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Costume
"Revenge come uno stupro". La criminologa Cinzia Mammoliti ad Affari

Di Emanuele Silvestri

Le recenti pronunce giudiziarie delle Corti di Genova e Bologna in merito ai femminicidi commessi evidenziano come il diritto positivo italiano stia evolvendo verso un diritto più emotivo, che difficilmente sembra rinunciare allo strumento dell’attenuante per definire l’idoneità della persona al reato commesso. Un approccio che, però, non sembra essere riconosciuto dalla maggior parte dei cittadini e dai familiari delle stesse vittime, i quali si sentono inermi e spaesati di fronte a questa nuova sensibilità giudiziaria. Affaritaliani.it ne ha parlato con la criminologa Cinzia Mammoliti.

Il suo commento su quanto scaturito dalle sentenze delle Corti di Bologna e Genova in merito ai femminicidi commessi. La famosa “tempesta emotiva”

“Quello della “tempesta emotiva” è un concetto che riporta al dispositivo del nostro codice penale inerente gli stati emotivi passionali, che secondo il nostro legislatore non potrebbero né diminuire, né escludere l’imputabilità. Ciò a meno che non si concretizzino in un vero e proprio stato patologico, disarmante e ingestibile per chi lo vive, credo si intenda questo per “tempesta emotiva”, una situazione di temporanea “follia” determinata da una mescolanza di emozioni violente e incontrollabili. Come può accadere, per esempio, nel raptus, momento in cui il controllo degli istinti può essere precluso e condurre ad azioni violente e imprevedibili. E pensare che c'è chi ne nega l'esistenza…”

Lei si schiera contro o a favore dell’interpretazione giudiziaria di questi casi?

“Io tendo a non schierarmi, soprattutto laddove non conosco nello specifico i casi e non ho preso visione degli atti del procedimento. Sta di fatto che, per quanto  reputi parzialmente accoglibile  in specifici e sporadici casi, da valutarsi accuratamente da parte di periti iper qualificati, il concetto di “tempesta emotiva” come attenuante (ma non certo esimente dei reati omicidiari), lo stesso   potrebbe rivelarsi molto pericoloso laddove dovesse venire strumentalizzato da frange politiche sessiste e machiste o interpretato in accezioni sempre più estese a favore del reo”.

Il suo commento alla dichiarazione del premier Conte: “Femminicidio mai giustificabile o attenuabile”.

“Il termine “femminicidio” è oggi molto di moda e a mio avviso non ha alcun senso nella misura in cui questo neologismo, fuori luogo nella maggior parte dei casi che così vengono etichettati,  andrebbe a individuare quelle situazioni di morte violenta di donne (per mano prevalentemente del partner o dell'ex partner) a causa dell'appartenenza al genere femminile. L'autore di un femminicidio dovrebbe quindi, in base a tale interpretazione, essere un misogino incallito, che detestando le donne di default ne vorrebbe l'eliminazione fisica tout court. Io credo che le cose stiano molto diversamente.

L'ondata di omicidi che sta colpendo l’Italia in questo periodo costituisce un forte indicatore di uno stato di malessere e di malvagità, superficialità e mancanza di etica che si sta sempre più diffondendo. La cosa è ormai diventata endemica a livello di ordinamento. I crimini sono lo specchio di un malessere più generale e naturalmente non vanno mai giustificati.

Ciò non toglie che ogni tragedia relazionale che sfoci in un delitto abbia alla base centinaia di sfaccettature di cui dover tenere conto e da dovere analizzare e si dovrebbe prescindere, a mio avviso , dalla categorizzazione del carnefice come “femminicida” per fare un 'analisi più dettagliata delle cause di questa tragica caduta di valori che ha condotto a non dar più valore alla vita altrui, sia questa di donna, uomo, bambino o animale. La violenza imperversa sovrana, ovunque. Gli omicidi sono soltanto la punta di un mastodontico iceberg”.

Quali sono quindi le ragioni che stanno dietro a questi omicidi se escludiamo misoginia e appartenenza al genere femminile? Si può ridurre tutto ad una mancanza di rispetto nei confronti della donna?

“Mancanza di rispetto per se stessi, mancanza di rispetto per la donna e per la vita in genere, mancanza, come dicevo prima, di etica e valori. Ma c'è di più: un inspiegabile senso di smarrimento dell’uomo di fronte alla perdita e all’abbandono. Vi è poi l’impotenza, l’incapacità e l’immaturità di gestire gli stati emotivi. A volte questo è correlato a una oggettualizzazione della propria partner percepita non come compagna di vita ma come oggetto da possedere e controllare, come propaggine ed estensione del sé, come strumento per la soddisfazione dei propri bisogni. Quando questi molteplici ruoli al femminile iniziano a venire meno, certi uomini avvertono il terreno sbriciolarsi sotto i piedi ed è allora che rischiano il crollo, che li porta a condurre nel baratro anche la compagna o ex compagna che non risponde più alle iniziali aspettative”.

Pensa che sia giusto affrontare il tema della violenza sulle donne attraverso il riferimento ad un diritto casistico (quindi caso per caso)?

“In linea di massima sì, ma, come dicevo prima, gli omicidi, per quel che riguarda la violenza nella nostra società, rappresentano la punta di un iceberg laddove le ferite inferte al sistema identitario altrui, alla dignità, all'onore e al decoro sono di gran lunga più numerose e possono condurre a un vero e proprio omicidio dell’anima.  Un identikit di questi serial killer l'ho stilata diversi anni fa col mio primo libro, tra i pochissimi che trattassero il tema della violenza psicologica in Italia e a livello statistico questi soggetti (uomini e donne) superano di gran lunga gli assassini di donne. Il fatto è che mentre le statistiche ci danno numeri attendibili su quelle che sono le morti fisiche, una cifra oscura enorme riguarda tutte le situazioni di morte psicologica, di spegnimento dello spirito, depauperamento energetico e sofferenza emotiva che troviamo in tutti i contesti relazionali a causa di soggetti sadici e mentalmente crudeli che si divertono a procurare sofferenza agli altri. Numericamente parlando non si riesce a monitorare quella forma di violenza che porta all’omicidio dell’anima causando spesso malattie autoimmuni, cancri, depressioni, suicidi e altre conseguenze disastrose. E le garantisco che le vittime sono veramente migliaia e migliaia”.

In questi casi di violenza psicologica che ruolo gioca la componente emotiva del reo?

“La situazione qui è molto più delicata e molto meno misurabile in quanto gli artefici delle sofferenze emotive cui accennavo sono soggetti spesso privi di emotività, di empatia, sono incapaci di immedesimarsi, dunque negli altri e non provano né sensi di colpa, né rimorso per quello che fanno. Si tratta di soggetti spesso affetti da gravi disturbi della personalità che ne minano gravemente la capacità affettiva e appunto emotiva, con tutte le conseguenze e i danni che ne possono derivare, sicuramente non tragici e definitivi come nel caso della soppressione materiale di una vita, ma terribilmente subdoli e mortiferi nel lungo periodo per chi li subisce”.

Da criminologa esperta, pensa che ci sia qualche donna o esponente del mondo femminile che giustifica l’atto del suo compagno?

“Mi ha sconvolta il caso recente della donna che ha fatto massacrare la figlioletta dal compagno, difendendolo e dicendo che gli starà vicino e lo salverà. Uno dei molteplici esempi di connivenza e complicità nella violenza che ho sotto gli occhi quotidianamente e che crea un grande ostacolo alla lotta contro la violenza. La sindrome della crocerossina, la paura della solitudine e del giudizio degli altri, la paura delle ritorsioni e vendette da parte del compagno e della sua famiglia, nonché la mancanza di indipendenza economica e la vergogna per quello che si sta subendo, rappresentano enormi deterrenti alla denuncia e questo rappresenta un grosso problema proprio perché è la donna spesso a rendere difficile e ostacolare la protezione di se stessa e dei propri figli”. 

Quanto invece al fenomeno del “revenge porn” (condivisione pubblica di immagini pornografiche senza il consenso della protagonista) e al ddl proposto in occasione dello scandalo Giulia Sarti, pensa sia giusto normare questa tipologia di atti? O vale un sano principio di personale consapevolezza e responsabilità?

“Anche questo è un'ulteriore aspetto del degrado della nostra società. E’ un’indagine che io condurrei su due binari: intanto partirei con una valutazione sul grado di maturità e consapevolezza della vittima, sul grado di eventuale disagio, sul bisogno di accettazione e conferme. Come in certe scuole accade che per 5 euro le ragazze si diano al sesso orale. Questo sdoganamento del sesso così favorito e agevolato dai media e dalla mancanza di controllo da parte delle agenzie educative, sicuramente ha favorito uno  sfruttamento della pornografia che ha portato anche alla morte di ragazze e alla sofferenza di chissà quante altre che si muovono nella paura o sottostanno a ricatti emotivi. Ma al di là della valutazione sul grado di maturità o immaturità della vittima questa modalità io tenderei a punirla molto severamente, perché racchiude in sé un insieme di maltrattamenti veramente pesanti e gratuitamente crudeli : si tratta di un oltraggio alla dignità, al senso del pudore, alla riservatezza, alla privacy..... Anche se sappiamo che né la pena di morte (nei Paesi in cui è contemplata) né l'ergastolo costituiscano deterrenti alla commissione di reati io, comunque, proverei a prevedere pene molto pesanti. Si tratta di una delle modalità più subdole e cruente per rovinare la vita di una persona, quasi come uno stupro”.  

 

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    cinzia mammolitirevenge pornfemminicidioviolenza donnetempesta emotiva





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