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Cronache
Detenuti pestati. 52 misure cautelari ad agenti: "Li abbattiamo come vitelli"

Detenuti pestati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Indagati con ipotesi di reato di tortura, violenza privata e abuso di autorità. Le frasi sconcertanti dei poliziotti emerse dalle chat sui cellulari

"Li abbattiamo come vitelli" , "domate il bestiame", "quattro ore di inferno per loro", "non si è salvato nessuno", "il sistema Poggioreale", forse in riferimento a una metodologia di contenimento, sono alcune delle frasi choc trovate nelle chat presenti sui cellulari degli agenti della polizia penitenziaria coinvolti nell'indagine.

L'esecuzione da parte dei carabinieri di Caserta di 52 misure cautelari nei confronti di membri del corpo di polizia penitenziaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere, per i fatti del 6 aprile 2020, ha avuto luogo stamattina. Il 10 giugno dello scorso anno sono stati notificati 44 avvisi di garanzia ad altrettanti indagati, con ipotesi di reato per tortura, violenza privata e abuso di autorità. Le indagini partirono da articoli di stampa nati da racconti e foto dei detenuti picchiati raccolti tra i loro parenti dall'associazione Antigone e dal garante dei detenuti della Campania. Per Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania, misura cautelare interdittiva. 

La protesta tra i detenuti esplose dopo che il 5 aprile divenne noto che uno di loro, addetto alla distribuzione della spesa del reparto Nilo, si era ammalato di Covid. La notizia, alimentata dal malumore per l'interruzione dei colloqui, generò la reazione di almeno 150 detenuti che impossessatisi delle chiavi di 6 sezioni le occuparono, costringendo i poliziotti ad allontanarsi. La protesta era rientrata soltanto a notte fonda dopo la conferma da parte della direzione che sarebbero stati eseguiti i test per verificare il contagio.

Nei giorni successivi i garanti dei detenuti denunciarono violenze avvenute durante quelle ore, facendo partire l'indagine della Procura. Erano stati iscritti nel registro degli indagati 44 agenti, tra i reati contestati c'era anche quello di tortura; l'ipotesi era che fossero avvenuti dei pestaggi "punitivi" ad allarme ormai rientrato come rappresaglia nei confronti dei detenuti che avevano partecipato alla rivolta. Dopo gli avvisi di garanzia gli agenti protestarono salendo sul tetto del carcere.

 

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