Coopcostruttori, il terzo crac italiano di sempre. Ma sono tutti assolti
Non ci furono reati. I giudici di Bologna assolvono i vertici di Coopcostruttori che ha procurato il terzo crac più grande della storia italiana
CRAC COOPCOSTRUTTORI TUTTI ASSOLTI NEL TERZO PIU' GRANDE FALLIMENTO ITALIANO
Nessuno tocchi il sistema. E quello coop non è come gli altri.
Per i crac Parmalat e Cirio ci sono almeno dei colpevoli. Invece dopo 14 anni di processi i colpevoli non ci sono per il terzo crac italiano più grande di sempre, la Coopcostruttori di Argenta in provincia di Ferrara con 1 miliardo di buco, 10.000 creditori e 2500 dipendenti senza più lavoro. C'è chi ha perso anche 500.000 euro.
La bancarotta c'è stata ma per i giudici di Bologna non c'è prova che i capi della cooperativa fossero consapevoli di quanto stava accadendo. Mancherebbe il cosiddetto aspetto soggettivo del reato. Resta un mistero comprendere come sia stato possibile che nessuno si sia accorto del buco della coop già decotta dagli anni '90 e come questa abbia continuato le sue attività fino al 2003.
Quindici anni fa Coopcostruttori chiuse i libri contabili buttando sul lastrico migliaia di famiglie ferraresi.
Poche ore fa, la corte d’appello di Bologna ha assolto gli ex amministratori, Giovanni Donigaglia e Renzo Ricci Maccarini in primis, “perché il fatto non costituisce reato”, facendo appunto cadere le accuse di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, emissione fraudolenta di Azioni di partecipazione cooperativa e false fatture finalizzate all’ottenimento di anticipazioni bancarie.
In 14 anni sono intervenuti sul caso almeno 5 giudizi con sentenze difformi l'una dall'altra, così come nel corso del procedimento sono intervenute modifiche interpretative sul reato di falso in bilancio. Forse “la migliore” è stata quella introdotta nel 2014 dal governo Letta che prevede la non punibilità sull'interpretazione del valore attribuito ad un bene messo a bilancio.
In capo ai vertici della cooperativa restano le condanna per l’acquisto della Spal calcio, considerato una dissipazione del patrimonio della coop che già era in difficoltà. Condanna già passata in giudicato dopo che la Cassazione aveva rinviato alla corte d’appello per la sola rideterminazione della pena: 3 anni e 3 mesi per Donigaglia, 2 anni e 2 mesi per Ricci Maccarini, 2 anni e 2 mesi per i sindaci Sante Baldini e Mauro Angelini. Cadute invece tutte le altre contestazioni minori.
CRAC COOPCOSTRUTTORI. I PROCESSI DEL TERZO CRAC ITALIANO
Nel 2016 a sorpresa la Corte di Cassazione smonta la sentenza di condanna per bancarotta, a 6 anni di carcere per Donigaglia (e le altri di minor rilievo), inflitte ai vertici della cooperativa edile.
In uno dei gradi di giudizio i pm avevano anche accusato i vertici della coop di associazione a delinquere. In primo grado gli imputati erano stati assolti. In secondo grado condannati ma solo per i reati di bancarotta. Questi avevano fatto ricorso in Cassazione che nel 2016 aveva ordinato di rifare il processo d'appello: mancava l'aspetto soggettivo del reato. Infatti la legge stabilisce che “nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà (nesso psichico)”. Il caso specifico e la ovvia discrezionalità di interpretativa dei giudici permette di valutare se esista o meno.
Secondo i protagonisti del processo, Coopcostruttori sarebbe fallita non per motivi strutturali, commesse prese a prezzi irreali, investimenti sbagliati, richieste di credito a soci e istituti quando si sapeva che la coop era già decotta, ma per un problema di liquidità, lo Stato non pagava, e per ragioni politiche, Donigaglia si era iscritto ai Comunisti Italiani (prima era dei Ds), e così erano cambiati i rapporti di forza all’interno della Lega delle cooperative che non lo appoggiavano più.
CRAC COOPCOSTRUTTORI. QUELLO CHE NON SAI DEL TERZO CRAC ITALIANO
Quasi mai il caso di Coopcostruttori è finito sulle tv nazionali per quanto il crac abbia di fatto raso al suolo tutta l'edilizia di più di una provincia. Coopcostruttori è stata una tra le più grandi cooperative d'Italia.
Nel crac c'è chi ha perso 100.000 euro, chi 500.000, chi il lavoro e 50.000 euro. Chi tutti i soldi della famiglia e quello dei parenti. Una sfilza di drammi nascosti e che hanno trasformato radicalmente una parte del territorio emiliano e le vite dei protagonisti.
Coopcostruttori nata nel 1974 dal partito comunista italiano che aveva ordinato di accorpare diverse cooperative edili della zona era un tutt'uno con il partito e l'amministrazione locale.
Si racconta che Ferrara non abbia mai avuto i sottopassi perché Coopcostruttori non aveva gli scavatori adatti a realizzarli e quindi l'amministrazione “non si era mai posta il problema”.
In zona le imprese private edili non riuscivano a vincere appalti e col passare degli anni o sono state assorbite o sono rimaste schiacciate dalla potenza politico-economica di Coopcostruttori.
A Filo, una frazione di Argenta (Ferrara), non esistevano banche e la gente versava i soldi a Coopcostruttori trattando la coop con un istituto di credito.
Già nel 1997 l'impresa era considerata decotta dai vertici del mondo coop. L'ingegner Giovanni Consorte, ex dominus di Unipol, intervenendo in uno dei gradi di giudizio ha confermato che la condizione economica della cooperativa era nota e che l'intervento di una finanziaria (la Finec) o di un pool di banche per salvarla sarebbero stati possibili solo con una cambio del management. Possibilità non accettata dai vertici della coop. In questo senso gli interventi non vennero adottati per evitare ulteriori e più drammatiche perdite.
Ancora nel 1998 e negli anni successivi, ignare di tutto, ci sono state famiglie che hanno investito migliaia di euro nella cooperativa. Addirittura nel 1998 una famiglia dopo un lutto familiare (un incidente stradale con decesso di un figlio), ha versato l'ammontare del risarcimento a Coopcostruttori, considerato l'ente più sicuro in cui investire i proprio soldi. Oggi la perdita per questa famiglia ammonta a circa 500.000 euro.
Il commento degli avvocati Claudio Maruzzi e Carmelo Marcello che hanno difeso, come parti civili, i cittadini coinvolti: “Non si può non comprendere lo sconforto dei nostri assistiti e la sensazione insopprimibile di essere vittime di una grande ingiustizia... . Le parti civili credevano che un giudice facesse completa giustizia dello scempio che hanno subito a seguito del disastro Coopcostruttori. Hanno avuto invece una risposta solo parziale: le pene definitive inflitte a Donigaglia e agli altri imputati per la dissipazione Spal, un buco di circa 38 milioni di euro. Una volta depositata la motivazione valuteremo, l’eventuale ricorso per Cassazione e l'eventuale strada civile”.