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L'avvocato del cuore
La moltiplicazione dei genitori

Una volta si diceva “la mamma è una sola”. E il papà anche, benché si aggiungesse provocatoriamente “sempre che quello che appare sia quello vero”. Oggi, scienza e diritto, molto di più la prima che il secondo, hanno intrapreso percorsi tali che il sentir dire “due mamme” o “due papà” non scandalizza più nessuno.

L’esempio più semplice è quello della coppia costituita da due uomini o da due donne e dal figlio avuto da uno solo dei partner, per mezzo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita o addirittura col sistema della gestazione per altri (vale a dire dell’utero in affitto).  Queste realtà sono sempre più frequenti, anche se spesso complice della nascita di un bambino è, evidentemente, il territorio straniero e non quello italiano.

Quindi: abbiamo due papà se c’è una coppia omoaffettiva maschile; due mamme se c’è una coppia omoaffetiva femminile; ma anche due papà quando la mamma dopo il padre biologico (marito o no) ha - per molto tempo - un nuovo compagno e due mamme quando il papà, dopo la mamma biologica, ha - per molto tempo - una nuova compagna. Il nostro ordinamento non attribuisce alcuna rilevanza giuridica al genitore che, in tutti questi casi, non è genitore biologico. A meno che tra il genitore e il compagno non subentri il vincolo matrimoniale: infatti l’art. 78 c.c. prevede che si instauri il legame di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge; da qui, per estensione, si possono ricomprendere anche i figli.

Alla coppia omoaffettiva, che ricorre alla procreazione medicalmente assistita o alla maternità surrogata, il nostro ordinamento non dà la possibilità di riconoscimento giuridico del genitore che non sia genitore biologico. Tuttavia, molti tribunali e corti di merito (Perugia, Torino, Pistoia, Trento) hanno mostrato un’apertura alla tutela del minore, considerando che i bambini non possono essere puniti per le scelte dei genitori, cioè per averli fatti nascere con pratiche vietate dall’ordinamento. Tuttavia, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno poi segnato una rigorosa battuta d’arresto, affermando che deve prevalere la verità: bisogna dire ai propri figli che non sono figli biologici (se c’è stata la maternità surrogata) e che la legge non può ratificare un comportamento vietato quale è l’utero in affitto. In pratica, l’interesse del minore è schiacciato dal comportamento ritenuto illecito. L’unica apertura della giurisprudenza di legittimità è quella di dire: il genitore non biologico può, se vuole la tutela genitoriale, adottare il bambino con l’adozione in casi particolari.

In tutto questo, però, si parla e si discute, ma ci si dimentica che il bambino, comunque sia, crescendo crea progressivamente legami basati sull’affetto, sulla simpatia, sull’ammirazione, sulla stima con persone biologicamente estranee, ma che vede tutti i giorni e che si preoccupano per lui esattamente, o forse addirittura meglio, del genitore biologico. Per esempio “la matrigna”, “il patrigno”, il compagno, la compagna. Ho conosciuto molti bambini per i quali il compagno della mamma, negli anni, è divenuto un vero punto di riferimento e di ascolto. Un legame diventato fortissimo non è da tutelare in tutti i modi? Se l’adulto è in grado di provare empatia verso i figli acquisiti conquistando così la loro fiducia, non sarebbe corretto che - una volta spezzatosi il legame con la campagna o il compagno - potesse essere garantito nel tempo il legame d’amore con il figlio? Non sarebbe giusto tutelare sia il minore sia quello che si può definire “genitore sociale”? O genitore speciale, meglio. Il Tribunale di Como, nel marzo 2019, ha affermato che il minore deve essere protetto dalle conseguenze del conflitto che rischiano di allontanarlo, una volta disgregatosi il nuovo nucleo, dalla figura del genitore sociale. È, infatti, interesse dei minori la stabilità dei legami affettivi con le persone con le quali hanno vissuto, indipendentemente dallo stato giuridico o biologico che li univa. Secondo la Cassazione, del resto, c’è un vuoto di tutela laddove c’è sì, il diritto del bambino a conservare rapporti significativi con persone diverse dai genitori, purché, però, siano parenti. È invece interesse di ogni minore vedersi garantire la continuità della relazione affettiva e familiare proprio con quella persona che si è assunta - per anni - una responsabilità del tutto sovrapponibile a quella genitoriale. Anche se non è parente. Solo così è possibile affermare il diritto all’identità familiare, personale e sociale del bambino.

Qualunque sia la definizione che la legge o la società diano ai genitori: mamma, papà, genitore sociale, “genitore uno”, “genitore due”.

In conclusione, nell’assenza della legge, deve essere il genitore biologico ad assicurare al figlio la continuità dei legami d’amore. Diversamente è un genitore inadeguato.

Certo, se poi il genitore biologico diventa un killer seriale di relazioni amorose, diventa complicato capire chi deve tutelare chi.

L’importante è che tutti, etero e omo, si ricordino che, una volta diventati genitori, non possono più permettersi di ragionare con l’“io”, ma sempre e solo con il “noi”.

 

* Avvocato del foro di Milano, esperta di diritto di famiglia e della persona

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