Ue in crisi di leadership, davanti a Meloni un'autostrada per conquistarla
Ora il ruolo istituzionale di Meloni impone di adottare una diversa strategia, più improntata al dialogo e alla moderazione
Ue, la strategia di Giorgia Meloni per (ri)mettere al centro l'Italia
Non è un caso che il primo viaggio istituzionale Giorgia Meloni lo abbia voluto fare lì dove c’è il cuore delle istituzioni europee, con le quali nei mesi passati non sono mancate le stoccate e le polemiche da ambo le parti. Ma adesso il suo ruolo istituzionale le impone di adottare una diversa strategia, più improntata al dialogo e alla moderazione. Il pranzo con il commissario Gentiloni, con il quale in due anni e mezzo l’allora premier, Giuseppe Conte, non aveva preso nemmeno un caffè, rappresenta meglio di qualsiasi altra cosa come le priorità economiche che attendono il nostro paese non possono essere affrontate con un muro contro muro con l’Europa.
E non è certamente un caso che al suo fianco in questa prima missione ci sia uno dei suoi più fedeli consiglieri, il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, che in questi anni nella sua attività da eurodeputato e co presidente dell’Ecr, è stato indispensabile, come filo di raccordo tra il partito, la sua leader e Bruxelles. Il suo lavoro all’interno del partito conservatore è stato preziosissimo sia per consolidare la forza di un partito, come quello dei conservatori, che sta diventando sempre più centrale negli equilibri del parlamento europeo, grazie anche alla profonda crisi in cui versa il vecchio partito popolare, e sia per rafforzare la leadership e l’autorevolezza della Meloni agli occhi delle istituzioni europee.
Ecco allora che proprio Giorgia Meloni, che sempre grazie all’abile lavorio diplomatico di Raffaele Fitto (di concerto con l’ex capo delegazione del partito in Europa Carlo Fidanza), ha due anni fa è stata eletta presidente dell’Ecr, adesso che è premier non può non giocare un ruolo centrale anche in Europa. Mai come ora, infatti, a livello europeo, si assiste ad una crisi nelle leadership nei due paesi cardini Francia e Germania, che mai come ora appaiono distanti tra di loro.
Scholtz appare sempre più un corpo estraneo all'interno di un'Europa, che non gli riconosce ( e come potrebbe ) l’autorevolezza di chi lo ha preceduto, quella Angela Merkel, che molti ancora rimpiangono, e Macron senza più sponde e uscito certamente indebolito dai fallimenti nel tentativo di mediazione con Putin, potrebbe proprio nell’Italia e nella Meloni cercare di rafforzare il blocco dei paesi del sud Europa, contro l’intransigenza di quelli del nord, che sono rimasti senza un guida forte come quella che hanno sempre trovato nella Merkel.
Prova lampante di tutto ciò è che Macron ha voluto, a margine della sua partecipazione all’evento della comunità di Sant’Egidio a Roma domenica 23 ottobre, in una maniera piuttosto irrituale, incontrare Giorgia Meloni, a poche ore dal suo giuramento. E’ chiaro che una politica abile come lei e forte di un consenso in patria che cresce di settimana in settimana, non possa non sapere che l’occasione per cercare di sfruttare questa divaricazione tra Germania e Francia, è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
Ed è proprio su questo che la premier cercherà di far valere le sue ragioni, che poi sono anche quelle delle Francia, della Spagna, del Portogallo, ma anche adesso della ricca Germania, che dalla guerra in Ucraina, e la conseguente tensione con la Russia, sembra stia pagando lo scotto maggiore in termini economici. La Meloni per questi motivi ha adottato una strategia che porti a rafforzarla all’interno dell’Europa che conta, che punta ora alla mediazione ma senza rinunciare a quelle che sono le sue idee di fondo.
Con il suo fido ministro Raffaele Fitto, ha organizzato, nei minimi dettagli, il suo primo viaggio istituzionale da premier, per smorzare una volta per tutte le polemiche scatenate dalla sinistra in campagna elettorale, in maniera anche poco ortodossa, sul pericolo che un suo governo avrebbe rappresentato per l’Europa. Ha capito che per contare in Europa ha bisogno di rassicurare, ma senza mostrarsi accondiscente, ed in questo che il ruolo di Raffaele Fitto è centrale in un'Europa, che ha guardato inevitabilmente con un certo sospetto alla premier nei mesi passati.
L’elezione alla presidenza del parlamento europeo di Roberta Metsola, dopo la tragica scomparsa di David Sassoli, è stata un suo capolavoro politico. E proprio con la presidente del parlamento, del partito popolare, che la premier ha avuto il primo incontro a Bruxelles. Non è assolutamente fantapolitica pensare che le due abbiano anche parlato di un possibile asse tra Ecr e popolari, su cui Fitto, che ha fatto parte dei popolari per anni e con i quali ha continuato a mantenere rapporti strettissimi ad altissimi livelli, starebbe lavorando da mesi. Il sentiero è certamente stretto ed accidentato per la premier in Europa. Le sue idee sono chiare e sono state ribadite anche ieri.
Lei è per un'Europa più coesa, risoluta e compatta sulle decisioni che contano e non solo sulle regole di bilancio o sulle questioni di mera lana caprina. Non è certo cambiato il suo pensiero sull’Europa e sui suoi difetti, che continua a ribadire, è solo cambiata la strategia con la quale adesso ha intenzione di mettere in pratica le argomentazioni portate avanti in questi anni. Allo stesso modo non è mai cambiata la sua linea che è sempre stata convintamenteatlantista.
Il suo atteggiamento sulla guerra in Ucraina è stato netto fin dalle prime ore dell'invasione russa ( su questo hanno certamente anche influito i consigli di un altri dei suoi fedelissimi, il sottosegretario alla presidenza Giovan Battista Fazzolari), ed ha certamente contribuito a renderla più affidabile agli occhi di americani ed alleati europei, rispetto a chi come i suoi alleati di governo, ha mantenuto una posizione per certi tratti ambigua. Con gli Stati Uniti, la moral suasion adottata dall’attuale ministro del Mise, nei mesi passati anche grazie alla sua fondazione Farefuturo, Adolfo Urso, molto addentro alle cose politiche di Washington, le ha certamente preparato il terreno fertile.
Perché gli Usa sono alla ricerca da tempo di una nuova sponda europea, che appare sempre più complicata trovare nella Germania, troppo ambigua con Russia e Cina, ma che stenta anche ad essere riscontrata nella Francia di Macron, che con gli Usa non ha mai legato troppo e a cui viene addebitato un atteggiamento troppo morbido con il regime di Putin. E una plastica dimostrazione di ciò è quella che vuole che i rapporti più stretti tra l'amministrazione Biden, dallo scoppio del conflitto in Ucraina, siano stati proprio con il governo conservatore della Polonia ( con buona pace di Pd, cinque stelle e compagnia cantante).
Ecco perché questa prima missione europea della Meloni non va tanto giudicata sui presunti risultati che avrebbe dovuto ottenere, ma solo come un primo assaggio di quello che potrà essere il suo importante ruolo futuro all’interno di un'Europa, sempre più alla disperata ricerca di leadership autorevoli, nello scacchiere internazionale, che come sappiamo è tutt’altro che semplice.