Le trasmissioni dei contagi da coronavirus stanno risalendo e non possiamo farci trovare impreparati proprio ora. Il caos dei tamponi a Roma di questi ultimi giorni che ha creato forti disagi con ore di attese disumane nei drive-in preposti per i prelievi molecolari (naso e gola) non sono un bel biglietto da visita per chi si occupa della Sanità nella Regione Lazio in vista di un inverno, considerati i dati in crescita, che si presenta non facile.
Da tutti i media locali ma anche nazionali, sono state riportate le testimonianze di chi in fila per ore con due chilometri di coda ha vissuto l’esperienza del test del tampone come una vera e propria odissea. Nel drive-in di via Palmiro Togliatti, per esempio, ci sono solo due postazioni operative cioè si procede per due individui alla volta, a fronte di migliaia di persone in attesa e, come si può facilmente immaginare, non sono mancati momenti di tensione per l’interminabile l’attesa.
Per fare il punto della situazione bisogna ricordare come, a dispetto di molte altre Regioni, la Regione Lazio tramite l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, a fine estate si era opposta fermamente, alla possibilità di effettuare tamponi nei laboratori privati, salvo poi, cambiare idea la scorsa settimana con il via libera a laboratori e strutture private per i tamponi rapidi (test antigenici) al costo calmierato di massimo 22 euro.
Il tampone rapido ha come tempo di risposta 15 minuti ma per la diagnosi di positività deve essere confermato da un successivo tampone molecolare. Insomma, per intenderci, il metodo che si sta utilizzando come screening dei passeggeri negli aeroporti di Fiumicino e Ciampino e negli ultimi giorni anche come screening di massa negli istituti scolastici.
Il dietrofront dell’ultimo minuto di D’Amato, non ha prodotto, come era facile prevedere e come testimoniano i grandi disagi del fine settimana, i suoi effetti in tempo utile proprio perché in ritardo rispetto ad una visione lungimirante e d’insieme del problema. La pandemia corre, non aspetta i tempi della politica.
Le influenze stagionali si stanno manifestando anche con un certo anticipo rispetto agli altri anni e in attesa di un vaccino serve una maggior organizzazione che doveva essere programmata in via preventiva e in anticipo considerato anche l’efficienza con cui erano stati affrontati i contagi dello scorso inverno. Inoltre, la decisione di rendere obbligatorie per tutti le mascherine anche all’aperto non può essere la soluzione di tutto. Visto che siamo solo ad ottobre ed il problema sono gli assembramenti, considerato il tempo mite che offre la Capitale, forse una più graduale disposizione magari a scaglioni per orari o per quartieri centro della movida, sarebbe stata meno traumatica per i cittadini.
Sì al distanziamento fisico, però no al distanziamento sociale, nel rispetto delle regole, che crea depressione sociale ed economica e mortifica le persone più fragili. Questo è il mio grido. E per questo auspico maggiore tutela degli operatori esposti a contatto con il pubblico che non possono da soli gestire chi non rispetta le norme vigenti per l’emergenza sanitaria. Penso agli infermieri o ai farmacisti, ai cassieri nei supermercati, ai conducenti degli autobus. Questi ultimi, in particolare, sono stati anche vittime di aggressioni nel momento in cui hanno tentato di far rispettare le regole del distanziamento. Ebbene, non penso sia necessario l’esercito per le strade ma più che altro il potenziamento dei mezzi pubblici sia di autobus che di corse della metropolitana, laddove c’è maggiore necessità o rischio di assembramenti, garantendo eventualmente la presenza costante di un controllore per gestire il numero delle presenze sul mezzo.
Inoltre, ed è una tendenza in atto, è fondamentale il controllo da parte delle autorità locali anche perché con un approccio troppo soft si tende paradossalmente a creare la percezione della non veridicità delle regole imposte che porta alla sottovalutazione del problema. Serve equilibrio nel perseguimento degli obiettivi da parte della Politica perché i disagi di una quotidianità già falsata di per sé dalla pandemia sono tanti ed è, perciò, fondamentale, comprendere che le scelte non sono solo questioni personali.
A questo proposito, lancio un appello all’assessore D’Amato: sarebbe d’aiuto per tutti i cittadini che anche i tamponi molecolari, e non solo quelli antigenici, vengano aperti ai privati in modo da poter realizzare uno screening del territorio con una completa e rapida collaborazione tra strutture pubbliche e private al fine di garantire un controllo immediato per tutti quelli che ne hanno bisogno.
Siamo arrivati ad un punto in cui non si può più escludere questa soluzione a priori. Un controllo più efficace aiuterebbe la città di Roma e forse non dovremo più sentire di persone che per necessità devono recarsi nelle regioni vicine per poter fare un tampone senza dover sopportare il disagio e lo sconforto vissuto in questi ultimi giorni.
Commenti