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Cronache
Mafia, parroco: "Don Ciotti faccia il prete. Vedo un boss, è il mio compito"

 Mafia, un parroco: "Ciotti faccia il prete. Vedo boss, è mio compito" 

Un post su Facebook scatena un dibattito sui rapporti tra la chiesa, la mafia e i mafiosi. "Io, al posto di Ciotti, preferirei fare il prete invece di andare in giro a fare il politico". A scrivere e' un prete di Castellammare del Golfo (Trapani), che tra i commenti sulla piattaforma online ha raccolto anche un'ampia nota dall'associazione Libera. Si tratta di don Michele Crociata, parroco in quiescenza e cappellano del Sacro militare Ordine costantiniano di San Giorgio. Il post e' comparso lo scorso 7 febbraio, nei giorni in cui a Oderzo (Treviso) a don Luigi Ciotti non veniva concesso il teatro comunale per un incontro pubblico sui temi della mafia. "Se per tanto, troppo tempo, e forse ancora oggi, la mafia ha potuto proliferare e radicarsi in maniera cosi' perversa forse e' anche grazie ai tanti don Michele Crociata", replica Libera. Ma il prete non si... pente. E rilancia. Di piu': all'AGI rivela di incontrare un boss del Trapanese agli arresti domiciliari, di cui fa il nome, Mariano Saracino, per provare a cambiarlo, perche' questa missione, quella di convertire tutti, soprattutto i piu' lontani, spiega, e' il suo compito, e' il compito della Chiesa. "Io, al posto di Ciotti - ribadisce al cronista - preferirei fare il prete invece di andare in giro a fare il politico. Unicuique suum'? Ho espresso un mio convincimento anche perche' nel codice non esistono i clerici vaganti, noi ci rapportiamo con il vescovo e con lui decidiamo cosa fare. Io non sono giudice del mio prossimo, quelli di Libera hanno una mentalita' e una cultura di tipo giacobino e demonizzano tutti quelli che la pensano diversamente. Ciotti non fa nulla di brutto, di cattivo, ma io penso che un prete deve svolgere altro". Ma perche' sarebbe cosi' sbagliato andare in giro a fare politica? "Perche' ognuno - risponde il sacerdote - deve fare cio' per cui svolge una missione. Noi ecclesiastici rispondiamo ai dettami della chiesa, la politica risponde al sentire comune. un prete non puo' andare in giro per l'Italia facendo politica. Deve invece operare nella propria diocesi come cooperatore del suo vescovo. Cio' che ormai da molti anni don Ciotti non fa". 

Nella nota Libera scrive che don Michele Crociata pare usare l'espressione "con discrezione" come sinonimo di "prudentemente", o "senza dare troppo nell'occhio", quasi "a volersi muovere dietro le quinte". Che cosa ne pensa? "Ma no, penso che ci vuole discrezione per educare e formare i laici cattolici in un tempo in cui assistiamo a un forte vento anticattolico. Bisogna lavorare lentamente, io - continua il suo ragionamento con l'AGI - ho lavorato per 40 anni dentro le scuole superiori e garantisco che ci vuole molto tempo per raggiungere dei risultati". Per anni dentro la Chiesa si e' perfino messa in discussione l'esistenza della mafia e proprio in questi giorni un prete a Palermo ha celebrato il funerale del boss Masino Spadaro, il 're' della Kalsa, morto per cause naturali mentre era agli arresti domiciliari a Perugia. "La mafia esiste e va combattuta. Nel caso specifico, da quanto ho capito, negli ultimi anni - continua don Michele - questa persona aveva fatto un cammino spirituale quindi non vedo il motivo di non celebrarlo. Tutti siamo figli di Dio, anche quelli che commettono cose brutte e grosse".  

Il Papa a settembre a Palermo ha invitato i mafiosi a convertirsi e nel 2014 in Calabria aveva detto che potevano considerarsi scomunicati. "Certo - ragiona don Crociata - che si devono scomunicare, perche' il loro comportamento e' tutto l'opposto del Vangelo. Pero' e' anche vero che si deve fare di tutto per convertirli. Il compito della Chiesa e' questo ed e' diverso dal compito dello Stato".    

E come dovrebbe muoversi la Chiesa per agevolare questa conversione? "Io per adesso sto incontrando una persona recentemente uscita dal carcere, ogni tanto lo vado a trovare a casa". Mariano Saracino, presunto boss di Castellammare del Golfo, e' stato condannato per estorsione a dieci anni e due mesi e ammesso ai domiciliari. "Perche' lo faccio? Per indurlo a un ripensamento, anche lui e' un figlio di Dio. E' una cosa normale. Se fossi un carabiniere e' chiaro che agirei diversamente. E sta andando bene. Sono la frequenza e la qualita' degli incontri che con il tempo possono indurre a un ripensamento o a una riflessione. E' un lavoro molto lento e incerto". Ma cosa pensa dell'usura e delle numerose vittime di estorsione anche di Saracino? "E' un male del nostro territorio. Bisogna reagire e io mi sento molto vicino alle vittime e sono disponibile a incontrare ognuna di loro".

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