Msi, vede di buon occhio l'intervento di Meloni in casa di Landini.

Un salto di qualità di una premier, di destra, ma che non si tira indietro e che dialoga con tutti. Su questo fronte sicuramente ci sono ministri più vicini alla premier e che puntano su una visione e una prospettiva più europeista dell'esecutivo, come Guido Crosetto, Francesco Lollobrigida, Raffaele Fitto e Adolfo Urso. Con loro anche i capigruppo in Parlamento Tommaso Foti e Lucio Malan. In sostanza, andando a casa di Landini Meloni si sdogana e si toglie definitivamente il passato missino. Resta, però, una minoranza in Fdi, ad esempio pensiamo a Fabio Rampelli e a Isabella Rauti, che avrebbe preferito non vedere la loro leader sul palco del congresso del sindaco di sinistra ed ex comunista.

Nella Lega, infine, guardano la cosa con distacco. "Se va bene, ok, se va male (per Meloni), magari, potremmo riguadagnare qualche voto", spiega un deputato leghista. Che aggiunge sicuro: "Se Salvini fosse stato premier non sarebbe andato al congresso di Landini". Ma Giorgia è Giorgia.

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