Terremoto nel Pd, riformisti in rivolta: "Siamo alternativi a Elly Schlein"

I riformisti del Partito Democratico prendono carta e penna e attaccano la nuova segreteria Elly Schlein: ecco cosa è successo

di redazione politica
Politica

Rivolta dei riformisti del Pd, lettera aperta di Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini

 

I riformisti del Partito Democratico prendono carta e penna e attaccano la nuova segreteria Elly Schlein. Dall’approccio massimalista e ideologico, all’assenza di dialogo con il governo sulle riforme istituzionali, fino ad arrivare alla prospettiva economica firmata Elly. 

Gli autori della lettera inviata al quotidiano Repubblica sono tre ex parlamentari dem, tutti di area riformista. Stefano Ceccanti, ex deputato, Enrico Morando, viceministro dell’economia nei governi Renzi e Giorgio Tonini, ex senatore. I tre autori scelgono un intervento scritto per attaccare tutte le scelte del nuovo organigramma Pd. 

"La Segretaria Schlein ha pieno diritto di tentare di realizzare la piattaforma politico-culturale e programmatica con cui ha vinto il Congresso del Pd. Noi, che abbiamo limpidamente avversato quella piattaforma, mettendo in evidenza il rischio di un regresso verso un antagonismo identitario incoerente con la natura stessa del Pd come partito a vocazione maggioritaria, abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di far vivere (e di far percepire all'esterno del partito) una visione, una cultura politica e una proposta programmatica distinta e, per molti aspetti, alternativa a quella di Schlein". Lo scrivono, in un appello su Repubblica, Stefano Ceccanti, Enrico Morando, Giorgio Tonini. 

"Abbiamo questo diritto, perché la nostra cultura politica (espressione, al pari di quella di cui Schlein è portatrice, di quelle 'grandi tradizioni che, consapevoli della loro inadeguatezza, da sole, a costituire un nuovo quadro politico di riferimento per la società italiana', confluiscono nel Pd), è essenziale per comporre quella ideologia democratica che nel nostro tempo sta sprigionando - da Hong Kong all'Iran, dalla Cina all'Ucraina - la sua straordinaria forza emancipatrice", scrivono. "Rendere visibile ed efficace la presenza riformista nel Pd è soprattutto un dovere - aggiungono - Innanzitutto perché questa presenza è in grado di migliorare le performance del partito nella gestione dell'agenda politica, condizionando la Segretaria e la sua maggioranza sulle scelte fondamentali, grazie a concrete proposte di iniziativa politica".

"Quando invece Schlein sembra tentata - in tema di riforme istituzionali - dal rifugiarsi nell'Aventino, con il fallace argomento che non si tratterebbe di questione prioritaria nell'agenda del Paese, tocca a noi riformisti un'aperta contestazione di una scelta che - contraddicendo una delle architravi della piattaforma del Pd e, prima ancora, dell'Ulivo del 1996 - finirebbe per trasferire gratuitamente alla destra un patrimonio di riformismo istituzionale costitutivo dell'identità stessa del Partito Democratico", aggiungono.

"Il timore di non riuscire a modificare l'orientamento di Schlein non può tuttavia indurci al silenzio rassegnato della fase post-congressuale: c'è una larga parte dell'elettorato di centrosinistra che ha bisogno di un riferimento solido, e oggi non lo trova. I riformisti del Pd, con una visibile battaglia delle idee all'interno del partito, possono fornirglielo. È molto probabile che non si tratterà di una battaglia breve, accompagnata da risultati immediati. Anche per questo, è indispensabile che cominci subito, prima dell'estate, promuovendo un'occasione di confronto, aperto anche all'esterno del partito, per discutere, aggiornare e rilanciare un'ambiziosa agenda riformista", concludono Ceccanti, Morando e Tonini.

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