Chat "Fascistella", Selvaggia Lucarelli: “Pianificavano la mia distruzione. Il femminismo non può trasformarsi in odio” - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 21:18

Chat "Fascistella", Selvaggia Lucarelli: “Pianificavano la mia distruzione. Il femminismo non può trasformarsi in odio”

Selvaggia Lucarelli replica alle accuse dopo la pubblicazione delle chat "Fascistella"

di Federica Concas

Selvaggia Lucarelli: “Pianificavano la mia distruzione. Il femminismo non può trasformarsi in odio”

L’inchiesta che ha scosso il mondo dell’attivismo femminista ha aperto un dibattito acceso sui confini tra informazione, privacy e diritto di cronaca. Al centro della tempesta mediatica è finita anche Selvaggia Lucarelli che per prima ha raccontato la vicenda su Il Fatto Quotidiano, riportando stralci della chat “Fascistelle”, provenienti dal fascicolo d’indagine a carico di Carlotta Vagnoli e Valeria Fonte.

A fare chiarezza è la stessa Lucarelli che, in un’intervista rilasciata ad Affaritaliani, replica alle accuse e riflette sul significato più ampio di una questione che, secondo la giornalista, non riguarda solo le persone coinvolte, ma il modo in cui oggi si esercita l’attivismo e si interpreta la libertà di pensiero.

⁠C'è già chi parla di "guerra" tra lei e le femministe coinvolte nel caso delle chat d'odio e chi l’accusa di aver pubblicato contenuti provenienti da contesti privati, che seppur rilevanti per un'inchiesta, rischiano di minare la sfera personale. Come intende replicare a queste prese di posizione?

“Mi sembra un capovolgimento della realtà piuttosto interessante: ho svolto una normale attività di informazione su un fatto di rilevanza pubblica, dal momento che alcune delle più note femministe italiane sono accusate di stalking e partecipavano a chat d'odio riportate in atti giudiziari. Loro, purtroppo, pianificavano la mia distruzione professionale e quella di altre persone. Riguardo la pubblicazione degli stralci, lo aveva già fatto il giornale Domani, che nessuno aveva interpretato come un attacco alla sfera personale. Il punto è saper distinguere tra ciò che è rilevante e ciò che non lo è. Per esempio, non ho pubblicato la lista degli uomini presunti “abuser” perché l’ho ritenuto grave: le insinuazioni non si amplificano”.

Da Vagnoli a Carlini, tante femministe sono arrivate a insultare persino il Capo dello Stato Sergio Mattarella, augurandogli la morte. Secondo lei, tutto questo odio, da che cosa viene generato? I social alimentano questo "vortice"?

“Sebbene non ne condivida il linguaggio, paradossalmente è il passaggio meno grave: l'odio per un politico parte almeno da una posizione ideologica. Il problema è il resto, ovvero l'idea che “i nemici” dovessero essere destinati alla morte sociale, che si pianificasse di distruggere le reputazioni da account anonimi, o di attaccare utilizzando l'arma della cancel culture e della propaganda becera e cattiva. C'era un livello di odio inquietante. E non basta dire “erano chat private”, perché il linguaggio forma la realtà, e ognuno nella sua dimensione contribuisce a disegnarne una parte”.

⁠Crede che questa vicenda rischi di minare la credibilità del femminismo in Italia, o al contrario faccia emergere "dinamiche di potere" che è giusto che ora siano state, finalmente, denunciate?

“Il femminismo sano non c'entra nulla con questa vicenda. In questo caso, si tratta di una frangia estremista che aveva già dato più volte segnali da cogliere. Ero detestata da Vagnoli e Fonte perché talvolta avevo contestato pubblicamente le loro posizioni troppo radicali, a mio avviso pericolose e poco lucide, su fatti di cronaca, sentenze e femminicidi, o perché ero contraria ai call out indiscriminati e alla giustizia fai da te. Mi sembrava che quel femminismo si stesse trasformando in vendetta”.

Che impatto pensa avrà questo caso, non solo sulla sua reputazione, ma sul modo in cui i media affronteranno in futuro tali tematiche?

“Credo quanto accaduto fosse inevitabile e lo trovo persino salutare. Una parte del femminismo mainstream si stava radicalizzando attorno a figure carismatiche da cui la stessa Michela Murgia aveva allontanato da sé. Alcune battaglie condotte da Vagnoli e altre erano giuste, ma la deriva giustizialista di quel femminismo stava diventando un pericolo come si è rivelato per loro stesse, visti i guai giudiziari e mediatici in cui si sono cacciate. Ho letto tutte le loro chat e ci sono migliaia di pagine incentrate su eventuali nemici, l’odio, il pianificare gogne e vendette, c'erano addirittura le liste degli uomini che secondo loro meritavano la gogna pubblica. Io credo che questo "smascheramento" possa essere utile a riportare un po' di senso critico all'interno del mondo femminista e non indebolisce alcuna battaglia del movimento, anzi la rafforza: se combatti la violenza non puoi utilizzare gli stessi codici”.