Morire al ristorante, il professor Calabrese: "Evitate cibi crudi”. Lo chef Campoli: “Sta diventando un problema” - Affaritaliani.it

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Morire al ristorante, il professor Calabrese: "Evitate cibi crudi”. Lo chef Campoli: “Sta diventando un problema”

Il caso del dipendente Atm morto dopo una cena con amici riapre il tema della sicurezza dei cibi. Come difendersi dai ristoratori non etici

Morire al ristorante, il professor Calabrese: "Evitate cibi crudi”. Lo chef Campoli: “Sta diventando un problema”

Morire o rischiare la vita per un pranzo o una cena al ristorante, accade sempre più spesso. E ora lo chef Fabio Campoli, consulente gastronomico di diversi gruppi del food, lancia l'allarme. Con lui è d'accordo il professor Giorgio Calabrese, scienziato dell'alimentazione e consulente del ministero della Salute.

La serie di intossicazioni al ristorante

In pochi mesi le intossicazioni alimentari si sono susseguite: lunedì 12 maggio Davide Teruzzi, dipendente Atm è morto dopo un pranzo con i colleghi per intossicazione alimentare; a marzo, a Bordighera 14 intossicati dopo aver mangiato in un ristorante orientale; a Pescara, a febbraio 60 intossicati dal sushi, poi i ragazzini gita scolastica intossicati dalla pizza a Napoli. 

Campoli, esclusa la ristorazione etnica, nella patria della dieta Mediterranea, è allarme?

“Sì è evidente che c'è un problema. Proprio oggi sono stato invitato dall'Ordine degli avvocati perché vogliono approfondire il tema della sicurezza alimentare e sul fatto che se anche vengono acquistati prodotto alimentari non siamo capaci a conservarli. Ripeto, è un problema che esiste anche se c'è tanta legislazione europea e un sistema di controlli efficace”.

Professor Calabrese, come possiamo tutelarci dalla ristorazione che non garantisce la genuinità e la corretta conservazione dei cibi?

“Accertarsi che il ristorante abbia abbattitori e attrezzature in grado di fare cibo sicuro per evitare listeria e anisakis. A tavola, se non si conosce il ristoratore, chiedere solo cibi cotti, tranne la frutta. Se si vuole verdura come entrata sì ma alla griglia o al forno, no pasta fredda ma pasta cotta, poi tartare alla piemontese da evitare. Verdure. E questo perché se non conosciamo, con la cottura eliminiamo tutti i problemi”.

Campoli, il sistema Haccp di procedure e controlli non basta più?

“Intanto abbiamo un aumento delle allergie, poi importanti patologie come il diabete ma il nodo è il mancato controllo dei cibi in arrivo. E questo va ben oltre la conservazione. Per comprendere meglio: se io voglio stare sicuro mi devo tutelare, così non friggiamo più con olio di arachidi perché è un allergene forte”.

Un costo aggiuntivo per le aziende?

“No, il ristoratore che vuole stare sicuro si accontenta di un prodotto preparato piuttosto che trattare quella che noi chiamiamo la materia prima. Per capire meglio le faccio un esempio: sono arrivato in un ristorante dove le verdure erano nelle cassette del fornitore e lì c'è proliferazione batterica. Ho visto sciacquare l'insalata nel lavamano e un professionista sa bene che le verdure prima di andare in cella vanno sanificate”.

E per i vecchi osti e trattori si riduce lo spazio di somministrare cibi del territorio, o no?

“Ci garantiscono identità del territorio ma spesso non sono aggiornati, devono solo essere meglio informati”.

E gli agriturismo? Sono sicuri

“Secondo me lo sanno fare bene il loro lavoro. Sanno che fanno il pieno nel week end e la proliferazione batterica in poche ore non fa danno. Nessuno è mai morto per un po' di sporco ma se i prodotti girano in frigo e il personale non attua le procedure sono problemi. Diciamo che oggi dobbiamo introdurre il concetto di ristorazione etica, a partire dal personale”.

Perdoni il paradosso, ma i Italia i frigoriferi sono apparsi negli Anni 40, prima la “materia prima” per la cucina veniva conservata con aglio, peperoncino o sott'olio. Senza Haccp, come ha fatto a sopravvivere l'umanità?

“Intanto c'era poco da conservare perché quello che arrivava sulle tavole era poco e di certo non avanzava, Oggi però il mondo è cambiato e spesso consumiamo alimenti che vengono dal Brasile, viaggiano in aereo, finiscono su un nastro trasportatore, poi su un camion, quindi da un grossista e poi vengono ritirate o consegnate. Rispetto al passato quando si mangiava prevalentemente i prodotti della terra a chilometro zero, c'è un problema di contaminazione”.

Rimangono le truffe alimentari di qualche ristoratore che prova a fare il furbo

“Lì non c'è alibi, resta solo la mancanza di etica. Chi sbaglia la gestione e il controllo dei cibi lo fa perché è superficiale o va di corsa”.

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