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Cronache
Crollo viadotto A6,non c'è una mappa dei rischi. Chi controlla 7.317 impianti?

Maltempo Liguria, crollo viadotto A6: l’emergenza sicurezza non si ferma e non è ancora chiaro a chi spetti il compito di monitorare gli oltre 7mila impianti sparsi per l’Italia

Alla fine di settembre scorso, dal ponte Bisagno dell’autostrada A12, si è staccato un pluviale, un tubo per lo scolo dell’acqua piovana, che è precipitato in mezzo a una strada della periferia di Genova. Come scrive il Corriere della Sera, questa è stata l’ultima emergenza prima del crollo del viadotto di ieri sulla Torino Savona. L’ex ministro Danilo Toninelli aveva annunciato, a margine del crollo del Ponte Morandi, il passaggio dalla logica dell’emergenza delle infrastrutture a quello della prevenzione con l’istituzione dell’ Ansfisa, acronimo di Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e avrebbe dovuto superare la vecchia e poco utilizzata Direzione generale per la vigilanza sui concessionari, ente pubblico con limitate risorse e ancor meno potere, impossibilitata com’era a operare veri controlli sui 7.317 ponti, viadotti e tunnel che rientrano nelle concessioni dei 19 gestori autostradali in teoria monitorati dall’Anac.

                I VIADOTTI SOTTO INDAGINE

Pecetti (A26)

Liguria

Veilino (A12)

Liguria

Varenna Ovest (A10)

Liguria

Bisagno (A12)

Liguria

Costa (A10)

Liguria

Vesima (A10)

Liguria

Letimbro (A10)

Liguria

Lupara (A10)

Liguria

Polcevera (A10)

Liguria

Cerusa 1 (A26)

Liguria

Gargassa (A26)

Liguria

Giustina (A14)

Abruzzo

Moro (A14)

Abruzzo

Paolillo (A16)

Puglia

Sarno (A30)

Campania

 

La vecchia struttura era nata dopo l’applicazione di una direttiva europea del 2008 che imponeva ispezioni ministeriali “altamente dettagliate” su infrastrutture viarie a un soggetto terzo. L’Italia aveva recepito dimenticandosi i regolamenti attuativi e i soldi per gli ispettori. “Adesso cambia tutto” aveva detto Toninelli ai genovesi che si erano dati appuntamento in piazza De Ferrari per ricordare le 43 vittime del ponte Morandi. Ma l’Ansfisa è in attesa del parere del Consiglio di Stato su un regolamento attuativo scritto solo nel luglio 2019, un anno dopo l’annuncio dell’ex ministro. Dovevano essere assunti o spostati nella nuova struttura almeno 500 tra ispettori e dirigenti. C’è un organigramma con vertici già nominati, che in forma ufficiosa parlano di «almeno un anno» per la partenza.

In Italia non è mai esistita una mappatura delle infrastrutture a rischio, autostradali o meno. Prima e dopo il ponte Morandi. Manca la volontà dei gestori privati e manca (o mancava) ogni forma di controllo pubblico. Al netto delle 28 opere di Autostrade per l’Italia segnalate su tutto il territorio nazionale dagli ispettori della Guardia di Finanza per conto della Procura di Genova, fa ancora fede il rapporto dell’istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr, che risale al giugno del 2018, quando mancava poco più di un mese al crollo del viadotto sul Polcevera. La premessa era chiara. Il nostro sistema di infrastrutture stradali non regge più, perché la maggior parte dei ponti e viadotti italiani è stato costruito tra il 1955 e il 1980. "Hanno superato la durata di vita per la quale sono stati progettati". Incrociando età anagrafica, interventi straordinari e allarmi raccolti dai gestori, il Cnr identifica venti ponti o viadotti che "destano preoccupazione", talvolta sovrapposti alle segnalazioni della magistratura. Ci sono quelli sulla superstrada Milano-Meda in Brianza, c’è il viadotto Manna in Campania e quelli abruzzesi sulla A24/25 danneggiati dal terremoto del 2009. In Sicilia c’è il caso di un altro ponte realizzato da Riccardo Morandi, tra Agrigento e Villaseta, chiuso dal 2017 e con costi di riparazione esorbitanti, almeno trenta milioni di euro.

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