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L'avvocato del cuore
La crisi delle famiglie internazionali e la “residenza abituale del minore”

Due coniugi italiani residenti in Svizzera. Figli minori trasferitisi a Londra, insieme a un genitore, mentre l’altro è rimasto a vivere a Roma. Moglie tedesca e marito italiano, sposati in Germania e residenti in Italia. Coniugi di cittadinanza colombiana che vivono da anni in Italia, con i due figli minori. 

Cos’hanno in comune tutte queste, così eterogenee, situazioni? L’essere caratterizzate da almeno un c.d. “elemento di estraneità”, ossia di connessione con ordinamenti giuridici di Stati diversi, che rende necessario – all’insorgere della crisi familiare – individuare il Giudice di quale Stato debba essere adito, e la legge di quale Stato debba essere applicata.

Nell’era della globalizzazione, della libera circolazione delle persone (Covid-19 permettendo), e delle distanze accorciate dai social network, questi modelli familiari sono in crescente aumento: dai più recenti dati ISTAT, relativi al 2018, si contano, ogni anno, oltre 33.000 matrimoni c.d. “misti” (cioè contratti fra due coniugi di nazionalità diversa), senza contare poi le c.d. famiglie transnazionali (nelle quali, indipendentemente dalla cittadinanza, uno dei due risiede all’estero).

Per noi Avvocati divorzisti, orientarsi nel farraginoso labirinto delle norme che disciplinano la crisi delle “famiglie internazionali”, è ormai all’ordine del giorno. Al diritto internazionale privato della famiglia, infatti, concorrono sia la normativa interna (la Legge 31 maggio 1995 n. 218), sia le innumerevoli convenzioni sottoscritte dal nostro Paese (soprattutto con riferimento alla tutela del minore, si pensi alla Convenzione dell’Aja del 1980), sia la normativa comunitaria (con la fitta serie di Regolamenti promulgati dall’Unione Europea).

Per ogni fattispecie che presenti uno o più elementi di estraneità, rifacendosi a questo “puzzle” di disposizioni normative, va individuato il Giudice dello Stato al quale, fra quelli potenzialmente coinvolti, spetta la competenza giurisdizionale a provvedere, e va poi individuata la legge applicabile.

Ben può accadere, infatti, che le norme di diritto internazionale privato attribuiscano la giurisdizione al Giudice di uno Stato, e che questi sia chiamato, tuttavia, ad applicare il diritto sostanziale di uno Stato diverso.

Questo doppio passaggio obbligato, che in una situazione “ordinaria” non sussiste, può rivelarsi una vantaggiosa opportunità, ma anche un’arma a doppio taglio.

Penso, per esempio, alla straordinaria libertà di scelta che l’art. 5 del Reg. UE 1259/2010 offre ai coniugi, riconoscendo loro la possibilità di eleggere concordemente, fra ben quattro alternative, la legge applicabile al proprio divorzio e alla propria separazione. Oppure alla facoltà di eleggere l’autorità giurisdizionale chiamata a provvedere sulle obbligazioni alimentari, che il Reg. UE n. 4/2009 conferisce alle parti, d’intesa fra loro.

Tuttavia, l’operare delle c.d. norme di conflitto nella crisi di una famiglia transnazionale, può anche far sorgere vincoli e barriere che mai, i membri di quella famiglia, avrebbero considerato “in tempi non sospetti”.

Mi riferisco, in particolare, a tutte le controversie che coinvolgano un minore: indipendentemente dalla cittadinanza sua e dei genitori, indipendentemente dal luogo nel quale mamma e papà si sono sposati e indipendente dal luogo nel quale egli è nato, fatte salve rarissime eccezioni, “la competenza giurisdizionale nelle controversie in materia di responsabilità genitoriale deve essere individuata con riferimento al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda” (Cass. Civ. Sezioni Unite ordinanza n. 28329/2019). E a essere privilegiato sarà sempre l‘interesse del minore a “non essere allontanato o di essere immediatamente ricondotto nel luogo in cui si svolge la sua abituale vita quotidiana” (Cass. Civ. n. 1527/2013).

Tenuto conto della rilevanza determinante che tutte le fonti del diritto (legislazione interna, Regolamenti europei, convenzioni internazionali, Giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia europea) riconoscono al concetto di “residenza abituale del minore” – da intendersi non nel senso “burocratico”, cioè di mera registrazione anagrafica, ma come luogo nel quale il bambino, in virtù di una durevole e stabile permanenza di fatto, abbia il centro dei propri legami affettivi e sociali e della sua quotidiana vita di relazione – è fondamentale che ciascuno dei genitori abbia ben presenti le eventuali implicazioni potenzialmente irrimediabili che un trasferimento all’estero, magari pensato come temporaneo, possono derivare per l’uno e per l’altro.

In definitiva, il diritto internazionale privato, se ci si muove con responsabilità, consapevolezza e lungimiranza, affidandosi per tempo a un Avvocato specializzato che sappia gestirlo e maneggiarlo con arguzia e competenza, può offrire alle parti una varietà di strumenti, scenari e tutele che, a mio avviso, rappresentano la nuova frontiera del diritto di famiglia.

* Studio legale Bernardini de Pace

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