L'analisi/ Bergoglio e i poveri: teologia di un'opzione preferenziale
di Antonino D'Anna

Il Papa che si è chiamato come il Poverello d'Assisi onora il suo nome. Non sono passati che pochi giorni dalla sua straordinaria denuncia contro la società dello scarto, quando nel corso dell'Udienza generale del mercoledì 5 giugno ha alzato la voce dicendo: “La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare (...). Questa cultura dello scarto ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari (...) Il consumismo ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale talvolta non siamo più in grado di dare il giusto valore, che va ben al di là dei meri parametri economici. Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame!”. Parole dure e che invitano a riflettere (nello scarto non è difficile vedere anche un accenno ad aborto ed eutanasia), ma figlie del modo di essere di Jorge Mario Bergoglio. Un uomo che da sempre ha coltivato una sorta di “opzione preferenziale per i poveri”, per dirla con la temutissima teologia della liberazione che imperversò nella sua Argentina e più in generale in America Latina negli anni '70-'80.
LA TEOLOGIA DEGLI ULTIMI- Papa Francesco è da sempre in prima linea per gli ultimi e i deboli. E ne parla spesso. Lo fa nel 2009 quando il futuro Francesco parla al Seminario di Politiche Pubbliche organizzato dalla Scuola di Specializzazione Ciudad Argentina (EPOCA), l'Università del Salvador (USAL), e l'Università Carlo III di Madrid. Bergoglio chiede una risposta etica per risolvere la questione sociale in Argentina: anche l'estrema povertà, dice Bergoglio, e “le strutture economiche ingiuste che danno vita a grandi disuguaglianze” sono piaghe esattamente come il terrorismo, la repressione e gli attentati: violano tutti i diritti umani. Questo, per l'allora arcivescovo di Buenos Aires, diventa ancora più colpevole in una nazione che ha la possibilità e condizioni ogettive “per evitare o correggere tali danni, ma che sembra biasimevolmente scegliere di aggravare ancora una volta le disuguaglianze”. Una presa di posizione sferzante e perfettamente in continuità con l'idea di “società del rifiuto” denunciata in San Pietro nei giorni scorsi. Con una precisazione: nell'intervento del 2009 il futuro Papa sottolinea che tutti gli argentini devono interessanti alla questione sociale: “Non possiamo rispondere con verità alla sfida di sradicare l'esclusione e la povertà se i poveri continuano a essere oggetti, destinatari dell'azione dello Stato e di altre organizzazioni con un senso paternalista e assistenzialista, e non come soggetti verso i quali lo Stato e la società creano le condizioni sociali che promuovano e tutelino i loro diritti e permettano loro d'essere costruttori del loro proprio destino”.
SARA' UN PAPA SOCIALE- In quell'intervento del 2009 Bergoglio prende posizione con forza, dicendo peraltro che la questione sociale interpella “tutti gli attori sociali, in particolare lo Stato, la dirigenza politica, il capitale finanziario, gli imprenditori industriali e agricoli, sindacati, Chiesa e altre organizzazioni sociali”. Praticamente c'è dentro un'enciclica, forse quella “Beati Pauperes!” anticipata dal Vescovo di Molfetta monsignor Luigi Manzella al termine della visita ad limina del maggio scorso in Vaticano e poi immediatamente smentita dal portavoce della Santa Sede padre Federico Lombardi. Non uno sterile appello – quasi convenzionale – all'impegno per i poveri, ma una sorta di vera e propria roadmap per sconfiggere la povertà. Il Papa non compatisce i poveri, ma vuole che ce ne siano sempre meno grazie a una società più giusta. Povero sì, insomma, ma non pauperista, questo Francesco.
CONTINUITA' CON RATZINGER- Insomma, si conferma una sostanziale linea di continuità. Del resto basta leggere l'enciclica Caritas in Veritate del 2009 scritta da Benedetto XVI, paragrafo 34, per leggere parole simili a quelle pronunciate da Francesco. Eccole: “La convinzione poi della esigenza di autonomia dell'economia, che non deve accettare “influenze” di carattere morale, ha spinto l'uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo. A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano”. Gli scarti, appunto.