Rocca sbrocca
Vaccino antinfluenzale obbligatorio? No. Libertà di cura e voglia di vivere
Le regole stringenti a cui siamo stati sottoposti nel lockdown non possono essere l’apripista di imposizioni terapeutiche senza effettiva validità scientifica
Quanto ci manca la nostra cara libertà, limitata, impaurita, e trasformata dallo tsunami Coronavirus. Errore, avrebbe segnato Enzo Biagi, per il quale: “la libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi. È libertà”. Ma quando ce l’hai, la totale libertà, e poi viene meno, l’affettuoso ricordo può essere la spinta per una coraggiosa riattivazione. Ma c’è una libertà, in particolare, che mi sta a cuore ricordare in quest’epoca di emergenza sanitaria: la libertà di cura e la tutela alla salute garantita dall’articolo 32 della Costituzione italiana.
L’articolo in questione afferma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”
Perciò, noi abbiamo totale libertà di decidere cosa farci somministrare. Quindi, di base, se vogliamo decidere insieme al nostro medico curante quali sono le migliori medicine e i migliori metodi per curarci, ci è consentito. A meno che, ci sia imposto per legge una cura in particolare.
Faccio riferimento all’iniziativa dell’obbligo del vaccino antinfluenzale per gli over 65 e per gli addetti sanitari, che ha sollevato alcune perplessità, proposta a livello nazionale da Forza Italia e a livello locale dalla Regione Lazio. In particolare, è stato presentato al TAR (dall’associazione Codici) un ricorso proprio contro l’ordinanza con cui la Regione Lazio avrebbe disposto l’obbligo del vaccino antinfluenzale per gli over 65 ed il personale sanitario. Un’azione legale che il 9 giugno sarà discussa nella prima udienza convocata al Tar.
L’ordinanza, in riferimento al personale sanitario, prevede per chi non si vaccina l’inidoneità temporanea dal 1° febbraio 2021 allo svolgimento della mansione lavorativa. Medici, personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario, rischiano quindi la sospensione se decidono di rifiutare un vaccino, che sembra non avere base scientifica per essere resa obbligatoria, né sarebbe funzionale a livello di immunità di gregge perché la popolazione da tenere in considerazione non può essere solo quella regionale ma nazionale. Per quanto riguarda gli over 65 che sono fisicamente più delicati, a maggior ragione agire in sinergia con il proprio medico senza obblighi mi sembrerebbe una valutazione più adeguata.
C’è anche l’elemento psicologico da considerare. Dalle prime ricerche in Italia una persona su tre soffre come effetto dell’isolamento e del distanziamento sociale di sintomi come ansia, insonnia, aspetti da stress post traumatico e in percentuale più bassa disturbi depressivi.
In un momento dove sembra che la curva dei contagi si sia ridotta al minimo con il numero dei decessi in caduta libera e per la metà distribuiti, purtroppo, ancora nella sola regione Lombardia, mettere in preventivo obblighi di cura non efficaci in maniera determinante contro il Covid-19, vengono, anche per reazione, respinte come soluzione da chi è stato appena svincolato dalle restrizioni dell’emergenza appena revocate dopo due mesi di lockdown.
Le regole stringenti a cui siamo stati sottoposti nel lockdown non possono essere l’apripista di imposizioni terapeutiche senza effettiva validità scientifica soprattutto in questo momento delicato di transito tra l’emergenza sanitaria e la riapertura del Paese.
Il diritto alla cura implica anche il rispetto del tempo del paziente. Forse i governi dovrebbero occuparsi meno della ricerca accanita del vaccino meno peggio e più dello stile di vita del cittadino attraverso un decalogo delle norme che fanno bene in qualsiasi caso per il rafforzamento del nostro sistema immunitario per garantire un ritorno alla vita attiva. Alimentazione, esercizio fisico regolare, esposizione al sole. I media ne parlano ma in maniera disgiunta come se fosse prerogativa del solo genere femminile per alcuni argomenti, o di alcune fasce d’età mentre, a mio avviso, sono attività a cui tutti si dovrebbero dedicare per tutelare la propria salute. Il percorso verso la liberazione dal Covid-19, invece, passa attraverso l’efficacia di un protocollo sanitario unico con test sierologici e tamponi a tappeto, con i quali non si rischia nessun tipo controindicazione fisica, e quindi, a cui tutti dovrebbero sottoporsi, accompagnati da un efficace sistema di tracciamento che non implichi nessun tipo di controindicazione relativo alla privacy e alla libertà individuale e che, forse, solo con questa premessa, la maggior parte delle persone consentiranno di attivare.