Covid, la normativa emergenziale e i pericoli per la giustizia - Affaritaliani.it

Cronache

Covid, la normativa emergenziale e i pericoli per la giustizia

di Vinicio Nardo*

Il momento è delicato, il timore è che si allentino alcuni freni inibitori mentre sono al lavoro le commissioni delegate a tradurre in norme i contenuti delle deleghe di riforma civile e penale. Occorrerà sapienza ed equilibrio per non sacrificare il giusto processo sull’altare della velocità e imboccando le scorciatoie del periodo emergenziale. Non va intaccata la pienezza del contraddittorio, anche nel secondo grado di merito. La ragionevole durata del processo potrà essere raggiunta piuttosto con nuovi modelli gestionali e piattaforme digitali finalmente ispirate alla modernità e non al modernariato.

Sono concetti più volte ripetuti dalla Ministra Cartabia, da ultimo pochi giorni fa in Senato, quando ha spiegato che la digitalizzazione non si esaurisce nella “dematerializzazione delle carte” poiché prevede piattaforme tecnologiche nuove. Ma non basta. È anche necessario che si ponga fine al federalismo digitale, fenomeno per cui ogni processo ha la sua piattaforma, affidata alla gelosa quanto imperfetta custodia di Ministeri diversi. Occorre, invece, che la digitalizzazione della giustizia venga integrata in quella della Pubblica Amministrazione del Paese. Un obiettivo fondamentale del PNRR la cui attuazione è affidata al Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

L’Europa ci guarda e ci è entrata in casa con il piano sul Recovery. Lo ritengo positivo. Milano è abituata al confronto e alla competizione. Una nuova occasione sarà l’avvio della sede locale del T.U.B. (Tribunale Unificato dei Brevetti). Superato il problema giuridico che bloccava l’adesione al Trattato della Germania e con, notizia recentissima, l’adesione dell’Austria, siamo veramente a un passo dalla partenza. Una ventata di entusiasmo che ci rinvigorisce e rafforza nella richiesta al Governo di non lesinare energie nell’impegno volto ad assicurare a Milano la Sezione distaccata della Corte che ha lasciato Londra dopo la Brexit.

Non si può chiudere il tema riforme senza parlare dell’ordinamento giudiziario e fingendo di ignorare il disorientamento provocato dalle ultime decisioni della giustizia amministrativa che hanno decapitato il vertice della Corte di Cassazione. Difficile pensare che sia solo un problema di regolamento di confini, e non di mutati rapporti di forza per la crisi dell’organo di governo della magistratura. Non disponiamo di ricette miracolose, né desideriamo che la tradizione culturale delle correnti vada buttata via con l’acqua sporca delle scelte operate per appartenenza. Riteniamo però che la malattia si chiami chiusura e che la cura si chiami ventilazione.