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Costume
Macerata Campania, cultura, religione e musica con le Battuglie di Pastellessa

E’ a Macerata Campania, alle porte di Caserta, che dall’11 al 17 gennaio si ricorda Sant’Antonio Abate, uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. A celebrarlo, una serie di eventi promossi dal Comune, dalla Parrocchia San Martino Vescovo e dall’Associazione Sant’Antuono&Battuglie di Pastellessa, accreditata come Organizzazione non governativa presso l’Unesco, che raggiungono i tratti più caratteristici della tradizione popolare con l’allestimento di carri a forma di barche su cui prendono posto, le Battuglie di Pastellessa, gruppi di percussionisti che ripropongono suoni e ritmi utilizzando falci su botti e tini, segno della morte ma anche della rinascita, il ciclo della vita delle stagioni che si ripete. Un evento culturale, religioso e di interesse artistico, quello in onore del santo egiziano, ricordato molto vecchio (è morto all’età di 105 anni) con il saio e il bastone a forma di T, che ricorda antichi rituali pagani celebrati in onore di deità agresti per propiziare abbondanti raccolti; una manifestazione che richiama a Macerata Campania migliaia di visitatori provenienti da ogni parte d’Italia. Al punto che il locale consiglio comunale ha decretato nel 2012 Macerata Campania “Paese della Pastellessa” e la stessa Regione Campania ha cofinanziato la Festa con i fondi per la promozione e valorizzazione turistica dei territori  ritenendo la Festa un evento di grande interesse artistico e culturale. Tanto che qualche anno fa, nel corso del forum delle Ngo accreditate presso l’Unesco per la salvaguardia del patrimonio immateriale mondiale, la Pastellessa è stata ricordata sia in Corea del Sud con la proiezione del documentario “Libera nos a malo” dello scrittore-regista Luigi Ferraiuolo, sia a novembre scorso alle Mauritius nel corso della sessione del Comitato intergovernativo dell’organismo .

La Battuglia di Pastellessa.

Ogni anno sui carri, una ventina della lunghezza di circa sedici metri ciascuno più i trattori, prendono posto oltre mille persone che percuotono in maniera organizzata questi  atipici strumenti agricoli accompagnando la sfilata con canti e  ritmi travolgenti dai significati lontani e profondi. “La Festa, come la musica eseguita dai bottari maceratesi -spiega Vincenzo Capuano, segretario dell’Associazione e autore di un libro sulla fede e le tradizioni legate al Santo- ha un grande potenziale comunicativo ed è d’ispirazione per tante comunità, tanto da essere presa a modello ed emulata”. Ma solo a Macerata Campania la Pastellessa (è anche il nome del piatto tipico locale a base di pasta con le castagne lesse che si consuma in occasione della festa) conserva il suo vero significato religioso, civile e culturale e le sue melodie, quelle cantate dai contadini durante il lavoro per alleviare la durezza della fatica. “Il ritmo musicale qui ha lo scopo di allontanare il male; è una musica contro il demonio che si rinnova di anno in anno, che non ha mai perso il suo ruolo di nucleo centrale di identità e coesione popolare, tramandata e insegnata ai bambini di padre in figlio, con fede, onore, rispetto e passione”, afferma Capuano. “E la musica di Sant’Antuono, in questo particolare contesto, non è solo uno straordinario esempio di musica primigenia ed espressione genuina del patrimonio sonoro italiano, ma è la storia tangibile e visibile di una grande civiltà, di un’identità e di un’appartenenza senza parti al mondo”.                  

L’Abate padre del Monachesimo.                                                                                                                 

Antonio nasce a Coma in Egitto nel 250 d.C. Dopo aver dato ai poveri tutto quello che possiede segue la vita solitaria nel deserto attorno alla sua città. In seguito si sposta verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove rimane per venti anni. Nel 311, durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia, si reca ad Alessandria d’Egitto per sostenere i cristiani perseguitati. Vive gli ultimi anni nel deserto della Tebaide dove coltiva un orto per il suo sostentamento. Muore a 105 anni il 17 gennaio 356. Le sue reliquie principali si trovano oggi nella cattedrale di Saint-Trophime ad Arles, altre sono conservate a Saint-Antoine l’Abbaye, sempre in Francia.

 

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