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L'Italia del calcio: il paradigma del paese

L'Italia è un paese meraviglioso. Guardate la nazionale di calcio. Osannata fino a l'altro ieri con il suo allenatore incensato quale profeta del nuovo calcio, perde 3-0 in Norvegia e parte una campagna stampa devastante.

Dimissioni.

Viene fatta un'analisi delle ragioni per cui il football italiano è investito da una crisi? 

No.

Si cerca di capire se per caso l'avvento di procuratori senza scrupoli, fondi d'investimento, stanno giocando un ruolo preponderante nel fallimento del nostro calcio? 

No.

Si seguono le scuole calcio giovanili per verificare se i nostri giocatori imparano i fondamentali necessari per vincere? 

No, naturalmente.

Così oggi non abbiamo più centrali difensivi che sappiano marcare, come sapevano fare Collovati, Nesta, Baresi, Cannavaro. Non abbiamo più un esterno che sappia saltare l'uomo. Nelle scuole calcio non s'insegna più il dribbling.

Qualcuno ha più visto una punta italiana in grado di saper calciare in porta, colpire di testa, saltare  l'ultimo uomo o 'rapinare' in area di rigore come sapevano fare Boninsegna, Riva, Bettega, Rossi o Inzaghi? 

Per cinquant'anni grazie all'allenamento e alla tecnica, lasciata libera di esprimersi, abbiamo sfornato giocatori come Rivera, Baggio, Del Piero, Totti, Pirlo. Con gli ultimi tre in campo c'abbiamo vinto un mondiale, con i primi due ci siamo andati vicini giocando due finali con i nostri eterni rivali verdeoro.

Qualcuno in federazione si occupa di monitorare come e cosa s'insegna nelle scuole calcio?

No, naturalmente.

L'evidenza empirica di questo sfascio è dato dalla mancanza di base: la cura della scuola, dell'insegnamento e di come fare apprendere ai giocatori gli elementi di base per tornare a vincere. 

Non si cura lo stop con la palla. Non s'insegna il controllo del pallone. Niente dribbling, pochissima marcatura.

In compenso i calciatori scendono sul terreno di gioco con i capelli impomatati, pieni di tatuaggi, con la macchina da centinaia di migliaia di euro posteggiata dentro lo stadio. L'unica cosa che curano è la loro immagine.

È la differenza tra la sostanza e l'apparenza. Nelle  scuole calcio non s'insegna il sacrificio, non si sviluppa la capacità di apprendere i fondamentali.

Buffo come il calcio sia diventato il perfetto paradigma della nostra società. Nel football accade esattamente la stessa cosa che si declina nelle scuole italiane.

Senza manager, senza abilità tecniche, senza capacità di apprendere vengono a mancarci i fondamentali. Così crollano i ponti, gli autobus finiscono in acqua, le città sotto l'acqua ci annegano, le busta paga dei lavoratori diventano sempre più leggere, e la forza giovane con la voglia di creare e d'inventare, i nostri Baggio, Pirlo e Rivera se ne vanno all'estero. 

E alla fine qualcuno si prende la responsabilità di tutto questo?

No, ovviamente. 

C'è sempre un capro espiatorio. L'immigrato, l'ambientalista, il comunista, il fascista, il radical chic.

Sarebbe bastato imparare ad apprendere e  accendere l'intelligenza. Allenare quello che ci serve davvero.  Saper pensare.

A Genio Net, questo fanno. Insegnano il pensiero critico, partendo dalle basi. Ad usare ancora il cervello e tenere accesa l'intelligenza. Perchè esiste un modo per farlo. Basta allenarlo il cervello. E non considerarlo una scatola vuota.

 

Max Rigano