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Cronache
Casalesi, rivelazioni figlio “Sandokan”. Rapporti tra politica, affari e clan

Ve li siete dimenticati!? I Casalesi esistono ancora tra scontri, scissioni, crepe e vendette, in una continua sostituzione dei vecchi gruppi con i nuovi. Ci ricordano che politica, imprenditoria e camorra viaggiano insieme in alcuni territori d'Italia che non sono affatto tutti collocati al sud. Emerge dai verbali dell'ex reggente del clan dei Casalesi Nicola Schiavone, in parte ancora coperti da omissis, che stanno dando una prospettiva diversa alle indagini degli inquirenti. Nicola Schiavone, primogenito della famiglia, ha guidato il clan dall’arresto del padre, Francesco “Sandokan” Schiavone avvenuto nel 1998, prima in una posizione defilata, poi da metà degli anni 2000 prendendone saldamente le redine. 

 

Questa estate, dopo otto anni di carcere e un primo ergastolo sulle spalle ha deciso di pentirsi con una lettera ai magistrati: “Fare questa vita non conviene più”. L'uomo è detentore di segreti inconfessabili e delle strategie che hanno portato il clan in ogni parte del mondo. I primi riscontri delle sue parole stanno emergendo su fatti relativi alla Campania, all'Emilia Romagna e a Malta.

A breve la voce dell'ex boss potrebbe incombere anche sul processo di appello agli ex vertici della coop Cpl Concordia, per la complessa inchiesta esplosa qualche anno fa sugli appalti per la metanizzazione in Campania e nell’Aversano. In primo grado i vertici della coop, i politici e il grosso degli imprenditori coinvolti sono stati assolti dagli addebiti come, chi lo era, dall'accusa di essere stato favorito dai Casalesi per ottenere le commesse. Ma i magistrati insistono, in questi giorni è partito il processo d'appello. Gli accusati e la coop si sono sempre detti ligi ai valori sociali della trasparenza e distanti da contatti con i Casalesi.

 

I clan campani hanno stigmatizzato come potere e impresa chiedano sempre prove disumane a chi ha costruito la sua ascesa dal fango e dal sangue. Anche quando ti penti, come ha fatto Nicola Schiavone. “È la scelta di una vita di solitudine”, c'era scritto sul mantello nero di uno dei personaggi raffigurati su un quadro ritrovati nel bunker in cui è stato arrestato nel 2010. Lo stesso refrain trovato nel covo del padre, dove vi erano dipinti Napoleone Bonaparte ritratto di spalle e Gesù Cristo ma con le sembianze del boss. 

 

In questa epica al tempo stessa potente e plebea arrivano le prime conferme che gli inquirenti sospettavano. Il mega shopping center Jambo1 a Trentola Ducenta in provincia di Caserta sarebbe una creatura del boss Michele Zagaria, il patron del cemento ed ex sottoposto di “Sandokan”. Il nome deriva da un saluto in lingua Swahili. “Jambo!” è la parola con cui si accolgono i visitatori in alcune zone dell’Africa orientale, dal Kenia alla Tanzania. 

Con 100 negozi, Jambo1 è uno dei più grandi centri dell'intera Campania. Sequestrato nell’ambito di un’operazione contro il clan dei Casalesi, secondo gli inquirenti era riconducibile al boss Michele Zagaria per un valore di 60 milioni di euro. 

 

Nicola Schiavone ha accusato l'imprenditore Sandro Falco e l’ex sindaco di Trentola Ducenta, Michele Griffo, di essere in affari col clan così come Michele Zagaria di tradimento. “Quando mi accorsi che Michele Zagaria non onorava più i patti in relazione alla quota che doveva versare alla cassa comune iniziai a prendere in considerazione l’ipotesi di ucciderlo”. Siamo a settembre del 2008. Schiavone jr è a piede libero, Zagaria è invece latitante da più di un decennio. Così lo cerca. Un uomo di Zagaria entrato in conflitto col boss del cemento, per uno sgarro nella gestione del “lotto nero” (il lotto della camorra), Giacomo Capoluongo, decide di aiutarlo. “Giacomo Capoluongo collaborava con me per cercare di rintracciare l’abitazione in cui si nascondeva Zagaria e mi fece i nomi dei coniugi che lo nascondevano”. Non lo trovano. Zagaria verrà arrestato successivamente. I coniugi davvero lo stavano ospitando e uno dei due alla fine tradisce il boss.

A detta di Nicola Schiavone esisteva un legame d’affari tra l'imprenditore Sandro Falco, Campoluongo e Zagaria. I costruttori del centro commerciale erano uomini di Zagaria. Falco nega, per lui Schiavone dice il falso.

Ma anche l'ampliamento della superficie del parco commerciale di Jambo è oggetto degli inquirenti. Più volte lo svincolo è stato definito dalle autorità pericoloso ma serviva a far transitare forzatamente i passanti davanti agli ingressi del centro commerciale. Le buste d’offerta in occasione della gara d’appalto erano conosciute in anticipo da Michele Zagaria. 

“Era noto a tutti che Sandro Falco usava Michele Zagaria per ampliare il centro e anche per lo svincolo della superstrada che fu costruito nell’area del Jambo”, spiega Schiavone. “Queste agevolazioni Falco le otteneva anche grazie al rapporto con Michele Griffo che all’epoca era sindaco”.

 

“Falco (l'imprenditore, ndr) ci dava una quota per la cassa generale dei Casalesi di 60.000 euro l'anno, in tre tranche. In questo modo, Zagaria si metteva a posto con gli altri gruppi”, spiega Nicola Schiavone.

I segreti del figlio del boss sono nelle mani dei magistrati e potrebbero a breve, nel caso il pentito rivelasse tutto quello che sa, generare uno scossone aprendo scenari imprevisti.

Dopo il suo pentimento la famiglia Schiavone si è spaccata in due. Una parte lo ha seguito, l'altra invece non ne ha voluto sapere. Hanno aderito al programma di protezione Giuseppina Nappa (la maestra, moglie di “Sandokan” e madre dei suoi sette figli, la stessa donna che, quando dal carcere il boss le scrisse di portare via i figli da Casal di Principe, si rifiutò di lasciare la cittadina) la moglie e i figli di Nicola e Angela Schiavone figlia di “Sandokan”. Il marito di quest'ultima invece non ha accettato: resterà dove si trova insieme al fratello della moglie, Ivanohe, l'unico che risiede a Casal di Principe. Gli altri Schiavone, chi in carcere chi al confino, restano lontani dalla strada di Nicola.

Ma questa ormai è cronaca.

 

Il centro commerciale Jambo1 è stato messo sotto sequestro nel 2015. La Cis Meridionale srl, società proprietaria del centro commerciale è un’azienda attualmente gestita dallo Stato, sottoposta alle direttive del Tribunale di Napoli e della Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).

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