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Cronache
25 aprile, Antifascismo? Valore fondante ma visto in chiave europea. Ossia...
Il presidente Mattarella all'Altare della Patria

A proposito del 25 aprile e dell'antifascismo

All’interno del dibattito pubblico che, quest’anno, si è infuocato intorno alle celebrazioni del 25 Aprile potrebbe insorgere da parte di qualcuno la tentazione di dimenticare, di assolvere o condannare tutti allo stesso modo, perfino di dire che le colpe degli uni bilanciano quelle degli altri e quindi nessun giudizio morale può essere pronunciato. Sarebbe un grave errore, e metterebbe fin dal principio su di un binario sbagliato lo sperato rinnovamento della vita politica nazionale. La nostra tesi è invece che l'antifascismo mantiene tutto il suo valore come fondamento morale della nostra Repubblica; il suo significato tuttavia deve essere ripensato profondamente per liberarlo dalle incrostazioni, mistificazioni e falsificazioni che in un passato recente lo hanno deformato.

Ripensare l'antifascismo significa al tempo stesso ripensare il fascismo. Nel fare questo credo bisogni assumere l'atteggiamento storiografico raccomandato da Benedetto Croce e ripreso, in tempi più recenti, da Augusto del Noce e da Renzo De Felice. Diceva Croce (la cui Storia d'Italia si ferma al 1914) che non avrebbe mai scritto la storia d'Italia sotto il fascismo, perché troppo coinvolto emotivamente in quegli eventi, ma che se mai l'avesse scritta l'avrebbe scritta senza dimenticare che sempre nella storia un male è pur variegato di un qualche bene, che non esistono fenomeni storici interamente e solo negativi e (potremmo aggiungere noi) un grande errore è per lo più anche la corruzione di qualche grande ed importante valore.

Augusto del Noce ha mostrato la genesi filosofica del fascismo nel pensiero di Giovanni Gentile. Tale pensiero è già tutto contenuto, in nuce, nelle due opere giovanili sulla Filosofia di Marx e su Rosmini e Gioberti. Gentile separa la dialettica rivoluzionaria ed atea di Marx dalla sua base sociale materialistica, e cioè dalla teoria delle classi sociali, e la collega piuttosto alla idea di nazione elaborata nella filosofia del Risorgimento italiano. La forza materiale che deve realizzare il rivolgimento rivoluzionario non è più, per lui, il proletariato, ma la nazione. In questo modo però i valori nazionali (esemplare la triade "Dio, Patria, Famiglia") per un verso vengono assunti, per un altro vengono svuotati dal'interno e ridotti a strumenti per la volontà di potenza della nazione. Essi divengono miti politici, con la funzione di incrementare la potenza dello stato, invece che autentici valori morali da perseguire anche a scapito della potenza dello stato, dai quali anche l'azione politica deriva la sua eticità perché valgono per se stessi. Valori affermati solo come miti politici vengono svuotati dall'interno, ridotti ad una funzione solo retorica, e poi traditi nella prassi. In questo il fascismo ha finito con il continuare quella tradizione retorica della cultura italiana che Gentile soprattutto voleva invece combattere.

La riforma gentiliana della dialettica di Marx ha incontrato il movimento di Mussolini che si allontanava dal socialismo marxista verso il nazionalismo. Benché lo sviluppo delle due personalità sia stato indipendente esse si rispecchiano così esattamente l'una nell'altra che è perfettamente comprensibile e condivisibile il giudizio di Ugo Spirito per cui Gentile è il filosofo del fascismo. Quando il fascismo è caduto la cultura italiana, egemonizzata dalla sinistra azionista e marxista, non ha voluto riconoscere le radici "di sinistra" , rivoluzionarie, del fascismo nella dialettica hegeliana e marxiana, dalle quali dipende anche il suo carattere totalitario. Essa, anzi, non ha voluto in alcun modo riconoscere l'inglobante totalitario comune di marxismo, comunismo e nazismo, e le loro comuni radici nella negazione della trascendenza che conduce alla affermazione di una religione secolare. Di conseguenza il nocciolo totalitario che il fascismo condivide con il comunismo non è stato sottoposto a critica mentre l'essenza del fascismo è stata individuata proprio in quegli elementi della tradizione risorgimentale e cattolica che il fascismo ha strumentalizzato. In altre parole: sono stati epurati Rosmini e Gioberti e con essi "Dio, Patria e Famiglia"(vero Schlein e Cirinna?). Portare oggi un giudizio sereno sul fascismo significa "sciogliere il fascio", emarginare rigorosamente il nocciolo totalitario, recuperare i valori della tradizione nazionale italiana che nel fascio erano rimasti prigionieri (cosa che in modo più preciso di Fini (a Fiuggi) sta facendo la Meloni da diversi anni) Il ripensamento del fascismo si estende, come è ovvio, anche all'antifascismo. Esiste un antifascismo cattolico, un antifascismo liberale e, più in generale, un antifascismo democratico in cui l'accento cade sul democratico, e il ripudio del fascismo è una conseguenza della scelta per i valori democratici e, prima di tutto, per la dignità ed i diritti della persona umana contro lo statalismo e ogni totalitarismo.

Esiste però anche un antifascismo comunista che ha opposto a un tipo di totalitarismo un altro tipo di totalitarismo che è stato egualmente sanguinario ed oppressivo. (gli slogan in quel periodo erano: “Facciamo come in Russia” o ” Adda venì Baffone”) I due tipi di antifascismo sono stati alleati fra loro, come era naturale e necessario, nel corso della resistenza. Si è trattato però di una alleanza politica che non poteva implicare nessuna convergenza filosofica, nessuna sintesi culturale superiore. La grandezza politica di De Gasperi è consistita nella esatta comprensione di questa verità filosofica, mentre proprio nella incapacità di comprenderla consiste l'errore primo di una parte della sinistra democristiana e dei catto-dem. Se si eleva la unità antifascista da formula politica contingente a formula metafisica, allora diventa inevitabile considerare il fascismo non come un male storico ma come il male assoluto; correlativamente si devono chiudere gli occhi davanti alla natura totalitaria del comunismo; e infine si deve accettare di bandire dalla cultura italiana gli elementi popolari-liberali, liberalconservatori e cattolico conservatori che il fascismo aveva strumentalizzato ma che rimangono in se stessi positivi e vitali.

La somma di questi tre elementi costituisce la "cultura progressista" nelle sue diverse varianti. Nella variante cattolica questa cultura implica la divisione inconciliabile dei cattolici in due campi: quello dei cattolici progressisti antifascisti e quello dei cattolici conservatori considerati come fascisti, e quindi la rottura del rapporto continuo di conservazione ed innovazione che segna organicamente la vita della Chiesa. Il mito della unità antifascista ha avuto inoltre la funzione di tenere sotto tutela un paese considerato democraticamente immaturo perché aveva accettato o subito il fascismo. A questa tutela si ribella oggi una nuova generazione e proprio questa ribellione spiega l'affermarsi del centro-destra che si forma sulla base delle condizioni della Italia di oggi senza un collegamento diretto con le opposizioni ideologiche che hanno determinato la seconda guerra mondiale. Si possono considerare Forza Italia, FdI (dopo Fiuggi) e la Lega come antifascisti? Certamente sì se si fa' riferimento all'antifascismo democratico che è stato l'ideologia di guerra delle democrazie occidentali contro fascismo e nazismo, e dal quale nasce anche la nuova Europa. E' indubbio invece che le forze del centrodestra non sono assimilabili alla ideologia della unità antifascista e nascono invece, almeno in parte, proprio come protesta contro il consociativismo che è il risultato della tutela che le forze del vecchio CLN hanno esercitato per tanto tempo sulla nostra democrazia. Quanto a FdI, la Meloni fa molto bene a perseguire con coraggio e determinazione l’opera di dissociare sistematicamente i valori liberal conservatori e cattolico conservatori dal nocciolo nichilista ed ateo proprio del fascismo: è questo il cammino per la costruzione di un centrodestra di governo democratico e popolare in Italia. La strada da percorrere non potrà che essere allora quella del patriottismo realista, sussidiario e costituzionale, ossia la difesa dell’interessa nazionale in Europa da portare avanti con intelligenza, consapevolezza e determinazione, ma senza strappi distruttivi e con una forte presenza riformatrice. E d’altra parte uno stare ben saldi nell’alleanza atlantica ma con la schiena dritta.

Infine per tutta la nazione l'antifascismo rimane come valore morale fondante, inteso però non nella forma italiana della unità antifascista ma in quella europea dell'antifascismo democratico, che implica l'opposizione a tutti i totalitarismi e quindi anche a quello comunista.

* Già Docente di Filosofia politica e Filosofia civile Università di Teramo

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