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Costume
Riapre a Napoli il Gambrinus, scrigno di sapori ed opere d'arte della città

Non potevano che essere il commissario Ricciardi, alias Lino Guanciale, e Maurizio de Giovanni, autore della omonima serie televisiva i primi clienti dello storico Caffè Gambrinus di Napoli che ha riaperto i battenti dopo averli chiusi il 6 novembre scorso. Alle 7 in punto di questa mattina, i titolari del locale Massimiliano Rosati (nella foto) ed i fratelli Antonio e Arturo Sergio hanno rialzato le saracinesche del locale  -tra quelli storici d’Italia e più celebri della penisola- consentendo l’accesso ai primi clienti. “Siamo tornati alla normalità, per quello che può considerarsi ancora in pandemia”, ha affermato Rosati. “Riapriamo dopo circa quattro mesi e con un numero ridotto di personale sulle 45 unità che abbiamo. E’ stata una decisione amara quella presa a novembre, non era nella nostra filosofia lavorare con il delivery, abbiamo preferito chiudere e riaprire in sicurezza. Del resto già prima della chiusura la Caffetteria lavorava a regime  ridotto per la mancanza di turisti in città e per il lavoro a distanza. Indipendentemente dalle  limitazioni nazionali e regionali  non potevamo andare avanti. Il Gambrinus ed il caffè sono la stessa cosa, fa parte dell’essenza della città. Solo mantenendo questa essenza  riusciremo a rifiorire con la pandemia”.

La storia del Gran Caffè Gambrinus inizia con l'Unità  di Italia quando, nel 1860, al piano terra del palazzo della Foresteria, l'elegante edificio del 1816 che oggi ospita la sede della prefettura, viene aperto il “Gran Caff蔝. Affacciato direttamente su Piazza Plebiscito e Palazzo Reale, il Caffè diventa in breve tempo il salotto del bel mondo cittadino. La fama dovuta all'opera dei migliori pasticceri, gelatai e baristi provenienti da tutta Europa procura subito al Caffè la benevolenza della famiglia reale e il riconoscimento per decreto di “Fornitore della Real Casa”,  onorificenza tributata dai Savoia soltanto ai migliori fornitori del Regno delle due Sicilie.

Nel 1885 il Gran Caffè sembra essere sul punto di chiudere, ma di lì a poco le sue sale sarebbero state aperte ai napoletani e ai viaggiatori in una nuova più grande magnificenza. Nel 1890, infatti, Mariano Vacca, uomo avveduto e frequentatore di artisti e attori, prende in fitto i locali della Foresteria e ne affida la ristrutturazione all'architetto Antonio Curri, docente di Architettura, nonché Ornato nella Real Università  di Napoli e professore onorario dell'Istituto di Belle Arti. Grazie alla perizia di più di quaranta tra artigiani e artisti, il Caffè diventa uno scrigno prezioso di opere d'arte: le sale vengono decorate con i marmi di Jenny e Fiore, gli stucchi del Bocchetta, i bassorilievi del Cepparulo e le tappezzerie del Porcelli; le pareti decorate dai più importanti paesaggisti napoletani.

Il Caffè diventa una preziosa galleria d'arte nel cuore nobile di Napoli e viene valorizzata con l'ultima conquista della modernità , l'illuminazione elettrica. Per festeggiare la rinascita, il Caffè viene ribattezzato “Gran Caffè Gambrinus”, in nome del leggendario re delle Fiandre inventore della birra. L'intenzione è quella di fondere nell'immaginario le due più famose bevande d'Europa: la birra, nordica, bionda e fredda, e il caffè, scuro, bollente, piacere tipicamente napoletano.

Inaugurato ufficialmente il 3 novembre 1890, il Gran Caffè Gambrinus diventa da subito il cuore della vita mondana, culturale e letteraria della città : re, regine, politici, giornalisti, letterati e artisti di fama internazionale ne fanno il luogo dove incontrarsi, discutere e scrivere versi, come nella migliore tradizione europea del caffè letterario. Le sale iniziano ad essere indicate per l'argomento degli incontri e dei simposi che vi si tengono: la sala politica, la sala della vita, la sala rotonda. Il Caffè è ormai tappa obbligata per qualsiasi visita della città : non c'è un solo viaggiatore che, arrivato a Napoli, rinunci a fare sosta al Gran Caffè Gambrinus.

Lo storico locale partenopeo è sbocciato nel periodo della Belle Epoqué; infatti durante gli anni del primo novecento era il centro della cultura e dell'arte della città ; ricordiamo tra gli ospiti più illustri l'imperatrice d'Austria Sissi, che degustò un ottimo gelato alla violetta, Gabriele D'Annunzio che scrisse al Gambrinus i versi della canzone “A'vucchella”, Matilde Serao che fondò il quotidiano “Il Mattino” seduta proprio ai tavolini del caffè, Benedetto Croce che fece di Napoli la sua seconda città , lo scrittore irlandese Oscar Wilde che si recò nella città  partenopea con Lord Alfred Douglas dopo i tristi giorni di prigionia, Ernest Hemingway, il filosofo francese Jean-Paul Sartre che scrisse pensieri su Napoli ai tavolini del Gambrinus “davanti a una granita che guardavo malinconicamente mentre si scioglieva nella sua coppa di smalto” e tantissimi altri.

Sull'onda francese anche a Napoli verso la fine dell'Ottocento arrivò il Cafè Chantant o detto anche Caffè Concerto. Insieme al Salone Margherita, il Gambrinus fu uno dei ritrovi più frequentati dalla nobiltà  napoletana. Con il passare del tempo, nella versione napoletana del Cafè Chantant si andò a delineare e a definire la figura della “sciantosa”, personaggio principale del concerto (il termine deriva da una storpiatura della lingua napoletana della parola francese chanteuse che letteralmente significa “cantante”.

Il Gran Caffè Gambrinus prosperò fino al 1938 quando il prefetto Marziale ne ordinò la chiusura perché considerato luogo antifascista e da quel giorno i locali furono ceduti in parte al Banco di Napoli. Dei fasti che vide il Gambrinus, con questa scissione rimase solo il ricordo, imboccando una triste strada di decadenza. Agli inizi degli anni '70 Michele Sergio dà  inizio alla battaglia per recuperare i locali del Caffè situato nel cuore di Napoli. Grazie al lavoro minuzioso di restauro degli antichi stucchi e di recupero dei pregevoli affreschi, il Gran Caffè Gambrinus rinasce a nuovo splendore.

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