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Cose di Lavoro
Resilienza: la preziosa (e difficile) arte di Rimbalzare sulle avversità

Resilienza, un termine “rubato” alle scienze ingegneristiche sulla resistenza dei metalli, che significa “capacità di sostenere le avversità senza soccombere”.

In realtà esistono diverse definizioni, ma il concetto, in parole povere è questo: saper rimbalzare sulle avversità.

Un po’ come quelle palline con cui a volte vedi i bambini giocare.

Solo che al posto del pavimento su cui allegramente giochi c’è la vita con le sue dure – e non sempre giuste – leggi.

Dalla cassa integrazione, all’azienda che chiude, dal licenziamento improvviso ad una separazione non voluta o una morte inaspettata; sempre più frequenti sono le situazioni in cui ci vediamo cadere il cielo in testa e dobbiamo fare i conti con brutte sorprese inaspettate.

Personalmente ho sempre avuto una particolare forma di avversione per la sofferenza e il dolore, fin da piccola. Ricordo che il libro che più amavo, che leggevo e rileggevo, si chiamava “Il libro della Bambina Felice”.

Per un errore di gioventù però, mi sono procurata una persistente causa di infelicità durata diversi anni. E così, per riuscire a venire a capo della situazione, nel tempo ho fatto incetta di idee e strategie per riuscire a rialzarmi anche nei momenti di maggiore sconforto.

Una di queste è chiedermi: “Cosa farebbe Howie Truong al posto mio?

L’incredibile storia di resilienza di Howie Truong

Nel 1977 mentre Howie Truong cercava di fuggire dal Vietnam straziato dalla guerra, insieme alla moglie, al figlio e a diverse altre persone, la motonave su cui stavano fuggendo fu catturata dai pirati.

I pirati obbligarono tutti a salire sulla loro nave. Se con gli adulti furono bruschi, con il bambino furono anche peggio e cercarono di comprare il figlio di Truong. Non riuscendo a convincere il padre, dopo alcuni giorni decisero di disfarsi di Howie e lo buttarono in mare. Truong era quasi annegato quando fu miracolosamente salvato da un pescatore.

Settimane dopo, in Thailandia, venne a sapere che il corpo di sua moglie era stato ritrovato senza vita al largo; quanto al figlio, trascorse i successivi 34 anni a chiedersi cosa potesse mai essergli successo.

Resilienti si nasce o si diventa?

Nel mondo ci sono tantissime storie di persone toste che hanno superato la morte di qualcuno, hanno superato le atrocità della guerra o di incidenti terribili e comunque hanno continuato a vivere, non semplicemente sopravvivere. 

Si potrebbe pensare che questa è una storia estrema, che evidentemente questo Truong era un vietnamita dalla pelle piuttosto dura.

Questo è il luogo comune più diffuso al riguardo della resilienza, come di molte altre doti umane: la convinzione che doti come questa facciano parte del corredo genetico di un individuo. Uno ha gli occhi blu, l’altro i capelli rossi e l’altro ancora ha una resilienza fuori dal comune. Vero?

Falso.
Una resilienza come questa si può imparare, dicono gli esperti.

La Resilienza è un fattore fondamentale nel nostro mondo cosi incerto” dice lo psicologo di Harvard Robert Brooks, autore di The Power of Resilience: achieving Balance, Confidence, And personal strenght in your Life.

È una caratteristica che vale la pena alimentare e nutrire quando tutto va bene, dice il Dr. Brooks, così sarai preparato meglio per un eventuale crisi, se e quando dovesse succedere.

Ma se i tempi duri hanno già bussato alla tua porta, non è troppo tardi prima imparare a rimbalzare.

“Ci sono alcuni atteggiamenti e abilità che possiamo sviluppare”, dice il dottor Brooks, “tali che, a prescindere dalla difficoltà di quello che dobbiamo affrontare, siamo comunque in grado di fronteggiarla

E chi meglio di Truong e tutte quelle persone che hanno affrontato le peggiori avversità della vita possono aiutarci a capire come fare?

 

Come è mai possibile sopravvive ad un dolore ingiusto come quello che ha dovuto subire Truong? 

Il signor Truong si trasferì negli Stati Uniti nel 1978, grazie all’aiuto di uno zio che viveva in Louisiana.Ma il pensiero del figlio disperso non lo abbandonò mai.

Con quale forza poté mai Truong riuscire a trasferirsi in America, diventare un esperto lavoratore di metalli, risposarsi, crescere altri 4 figli?

Truong, un bell’uomo di 54 anni dai capelli neri, mitiga le rughe in un largo sorriso mentre nel suo soggiorno nel WestHenrietta, un quartiere di New York dice: “Come ho fatto? Beh, mi sono detto, ‘continua ad a dare, vai avanti. La vita deve andare avanti'”.

Poi continua: “Certo, ora questa è una versione molto semplificata. Non è sempre stato facile. Più di una volta ho cercato di affogare il dolore dentro l’alcool. Più di una volta ho pensato di farmi fuori anche io. Ma ci sono alcune cose che mi hanno aiutato a non finire del tutto nel baratro.

Quando arriva “la botta”, il fatto di sentirsi schiacciati è quanto di più normale ci sia, dicono universalmente gli esperti.

Inerzia, autocommiserazione, alimentazione compulsiva: sono tutte reazioni più che normali, niente di cui ci si debba rimproverare.

In altre parole, se ti ritrovi a non riuscire nemmeno ad alzarti dal divano o ad aggredire il frigorifero in preda alla disperazione, dopo aver perso il lavoro o dopo un lutto o una separazione improvvisa, va tutto bene, almeno all’inizio.

“Penso al dolore come un qualcosa che si smorza e defluisce via poco alla volta, più che una fase a se stante che finisce bruscamente” dice Karen Reich, dottoressa, codirettrice del Penn Resilience Project dell’universita della Pennsylvania, che allena i soldati e persone in particolari difficoltà a gestire lo stress.

“Più tempo passa dopo una grande perdita -che si tratti del lavoro, una persona cara, una casa, non importa- più ti sentirai capace di affrontarla”, dice la Reivich. “I cattivi periodi si accorciano e quelli buoni si allungano.”

Il segreto sta nel mettere a frutto i momenti buoni. Qualunque passo positivo tu riesca a compiere dopo un grosso lutto o perdita, può ridurre significativamente il senso di ansia e permetterti di continuare ad andare avanti.

“Una delle caratteristiche fondamentali delle persone resilienti, secondo quanto evidenziato dalla ricerca, è il fatto che tendono spontaneamente a focalizzarsi su quello in cui ancora hanno comunque controllo”, dice il Dr. Brooks.

Non servono grandi cose, basta semplicemente il passare dall’ingurgitare quel capita al disciplinarti a cucinare qualcosa di salutare e buono, per fare la differenza. Oppure fare una passeggiata, suonare uno strumento o scrivere un piano step-by-step per uscire dalla situazione in cui ti trovi.

Accettazione e adattamento

Un’altra chiave fondamentale per uscire dall’autocommiserazione, dicono gli esperti, è il desiderio di reinventare se stessi.

Anna Hovind ha imparato bene questa lezione sei anni fa, quando è stata improvvisamente licenziata dalla posizione di manager nell’azienda in cui aveva lavorato negli ultimi 20 anni.
La fine del suo matrimonio, durato più di 25 anni, le ha poi assestato il colpo finale.

“Prima di venire licenziata” dice Anna, “ero totalmente identificata nel mio ruolo di manager. Quando dicevo dove lavoravo e in che posizione vedevo gli occhi delle persone strabuzzare di invidia. E all’improvviso tutto questo non c’era più. Non era solo una questione di perdita economica, era proprio l’intero senso di me che era andato in pezzi”.

Anna però non si è arresa. Ha cercato di adattarsi al nuovo mondo e alla nuova realtà familiare con tutta la sua determinazione. E ci è riuscita. “Non sono più dispiaciuta per quello che ho perso, ma prima ho dovuto ricostruirmi una nuova – molto più interessante – identità”.

Certo, non è facile, ma è possibile.

L’ultima lezione di Truong

Già. Il coraggioso Truong da cui tutto è iniziato… che fine ha fatto? E, soprattutto, ha davvero poi scoperto cosa è successo a suo figlio?

La risposta…

Beh, la risposta si vede negli occhi di quel giovane trentenne thailandese seduto al suo fianco che guarda con occhi pieni di amore e di stupore il maturo signore a fianco a sè.

Durante l’ennesimo tentativo di ricerca infatti, in un viaggio in Thailandia a giugno 2011 realizzato insieme alla sua nuova famiglia americana, Truong riuscì finalmente e incredibilmente a localizzare suo figlio - ora un 34enne a sua volta padre di due figli, di nome Samart Khumkhaw che viveva nella provincia di Surat Thani.

Samart Khumkhaw – così il nome datogli dall’ignara famiglia adottiva thailandese a cui i pirati avevano venduto il primogenito di Truong – oggi è al suo primo viaggio negli Stati Uniti, dopo essere stato rocambolescamente trovato dal padre che, a distanza di 34 anni, non aveva smesso di cercarlo.

Il fatto che nel caso di Truong e Samart la ricerca si sia potuta concludere con un sospirato e incredibile abbraccio, aggiunge se possibile ancora più luce sulla forza e tenacia di quell’uomo che, nonostante tutte le avversità della vita ha sempre tenuto forte e saldo nel suo cuore il sogno di rivedere un giorno il proprio figlio disperso.

E questa, in ultima analisi dicono gli esperti, è forse la componente più importante da sviluppare per migliorare il proprio muscolo della resilienza: la PERSISTENZA, la tenacia, la cieca determinazione a non mollare se non quando avrai raggiunto il risultato o risollevato le tue sorti.

Buona Domenica di Rinascita.

 

Erica Zuanon
Ingegnere, Content Strategist e Career Coach
www.azionelavoro.it

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    resilienza





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