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Cronache
Coronavirus, cosa ci insegna? Stop alla distruzione del pianeta e...

Non c'è dubbio che questa epidemia cambierà il corso della Storia del Mortale interrompendo la folle corsa verso il suicidio collettivo, verso la distruzione del pianeta. Un destino inevitabile perché la Tecno-Scienza non sembra disporre del tempo necessario per implementare le necessarie riparazioni prima del collasso irreversibile dell’equilibrio ecologico. 

Sembrano scarseggiare le risorse finanziare per le indispensabili e costose attività di manutenzione del Pianeta. Il Capitalismo non riesce ad uscire dalla propria infanzia perché è dominato dal demone del liberalismo, un avatar di Siva che danza sulle note dionisiache del laissez nou faire. Sono i trionfi della Tecnica a dettare il ritmo ebbro del Capitalismo senza regole che è convinto di poter conquistare il mondo.

Circa 50 anni fa ho vissuto per qualche mese con una tribù nel folto dell'Amazzonia per curare un tumore al cervello con la medicina naturale degli indiani. Anni dopo il brujo mi è apparso in sogno per chiedermi: “sei ancora figlio della hajahuasca?” Mi concederete dunque che, dopo essere guarito – ma forse non ero stato mai malato –, io non sia riuscito crescere completamente greco e razionale: sono rimasto un po' fuori di testa, fuori norma. Questa posizione esotica, in bilico tra il mistico e il mitico, ha un innegabile vantaggio: da qui si riesce a vedere la Terra come un organismo vivente, la si sente respirare. 

Da qui si riesce a sentire la sua voce allarmata che con il virus scandisce il perentorio invito a cambiare il modo con cui abitiamo il Pianeta, ad abbandonare la logica del Capitalismo liberista. E’ urgente il progetto di come salvare il Pianeta dominato dall’io occidentale; un “io” costretto dalla logica del Capitale al consumo compulsivo in un presente continuo dove tutto è qui e subito. 

(Ci troviamo in questa situazione dopo aver percorso il Sentiero della Notte ovvero la via di fuga dall’angoscia del possibile incontro con l’Altro, aperta nella Grecia Classica. Una via che Occidente ha imboccato senza pensarci due volte, attratto dal fascino discreto del Dio creatore. Un Dio a cui è del tutto naturale affidare il ‘senso’ del nostro dolore, senza però toglierci il gusto greve e acido di bestemmiarlo, come fa anche il Figlio: Elì, Elì lema sabactani?)

Il messaggio del Corona Virus si legge nella dimensione planetaria della sua diffusione: dato che abitiamo tutti allo stesso indirizzo, nessuno può salvarsi da solo. 

L’imperativo categorico del messaggio, se ascoltato con la ‘tonalità emotiva’ femminile, è quello della Fratellanza (oggi si chiama Solidarietà); se ascoltato da orecchio maschile è Uguaglianza: deve essere uguale per tutti il divieto di mangiare carne di animali selvatici perché questi trasmettono il virus.

Ma questo implica un’educazione omogenea tra continenti, culture, paesi, villaggi. A livello di massa, la Cultura e la Capacità di consumo sono positivamente correlate ed è pertanto necessario aumentare i consumi ovvero la “qualità della vita” di tutti coloro che, ai margini della civiltà “sanificata”, mangiano animali selvatici. (Lo scambio è analogo a quello tra taxation e representation.)

Ma nella fibra stessa di Uguaglianza sta il senso di Comunità; l’essenza della comunità può apparire soltanto nel tramonto della individualità; un tramonto che fa scivolare nell’oscurità i variopinti e sempre rinnovati bisogni inautentici che il Capitale ha tutti convinto essere necessari per l’individuo, utili per ogni persona.

La nostra coscienza collettiva deve crescere fino ad invadere ogni soggettività con la persuasione che la Terra può essere soltanto fruita e deve essere consegnata integra, o comunque riparabile, alle generazioni future. Il Corona Virus appare col compito di farci intendere che la Terra non può essere utilizzata.

Dall’uti al frui, come già anni fa segnalava Cacciari, questo è il programma che porterà il Capitale ad oltrepassare la sua fase infantile per entrare nella maturità del Socialismo Umanista, l’ultimo passo prima di essere definitivamente, e necessariamente, sussunto alla Tecnica.

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