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L'avvocato del cuore
Genitori separati, mia moglie mi invita a lasciare la casa: come tutelarmi?

Buongiorno Avvocato, da mesi io e mia moglie litighiamo per ogni cosa e abbiamo deciso di separarci anche per il bene di nostra figlia che ha 4 anni. Ieri mi è arrivata la lettera dell’Avvocato di mia moglie che, fra le altre cose, mi ha invitato a lasciare “quanto prima” la casa dove abitiamo, a suo dire per tutelare la serenità della bambina. Come può chiedermi questo? La casa (benché cointestata a entrambi), è gravata da un mutuo al quale ho provveduto sempre e solo io, non ho un altro posto dove andare e, soprattutto, non voglio essere drasticamente estromesso dalla quotidianità di mia figlia. Cosa mi consiglia di fare?

Le consiglio di non muoversi da lì, per ora e sino a che non avrà definito nel dettaglio il programma che, secondo le Sue esigenze e nel rispetto del superiore interesse della minore, dovrà regolare la vita della Vostra famiglia separata. Prima di spiegare perché, però, è necessario fare un passo indietro.

Il fatto che nell’immobile in questione viva Vostra figlia minore, rende automaticamente applicabile l’istituto dell’assegnazione della casa familiare, previsto dall’art. 337 sexies c.c.: “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”.

L’”interesse dei figli” (minori o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti) al quale si riferisce la norma, è quello a preservare, in un momento già turbolento e destabilizzante quale la separazione dei propri genitori, la continuità con le abitudini, i luoghi, i ricordi, gli oggetti legati all’”habitat’ domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare” (Cass. Civ. n. 32231 del 13 dicembre 2018).

Ci ha pensato la Giurisprudenza a riempire di significato e di sfumature questo fondamentale strumento di tutela, precisando che “l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei minori, anche se non proprietario dell'immobile, o conduttore in virtù di rapporto di locazione” (Cass. Civ. n. 11416 del 30 aprile 2019).

Vale a dire che – fatta salva l’ipotesi, a parer mio lungimirante, che i genitori si accordino per il collocamento c.d. invariato dei figli nella casa familiare (nella quale mamma e papà si alternerebbero per periodi di tempo paritari) – il diritto all'assegnazione della casa coniugale generalmente spetta al genitore con il quale, insorta la separazione, i figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti continuano a convivere. Indipendentemente dal fatto che egli sia, o meno, il proprietario dell’immobile o il titolare di un diritto di godimento su di esso.

In quest’ottica, nel Vostro caso, a nulla rileva il fatto che sia stato sempre e solo Lei a onorare le rate del mutuo, né che l’immobile sia cointestato: uscendo da casa prematuramente, Lei, di fatto, ammetterebbe che fra i due è la mamma il genitore di riferimento per Vostra figlia. La mamma, dunque, il genitore collocatario. La mamma, in definitiva, ad aver diritto all’assegnazione e dunque a poter godere in via esclusiva dell’immobile per i prossimi 20 anni (e cioè – fatte salve le residuali ipotesi di revoca dell’assegnazione previste dalla norma – fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica di Vostra figlia).

E, per giunta, senza che in alcun modo questa smisurata compressione del Suo diritto di proprietà abbia un’incidenza economica tale da ridurre il quantum dell’assegno di mantenimento che Lei dovrà corrispondere per Sua moglie, se dovuto.

Infatti, laddove l’art. 337 sexies c.c. precisa che “dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà”, intende che l’assegnazione a un coniuge della casa coniugale di proprietà dell’altro debba essere considerata come una componente dell'assegno di mantenimento per la prole, non invece come una componente in natura dell'assegno di mantenimento per il coniuge, trattandosi di due aspetti economici indipendenti.

Tuttavia, in forza della libertà negoziale che spetta ai coniugi al momento di individuare le condizioni della separazione, nulla vieta che Lei possa ritenere conveniente trasferire a Sua moglie la quota di Sua proprietà della casa coniugale.

Dunque, tornando alla sua domanda, per ora non si muova da lì. Quantomeno finché non sarà il Suo Avvocato a suggerirglielo o il Giudice a imporglielo. Primo, perché ho troppi pochi elementi per poter concludere che non sia Lei – e non per forza Sua moglie – il genitore di riferimento per Vostra figlia (c.d. genitore collocatario) e, conseguentemente, quello fra i due destinato a continuare ad abitare con la minore nella casa familiare. Secondo, perché non è da escludere l’ipotesi che Voi genitori, in sede di separazione, concordiate di alternarvi nella casa coniugale, dove Vostra figlia trascorrerebbe tempi perfettamente paritetici con ciascuno di Voi, con il privilegio di non dover vivere con la valigia in mano, pendolare fra le Vostre due abitazioni. Infine, perché l’eventuale trasferimento patrimoniale, dall’uno all’altro, del 50% della titolarità dell’immobile fra Voi cointestato, potrebbe rivelarsi un elemento chiave nella trattativa dell’accordo di separazione, la cui portata strategica verrebbe irrimediabilmente svilita dal Suo precipitoso allontanamento dalla casa coniugale.

*Studio legale Bernardini de Pace

 

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