Sempre più coccolati dalle griffe. Così i cinesi cambiano la moda

Nel 2012 il mercato del lusso in Cina è cresciuto del 18% rispetto al 10% del resto del mondo e le previsioni per l'anno in corso sono ancora più alte. I consumatori cinesi rappresentano il 27% del mercato, nel 2015 saranno il 34%. E soprattutto, i cinesi sono ottimisti: il 74% si vede più ricco tra cinque anni. Insomma, se la moda italiana registra un fatturato interno in calo da anni, all'estero, e soprattutto all'ombra della Muraglia, la situazione è ben diversa.
La Cina si attesta nel 2012 - e si riconfermerà nel 2013 - come il motore di crescita del mercato del lusso. Lo hanno spiegato i professionisti di Havas Media Group (HMG) durante il workshop Il “Chinese Luxury Customer Journey”, in cui sono stati presentati i risultati di una ricerca sulle motivazioni, le consuetudini ed i trend emergenti che riguardano il consumatore cinese nell’approccio e nell’acquisto di prodotti di lusso.
Soprattutto è una nuova tipologia di consumatore a emeregere: la cosiddetta "generazione x", ovvero giovani fino a vent'anni d'età che spendono i soldi dei genitori. Se i consumatori più maturi vedono ancora l'acqisto come qualcosa di cerimoniale e chiedono esclusività e una relazione personale con la griffe e la boutique, i giovanissimi invece si aspettano un'esperienza a 360°, che li coinvolga e li diverta. Fondamentale in questo è il ruolo delle nuove tecnologie. Seicento milioni di cinesi oggi navigano in Rete (oltre il 50% della popolazione), di cui il 74% tramite device. La generazione x è omnichannel, ovvero costantemente collegata e in contatto con le proprie griffe di riferimento.
Se devono indicare spontaneamente i loro brand preferiti, i cinesi non hanno dubbi: Louis Vuitton (34%) e Chanel (17%) sono nettamente in testa. Seguono Hermes, Dior, Armani, Valentino, Gucci, Versace e Prada. "Piacciono" perché sinonimo di qualità e stile classico. I consumatori cinesi si aspettano beni durevoli perché devono rappresentare a lungo il loro "status".
La prospettiva da seguire allora per le maison della moda? I professionisti di Havas Media Group suggeriscono di puntare sul "glocal brand storytelling". Bisogna "coccolare" il consumatore, monitorando il suo comportamento e avendo ben chiaro il suo profilo, in modo da ingaggiarlo in modo sempre più coerente e rilevante.
Una ricerca in collaborazione con Human Highway ha evidenziato proprio una diretta correlazione fra i brand più noti (Louis Vuitton, Chanel, Gucci, Hermes, Dior e Armani) e la loro capacità di trasferire il "brand storytelling" in modo coerente su tutti i touch points. Sono soprattutto i touch points ed i contenuti digitali a risultare i più rilevanti (l’88% dichiara di visitare il sito ufficiale dei brand e di ritenerlo lo strumento più rilevante per conoscere il “brand heritage” e i suoi prodotti). La più grande occasione persa nel raaporto col consumatore? Newsletter, inviti, mailing: raggiungono la maggior parte del target di riferimento, ma non avendo contenuti personalizzati perdono di rilevanza. La sfida invece da non perdere assolutamente? Il microblogging, in crescita esponenziale tra i consumatori cinesi.
Maria Carla Rota
