Lo sguardo libero

Perché la monarchia inglese non è in discussione?

Di Ernesto Vergani

Sorprende che sia in Gran Bretagna che fuori di essa non siano spese parole a favore della Repubblica

Con profondo e sincero rispetto,  in questo  momento di dolore dei familiari per la scomparsa del principe Filippo, cui è doveroso chiedere di ricevere  condoglianze, sorprende che nessuno in Gran Bretagna - ma anche fuori di essa (anzi sul “Corriere della Sera” di oggi si leggono proposizioni tipo: Non ci sarà Meghan: la sua gravidanza è una buona scusa per restare a Los Angeles oppure Quando Harry e Meghan furono privati dai loro incarichi da Elisabetta ebbero l’ardire di rinfacciarle che il servizio è universale) - abbia colto l’occasione per mettere in discussione la monarchia e  speso una parola a favore della Repubblica.

È vero che la democrazia inglese è tra le più antiche del mondo, ma la monarchia è un’istituzione arcaica e soprattutto, se si dà valore all’etimologia, i britannici sono sudditi, un vocabolo che deriva dal latino subditus “sottomesso”. Per un francese, un italiano, uno statunitense, un tedesco (ma forse sarebbe meglio dire: per gran parte di essi) sarebbe come fare violenza a sé stessi pronunciare la frase: “Sono un suddito”. Si guardi alla democrazia (“potere del popolo”), una condizione privilegiata, che presuppone l’uguaglianza di nascita, ma è basata sull’individualismo e sul merito. E che fa emergere i migliori (aristocratici, dal greco áristos, “migliore”).