Interdizione al Cav, confermati 2 anni. Pena esecutiva: non si può candidare
Dopo una camera di consiglio durata cinque ore, i giudici hanno respinto il ricorso della difesa di Berlusconi. Diventa così definitiva la condanna pronunciata nell'ottobre scorso dalla Corte di Appello di Milano - dopo il ricalcolo ordinato dalla Suprema corte a conclusione del processo Mediaset - che prevede come pena accessoria l'interdizione dai pubblici uffici per 2 anni nei confronti del Cavaliere, condannato per frode fiscale nel processo Mediaset a 4 anni di reclusione, di cui 3 coperti da indulto.
I giudici della Terza sezione Penale hanno dichiarato "irrilevanti" le questioni di incostituzionalità delle norme tributarie sollevate dalla difesa dell’ex premier e hanno "rigettato" nel resto il ricorso. Berlusconi dovrà anche pagare le spese processuali.
LA RICHIESTA DEL PG - Nel pomeriggio di oggi il Procuratore generale della Corte di Cassazione Aldo Policastro aveva chiesto che venissero confermati i due anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi. Per il Pg la pena accessoria relativa alla condanna per frode fiscale inflitta al Cavaliere nell'ambito del processo Mediaset corrispondeva "ai criteri costituzionali". Per questo aveva chiesto alla terza sezione penale della Corte di cassazione che fosse "rigettato il ricorso" presentato dai legali di Berlusconi che avevano chiesto l'annullamento della pena accessoria o, in subordine, il ricalcolo a un anno.
LA DIFESA - La principale richiesta della difesa di Silvio Berlusconi, avanzata dagli avvocati Franco Coppi e Niccolò Ghedini, era stata quella di sospendere l’udienza Mediaset in Cassazione e inviare gli atti alla Corte europea di Strasburgo affinché valutasse se fossero cumulabili le sanzioni accessorie della legge Severino e dell’interdizione dai pubblici uffici inflitte all’ex premier.