Abolire lo stipendo ai magistrati
A suo tempo, negli USA, al Presidente Monti dissero che gli investimenti in Italia non erano facilmente possibili a causa della incredibile lentezza della nostra giustizia. Lo scorso 28 marzo il N.Y. Times, parlando della cittadina americana Meredith scriveva “incappata erroneamente nella palude di un sistema legale italiano che non funziona”.
Ancora, dei 47 paesi europei, l’Italia è la maglia nera per non avere eseguito 2.569 sentenze emesse dalla Corte di Strasburgo circa le violazioni dei diritti subite dai nostri cittadini. Ora arriva la condanna per “trattamenti inumani” nelle nostre carceri.
Certo che nelle carceri la gente non entra da sola a stiparsi e quindi va cercata la responsabilità , laddove viene decisa la loro sorte penitenziaria. Specialmente per i troppi detenuti, troppo a lungo detenuti in attesa dell’inarrivabile giudizio. Si sa che arrivano al suicidio, ogni anno, più persone in galera di quante siano le settimane nell’anno solare.
Di fronte a tanta disperazione, la domanda è: perché non tornare alle nostre fondamenta della cultura greca? I magistrati, prima di Pericle, restavano in carica per un solo anno e soprattutto in maniera gratuita. Praticamente chiunque avrebbe il dovere di essere magistrato per un anno. Chi scegliere per questa funzione?
1. Persone fra quelle ingiustamente condannate,
2. fra chi, avendo agio di evadere le tasse, le abbia pagate per intero e per lunghi anni,
3. tra coloro che abbiano avuto parenti stretti sterminati dalla mafia,
4. tra chi abbia passato lunghi anni di volontariato all’estero, privi di stipendi e/o patrocini dalle nazioni unite.
5. Etc.. etc..
Sarebbe un enorme risparmio economico per la collettività ma, soprattutto, sarebbe una crescita democratica che farebbe della giustizia una opportunità etica anziché un triste mestiere. Chissà cosa penserebbe di tutto questo il povero Pietro D’Amico, neo suicida che ha lasciato la magistratura che, a suo dire, non l’ha meritato.
Guido Oldani
Tribunale della Poesia