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Cronache
Mescolini e quelle chat con Palamara. Lo strano caso che colpisce l'Emilia

Strano posto l'Emilia. Non si erano mai viste tante inchieste giudiziarie come a Reggio Emilia. Eppure il capo della Procura locale, Marco Mescolini, che ha associato il suo volto al processo Aemilia contro la 'ndrangheta in Emilia-Romagna e in particolar modo a Reggio (era in quel momento nella Dda di Bologna) e all'inchiesta di Bibbiano sui minori sottratti alle famiglie senza un reale motivo, rischia il trasferimento.

Il 24 febbraio il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura deciderà se è incompatibile o meno con l'ambiente emiliano "per essersi venuto a trovare sul piano obiettivo - a prescindere dall’eventuale esistenza di condotte colpevoli riconducibili a fattispecie disciplinari e/o penali - in una situazione tale da poter incidere sulla piena indipendenza ed imparzialità nello svolgimento delle funzioni ricoperte di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia".

Al vertice del caso le famose chat con l’altro magistrato, Luca Palamara, trait d'union delle trattative delle principali correnti della magistratura, nelle quali il pm, in quel momento ancora in forze alla Procura di Bologna, chiedeva di sponsorizzare la propria candidatura (fanno entrambi parte della corrente Unicost).

Chat del 21 febbraio 2018.

Mescolini: “Su Reggio fai di tutto per chiudere se puoi. È importante per tutto. Marco”.

Palamara: “Grande Marco faremo il possibile ma tutto sotto controllo anche se non votiamo oggi”.

Mescolini: “Dobbiamo votare oggi se riesci.... poi te spiego. Scusa e grazie se riesci. Non ti romperei se non fosse vitale. Sempre se possibile”.

 

Le accuse contro il procuratore Mescolini

Alla fine Mescolini diventa Procuratore capo di Reggio Emilia però il nocciolo del problema non sono le chat, anche perché grazie ai suoi accordi Palamara ha piazzato i vertici di tantissime Procure italiane, ma un esposto firmato da 4 pubblici ministeri reggiani che tinteggiano un quadro particolare della Procura. Mescolini all’esplosione dello scandalo Palamara "giurò … di non aver mandato nessuna chat, di non conoscere quasi il dott. Dott. Palamara e che quindi dovevamo stare tranquilli”, ha riferito al CSM il pm Maria Rita Pantani. Ma alle pubblicazioni sui giornali delle chat tra Mescolini e Palamara la situazione precipitò. Tra i casi raccontati dai pm anche la notifica di fine indagine del caso di Bibbiano, inchiesta "Angeli e demoni", che doveva essere comunicata a gennaio del 2020 ma che a detta di costoro Mescolini non voleva notificare in quel momento poiché vi erano le elezioni in Emilia-Romagna (Bonaccini del Pd contro Borgonzoni, Lega), elezioni che potevano incidere sul quadro nazionale.

Altra vicenda sollevata è quella di non inserire tra gli indagati di un procedimento l’attuale sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi (Pd), perché la sua posizione sarebbe stata troppo debole da perseguire. E il pm Giulia Stignani ha raccontato di un rinvio di alcune perquisizioni che dovevano essere fatte al Comune di Reggio Emilia. Scrive la prima commissione che redige la richiesta di spostamento di Mescolini: “al momento delle perquisizioni presso gli uffici comunali il Procuratore aveva insistito per rinviare la perquisizione perché erano prossime le elezioni. In considerazione della necessità di un ballottaggio tra due candidati (e quindi del connesso prolungamento dell’esito elettorale) la perquisizione venne di fatto eseguita mesi dopo rispetto alla tempistica inizialmente programmata. Il giorno dopo il dott. Mescolini in conferenza stampa dichiarava che, con i magistrati titolari dell’indagine, avevano valutato di non procedere alle perquisizioni prima delle elezioni per non turbare il voto. Tale affermazione lasciò i Sostituti stupiti e dispiaciuti in quanto loro erano stati pubblicamente coinvolti in una decisione che non condividevano”.

Stesso ragionamento riguardo all'avviso di fine indagine del caso. "Mescolini di fatto bloccò quell’iniziativa affermando che non aveva trovato il tempo di leggere, pur dovendo apporre solo un visto per conoscenza e non di assenso. Infatti, non appose il visto e andò in ferie. Solo ad agosto, dopo la pubblicazione delle chat (con Palamara, ndr), rientrò in servizio, appose il visto per conoscenza e così, di fatto, consentì di avviare la procedura prevista”.

Nell’atto vengono ricordate le affermazioni di Giovanni Paolo Bernini Forza Italia, prosciolto nel processo ‘Aemilia’ che accusava Mescolini di non aver indirizzato le indagini su esponenti del Pd. "Si è ingenerato nei colleghi e nella collettività il dubbio che la direzione delle indagini come procuratore sia avvenuta in base a convincimenti politici", si scrive nell’atto.

“Particolarmente significativa appariva una affermazione della dott.ssa Salvi (un altro dei 4 pm, ndr)”, scrive la prima commissione, “la mia riflessione era che d’ora in avanti qualunque tipo di indagine fosse stata fatta da questa Procura sicuramente avrebbe suscitato in un senso o nell’altro un sospetto, un sospetto di essere conniventi con qualche parte politica”.

Mescolini ha sostenuto, difendendosi, di essere “vittima di un mero sospetto e che i messaggi da lui inviati al dott. Palamara erano solo volti a conoscere i tempi di definizione della pratica perché voleva portare a termine il processo Aemilia”. E che “alcune di queste colleghe, che sono a Reggio Emilia da 15/20/25 anni, non danno l’impressione nella loro narrazione invece di impegnarsi a contribuire alla ricerca di soluzioni innovative per soddisfare le esigenze di giustizia che emergono con forza dalla realtà sociale”.

“Non è questa la sede ove verificare la correttezza delle scelte investigative”, scrive la commissione, “essendo sufficiente accertare che sulla figura del procuratore aleggia un clima di sospetto”.

Ora la parola passa al plenum del Csm che dovrà decidere se spostare o meno Mescolini dall’Emilia Romagna.

 

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