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L'avvocato del cuore
Il mio capo vuole riaprire lo studio, sarò al sicuro? L'avvocato risponde

“Gentile Avvocato, lavoro come segretaria in uno studio legale. L’avvocato vuole riaprire lo studio; mi chiedo, sarò al sicuro? Ci sono delle misure che il mio datore di lavoro dovrà adottare per evitare il rischio di contagio? E se dovessi contrarre il Coronavirus sul posto di lavoro quali tutele avrei?”

La Fase 2 è ormai entrata nel vivo e gli studi professionali, che finora sono stati chiusi, si preparano per una prima ripartenza, ma la vera sfida sarà farlo in tutta sicurezza.

Alla vigilia della ripresa delle attività, non poche sono state le domande che i datori di lavoro di tutta Italia si sono posti, prima di decidere di riaprire le porte dei propri studi professionali: quali sono le misure da adottare per ricominciare a lavorare in post-quarantena? Come farò a garantire la sicurezza sul posto di lavoro? In quali sanzioni incorrerei se un mio collaboratore si ammalasse durante l’attività lavorativa?

Dopo una prima fase di incertezza, il tema è stato affrontato in un confronto serrato tra Governo e parti sociali che ha portato alla formazione, e alla successiva sottoscrizione, del "Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro" e il 24 aprile scorso ne sono state redatte le linee guida per l’attuazione. Ne consegue, che gli uffici privati, gli studi professionali e le aziende dovranno predisporre misure organizzative e gestionali anti-contagio, nel rispetto della normativa in materia, compreso il trattamento di dati personali; la pena per l’inosservanza del “Protocollo” sarà la sospensione dell’attività fino al ripristino di adeguati livelli di protezione e sicurezza. Tutto ciò sul versante preventivo, mentre, se il lavoratore contrae il virus sul posto di lavoro, bisogna prendere in considerazione l’unica apposita disposizione emanata dal Governo, contenuta nell’articolo 42 comma 2 del Decreto CuraItalia. Secondo questa norma, l’infezione da Coronavirus contratta sul posto di lavoro costituisce un infortunio sul lavoro e come tale, va denunciato all’Inail. L’ennesima spada di Damocle sulla testa del datore di lavoro, che sarà responsabile dell’eventuale contagio del proprio dipendente; l’onere di dimostrare il nesso di causalità tra la malattia e il luogo di lavoro sarà a carico del lavoratore. È un’impresa quasi assurda riuscire a stabilire dove e quando il lavoratore abbia effettivamente contratto il virus; considerato che trascorre, al massimo, circa 8 ore sul posto di lavoro, e il resto della giornata lo vive tra mezzi di trasporto, bar, negozi, case etc. In ogni caso il datore di lavoro, per escludere la propria responsabilità ex. art. 2087 c.c., deve adottare tutte le possibili misure precauzionali per mettere in sicurezza lo studio professionale a tutela della propria salute, di quella dei collaboratori e della clientela. Per rispondere alla Sua domanda, ecco le principali azioni che i professionisti di tutta Italia dovranno mettere in atto, per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, dei clienti e di chiunque acceda agli uffici.

1. L’informazione: sulle misure di prevenzione e protezione disposte dall’Autorità (come l’obbligo di rimanere nel proprio domicilio in caso di febbre o di mantenere la distanza di sicurezza sul luogo di lavoro).

2. Le modalità di accesso in studio: il datore di lavoro dovrà misurare la temperatura dei propri dipendenti a ogni inizio turno e, qualora la temperatura di qualcuno risulti superiore ai 37.5º, a questo non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Inoltre, a tutela del diritto alla privacy, bisognerà far sottoscrivere al personale un’informativa integrativa in relazione ai dati personali dei quali lo studio dovesse entrare in possesso nell’ambito delle attività - legate all’emergenza sanitaria- di rilevazione della temperatura corporea al momento dell’accesso sul posto di lavoro.

3. L’accesso ai clienti: dovrà avvenire unicamente tramite appuntamento e sarà necessario richiedere di presentarsi con mascherine chirurgiche e guanti monouso e ridurre il loro tempo di attesa nelle sale di aspetto.
Bisognerà limitare l’accesso dei corrieri all’ufficio (per esempio, invitandoli a lasciare le consegne sulla porta o in portineria).


4. La pulizia: dei locali, dei mobili e delle attrezzature dovrà essere giornaliera e dovranno essere utilizzati detergenti sempre a base di alcool; mentre la sanificazione chimica degli ambienti dovrà essere effettuata all’incirca ogni 15 giorni.

5. L’organizzazione del lavoro: il tutto dovrà essere ridefinito con orari differenziati che favoriscano il distanziamento sociale, riducendo il numero di presenze in contemporanea nel luogo di lavoro, evitando assembramenti all’entrata e all’uscita, con flessibilità di orario. Dovranno essere messi a disposizione di tutti idonei mezzi detergenti a base di alcool per le mani (e mascherine chirurgiche) anche grazie a specifici dispenser.

Il protocollo sottolinea che lo smartworking è sempre preferibile, e dovrà essere incentivato.

6. La sorveglianza sanitaria periodica di un medico competente: questa è un’ulteriore misura di prevenzione di carattere generale. Il medico segnalerà al datore di lavoro le condizioni di particolare fragilità del lavoratore e suggerirà l’adozione di eventuali mezzi diagnostici ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus.

7. La gestione di una persona sintomatica: se un collaboratore sviluppa febbre e sintomi di infezione respiratoria riconducibili al Covid-19, dovrà dichiararlo immediatamente al datore di lavoro e sarà necessario procedere al suo isolamento in base alle disposizioni dell’Autorità sanitaria.

È di tutta evidenza come siano numerose le misure da adottare per tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, al fine di evitare la diffusione del virus. Il mondo è cambiato. Dobbiamo cambiare noi. Il Coronavirus non sparirà da un giorno all’altro, dobbiamo imparare a conviverci; per questo sarà necessario, anche in ambito lavorativo, creare una nuova anormale normalità.

*Studio legale Bernardini de Pace

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