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Cronache
8 marzo, la storia delle donne è scritta con lacrime e sangue

Oggi, festa della donna, da adulta e meno impaurita dalle cose del mondo, combatto la menzogna, insopportabile sorella della patologia psichica, come prima ho affrontato le mie paure più profonde. Senza verità è difficile essere donne, ieri come oggi. Senza amore è impossibile trovare un senso, anche se mai nessuna si sentirà amata come vorrebbe, e questa è una vecchia storia di debiti e crediti affettivi, di disillusioni. Un copione femminile scritto, non volutamente, con lacrime e sangue. Si concentra in archetipi femminili che restano decodificabili, soprattutto da chi pratica la psicoanalisi.

Sovvertibili, a fatica, da chi possiede gli strumenti della “traduzione” dell’anima. Il copione del disprezzo femminile è scritto e si ripete nelle famiglie maschiliste. Si tramanda da una generazione femminile all’altra, all’insegna spesso dell’autoflagellazione. All’insegna, raramente, di una vera lotta personale per l’autonomia che parte subito, già nell’infanzia. Non è forse l’autoflagellazione femminile un tentativo di libertà malriuscito? Non è forse l’autolesionismo adolescenziale un rito d’iniziazione alla vita adulta che si vorrebbe conquistare? Pare che la storia delle donne che cercano la loro indipendenza, e che sono da tanto sulla strada dell’autonomia, sia stata scritta con lacrime e sangue, per farla germogliare dal dolore che si assopisce quasi sempre nelle ferite del cuore.

Pare che sia stata scritta la nostra storia femminile per poterla fissare nella memoria e nei pensieri, che si risveglia nella speranza di un futuro libero dalla dipendenza d’amore. Ma le ferite del cuore si rimarginano, e poi bruciano di nuovo se manca l’altro bramato. Le ferite si riaprono al sole. Bruciano. Il copione del dolore tutto al femminile quindi ecco che si ripete col masochismo. Soltanto la volontà di ferro delle donne riesce a sovvertirlo quando può averne coscienza, a spezzarlo per farlo fiorire felicemente. E quando la sofferenza fiorisce accade il miracolo della bellezza che prende forma nella donna irresistibile che può capitarci d’ammirare di colpo nel mondo.

Durante la mia vita adulta più volte mi sono chiesta perché l’autolesionismo è latente in ogni testa e corpo femminile. La risposta l’ho trovata nella radice feroce del disamore materno, nelle parole di una mia amica psicoanalista che un giorno mi ha detto: «Chi non ha potuto sentire l’amore della propria madre per la vita, spesso non riesce neppure a sentire il desiderio per l’esistenza, figuriamoci a trasmetterlo». È vero, in assenza di desiderio per la vita, l’autolesionismo diventa una “logica” conseguenza del disamore. La depressione materna genera una storia di depressioni, che rischia di tramandarsi da madre in figlia.

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