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Cronache
Cecchettin, la violenza in aumento e il difficile rapporto genitori-figli
Giulia Cecchettin

La violenza contro le donne sta diventando un fenomeno sempre più diffuso tra i giovanissimi. Il commento 

Il femminicidio di Giulia ha suscitato una grande empatia nell’opinione pubblica, in quanto partito dalla notizia della scomparsa di due giovani, tramutatasi poi in un epilogo che, purtroppo, a mio parere, era già scritto, l’unica variante poteva essere il suicidio dell’assassino. Ciò che abbiamo saputo fin dall’inizio sulla fine della relazione alla quale Filippo non voleva rassegnarsi era assolutamente un indicatore che la tragedia fosse dietro l’angolo. E così è stato. Detto ciò, da psichiatra, occorre andare oltre e partire dal caso specifico per giungere a un discorso generale che serva a interrogare la società e il legislatore per mettere in campo azioni concrete, e non di facciata, che possano arginare il fenomeno. Occorre, dunque, una vasta campagna di educazione globale alla affettività. Oggi abbiamo in genere una figura di padre molto sbiadito. Altro che patriarcato! La figura della madre oggi è molto presente, molto accudente, è quella che cerca di risolvere tutti i problemi. E quando si va fuori, nel palcoscenico del mondo, la realtà è molto diversa: impera una terribile dilatazione dell’io in cui l’altro da sé non viene accettato. Dietro non c’è tanto un problema culturale, quanto un’emergenza educativa, genitoriale.

Certo la scuola, la società, i social incidono, ma ciò che è entrato in crisi è il modello genitoriale. Oggi i genitori trasmettono di meno i sentimenti, la capacità di gestire emozioni e relazioni. E il prodotto finale è che i figli hanno una grande intolleranza alla frustrazione. Oggi tutti non tollerano alcun tipo di frustrazione. Perché i ragazzi non sono stati abituati ai “no” dentro casa. Dire “no” è faticoso, genera conflitto, più facile acconsentire. Poi c’è l’aspetto del discontrollo della impulsività. Nei giovani è particolarmente drammatico perché tutto è accelerato.

Un tempo c’era uno spazio tra dichiarazione, azione e reazione. Adesso è tutto un botta e risposta. Su Fb, su altri canali social, non c’è più uno spazio mentale per il pensiero, la riflessione sulle conseguenze. C’è una sorta di incapacità al differimento. Anche rispetto alle decisioni che necessitano di un tempo. Qualsiasi misura di sostegno psicologico va bene. Però non è lo psicologo – seppur utilissimo – che risolverà il problema. Lo psicologo è un correttivo. La base di partenza è quella dei genitori. Il nucleo familiare esisteva forte fino a qualche decennio fa. Quando si era a casa, vi erano momenti di condivisione, senza lo smartphone che separa le persone anche durante quei pochissimi momenti di vita conviviale, di contatto, che sono rimasti nelle famiglie. In ultimo, non si può non considerare il fattore rabbia.

Oggi gira tanta, troppa rabbia. Questo tempo ha generato tantissima rabbia. I giornali, la politica, la Tv, i social, tutti ti educano alla rabbia, mentre è cancellato il senso di colpa sul male, fondamento essenziale della cultura cristiana. Cosa va di più sui social? Il gesto estremo, pensando che tanto poi come nei videogames, c’è un’altra vita. Si può ricominciare daccapo. Ma uscendo dai social, c’è la realtà, non l’azione virtuale. Tutto questo è una miscela esplosiva per ciascuno di noi. I giovani sono più sensibili, più immediati degli adulti, e quindi più a rischio, a causa della loro giovanile impulsività.

Leggi anche: Giulia, allarme inascoltato: non ci fu intervento dopo la chiamata al 112

Articolo a cura di Carlo Ciccioli, psichiatra

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