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Cronache
Di Matteo lascia la Procura di Palermo e va in Dna. Cronistoria di 18 anni

IL PM NINO DI MATTEO LASCIA LA PROCURA DI PALERMO E VA ALLA DNA

Dopo 18 anni Antonino Di Matteo lascia la Procura di Palermo ma non vuole rilasciare commenti "a caldo". Domani sara' il giorno giusto. Giorno di "stato mafia" al bunker dell'Ucciardone di Palermo, il processo che - anche dopo la decisione odierna del Plenum del Csm - il pm continuera' a seguire anche da "aggiunto" della Direzione nazionale antimafia. Posto che il pm ottiene per concorso dopo che - l'ultima volta il 7 novembre scorso - rifiuto' il trasferimento per motivi di sicurezza. "Accettare una procedura straordinaria di trasferimento - aveva detto il pm - connessa a ragioni di sicurezza costituirebbe un segnale di resa personale e istituzionale che non intendo dare. La mia aspirazione professionale - ha aggiunto il magistrato palermitano- di andare alla Direzione nazionale antimafia si realizzera' solo se e quando venissi nominato a seguito di una normale procedura concorsuale". Un progetto che oggi si realizza ma diverra' operativo tra un paio di mesi.

CHE COSA SUCCEDE AL PROCESSO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA?

Di Matteo - assieme a Vittorio Teresi e ai sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene sostiene l'accusa nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia - e' la "memoria storica" del processo sulla cosiddetta "trattativa" tra Stato e mafia in cui sono imputati boss e rappresentanti istituzionali accusati di "attentato al corpo politico dello Stato". Prima - nel 2013 - le dichiarazioni "in liberta'" contro il pm Nino Di Matteo del boss dei boss Toto' Riina, rinchiuso al 41 bis. Poi le rivelazioni di un rampollo di mafia, e neo pentito, Vito Galatolo, figlio del boss dell'Acquasanta, Vincenzo. Che hanno fatto scattare le misure eccezionali di protezione per il sostituto palermitano Nino Di Matteo, la "personalita'" piu' protetta, d'Italia, al pari del presidente del Consiglio: 9 carabinieri del Gis, 4 suv blindati di cui uno dotato di bomb Jammer (un dispositivo capace di inibire i telecomandi a distanza). "Di questo processo, questo pubblico ministero di questo processo, che mi sta facendo uscire pazzo, per dire, come non ti verrei ad ammazzare a te, come non te la farei venire a pescare, a prendere tonni. Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono. Ancora ci insisti? Minchia.... perche' me lo sono tolto il vizio? Me lo toglierei il vizio? Inizierei domani mattina". E' il boss dei boss Salvatore Riina che, videoripreso neo' carcere di Milano Opera si scaglia contro il pm Nino Di Matteo, l'anima storica del processo sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, che lo fa "impazzire". Riina parla durante l'ora d'aria. E' il 26 ottobre 2013 e tutte le intercettazioni confluiscono proprio nel processo che si celebra nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.

DA RIINA AL BOMB JAMMER FINO ALLE TELEFONATE DI NAPOLITANO: I 18 ANNI DI DI MATTEO A PALERMO

"Questo Di Matteo, questo disonorato, questo prende pure il presidente della Repubblica" (Giorgio Napolitano, ndr) - ... Io penso che lui la paghera' pure... lo sapete come gli finisce a questo la carriera? Come gliel'hanno fatta finiere a quello palermitano, a quello il pubblico ministero palermitano... Scaglione. A questo gli finisce lo stesso". In uno dei primi colloqui intercettati durante l'ora di socialita' - il 17 ottobre 2013 - il boss di Corleone dice (riferendosi alla stagione delle stragi):... "poi saltano in aria quando gli succede quello che gli e' successo.... che saltano in aria... perche' saltate in aria... statevi zitti". Ma Riina, aggiornato in tempo (quasi reale) da Lorusso, apprende della richiesta di testimonianza da parte dei pm di Palermo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al processo sulla trattativa. Lorusso lo informa che le tv rilanciano le dichiarazioni del vice presidente del Csm (Vietti) e di altri politici che ritengono che il capo dello Stato non debba testimoniare. Riina approva: "fanno bene, fanno bene... ci danno una mazzzata... ci vuole una mazzata nelle corna... a questo pubblico ministero di Palermo". Poi ancora Riina sul pm Di Matteo: "Di piu' per questo, per questo signore che era a Caltanissetta, questo che non sa che cosa deve fare prima. E' un disgraziato... minchia e' intrigante, minchia, questo vorrebbe mettere a tutti, a tutti, vorrebbe mettere mani... ci mette la parola in bocca atutti, ma non prende niente, non prende..." Il 16 novembre del 2014 Riina punta di nuovo il pm palermitano: : "vedi, vedi, si mette la' davanti, guarda cosi'... mi guarda, guarda con gli occhi puntati cosi' e io pure... ta' ta' (mima un gesto) a me non mi intimorisce, a me paura..." E poi il proposito di morte, rivolgendosi a Lorusso: "Ed allora organizziamola questa cosa! Facciamola grossa e dico e non ne parliamo piu' (Riina - annotano gli investigatori della Dia nella trascrizione del dialogo video intecettato - esce la mano sinistra dal cappotto e gesticonando mima il gesto di fare in fretta)... perche' questo Di Matteo non se ne va, ci hanno chiesto di rinforzare, gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile... ad ucciderlo... una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari... E Riina prosegue anche il 18 novembre: ? "incominciamo da Di Matteo, perche' in questi giorni Di Matteo, Di Matteo, perche' Di Matteo tutte, tutte, tutte le cose le "impupa" lui (le crea lui).

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di matteonino di matteoprocura palermotrattativa stato mafia
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