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Cronache
Da Genova a Rio de Janeiro si versano lacrime di coccodrillo
LaPresse

Partito dall'Italia, mentre ancora si scavava tra le macerie del ponte Morandi, rientro dal Brasile, un paio di settimane dopo, che sono ancora calde le ceneri del Museo Nazionale di Rio de Janeiro, il più importante in assoluto tra i musei di archeologia e antropologia dell’America Latina con la quinta raccolta più vasta del mondo. Tra le opere perdute anche una serie di affreschi provenienti da Pompei e sopravvissuti a ben altre catastrofi. Viaggio spesso per lavoro, quasi un migrante pendolare, tra Italia e Brasile ma forse non è un caso che la mia ultima trasferta sia stata segnata da questi due eventi tanto drammatici, pur nella loro diversità, quanto prevedibili.

Non è un caso perché le tragedie di questo tipo, nei due Paesi, si susseguono periodicamente legando queste due sponde dell'Oceano Atlantico in una maniera più stringente di quanto non lo faccia la Storia con il ricordo dei viaggi di Amerigo Vespucci e dei milioni di Italiani migrati verso il Brasile tra fine Ottocento e metà Novecento rendendo San Paolo la città italiana più grande del mondo. Non è un caso perché in entrambe le vicende è evidente l'incuria, il disprezzo per la tutela. In un caso, ed in questa occasione, per le infrastrutture ed il territorio, nell'altro per la cultura sacrificando ora vite umane ora la memoria di una nazione tramandata da preziosi reperti e opere d'arte. Il ponte progettato da Morandi è crollato portandosi dietro decine di studi e perizie, tutte rimaste su carta e pressoché inascoltate; il Museo di Rio è bruciato perché mancavano i più elementari presidi antincendio dato che lo stanziamento finanziario per la sua gestione e manutenzione ammontava a 14.000 reais, neanche 3.000 euro mensili. Infrastrutture e cultura sono l'emblema del progresso e dello sviluppo di una civiltà e di una nazione. In Italia e in Brasile sono invece temi marginali che difficilmente entrano nelle agende economiche dei governi, sicuramente non la cultura ma raramente anche le infrastrutture a meno che non rappresentino fonte di lucro per qualcuno. Il risultato è che, periodicamente, finiscono sotto le macerie donne, uomini, case, edifici, opere d'arte. Ormai sono anni, decenni, che assistiamo allo sgretolamento del patrimonio culturale, e paesaggistico, dell'Italia e, in parallelo, del Brasile. Basti pensare alle devastazioni ambientali e ai continui crolli, di qua e di là dell'Atlantico.

Ricordo innumerevoli lettere aperte e "manifesti", tutti puntualmente inascoltati così come gli studi e le analisi sul dissesto del territorio. Mancano fondi per il restauro e si continua a consumare territorio erodendolo per poi lamentarsi quando frana; si investe sull'Alta Velocità ma si declassa la mobilità ferroviaria locale; si reitera la favola del ponte sullo Stretto di Messina quando siamo incapaci di tener su un ponte sul più piccolo dei torrenti. In realtà non è mai troppo tardi, non lo è per la politica di qualsiasi segno e colore perché la civiltà di una nazione dovrebbe essere un bene condiviso, non lo è per chiunque di noi. Nel mio piccolo, nel leggere ieri l'appello promosso dall'associazione degli architetti brasiliani per mobilitare le coscienze sul disastro di Rio, voglio chiudere questa breve lettera con una proposta aperta al Ministro della Cultura e ai Musei Italiani che possiedono nelle loro collezioni reperti e opere provenienti dal Brasile. Penso, tra gli altri, al Museo di Antropologia di Firenze che espone parte della Wunderkammer dei Medici, e al Museo Etnografico Pigorini di Roma: che valutino la disponibilità a realizzare una esposizione temporanea tra le rovine del Museo o nella Quinta de Boa Vista, il grande parco antistante in cui, due Paesi così lontani potrebbero sentirsi uniti e vicini su ciò che di buono si può fare e non solo per le catastrofi che li accomunano.

* Daniele Lauria Nel 1995 si laurea presso la Facoltà di Architettura di Firenze; dal 1996 al 1998 prende parte alla redazione dei piani di recupero edilizio e urbano del capoluogo toscano coordinati, rispettivamente, da Renzo Piano e Leonardo Benevolo. Nel 1999 apre lo Studio Lauria e si specializza in progetti di restauro e riuso di edifici storici tra i quali si citano l’ex convento fiorentino di Santa Maria Maggiore e, più recentemente, l'edificio delle Pagliere Reali su incarico delle Gallerie degli Uffizi. Dal 2009 allarga progressivamente le proprie attività in Brasile, Cile, Colombia e Perù con progetti ispirati ai temi della sostenibilità. Dal 2006 al 2010 dirige il Festival della Creatività di Firenze e nel 2011 il Festival d’Europa, promosso dalle principali Istituzioni europee. Tra le conferenze, tenute in varie città europee e sudamericane, segnaliamo la recente partecipazione ad “About a City”, evento organizzato a Milano dalla Fondazione Feltrinelli, e alla Sao Paulo Design Week.

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