Culture
Immigrati in un "ghetto"? “Cronaca di Catania”, il nuovo romanzo (distopico) di Gianni Bonina

Natale Banco è un giornalista che lavora a “La Tribuna”, dove è avversato per il suo spirito di indipendenza nei confronti dell’editore. Il giornale sostiene il progetto di una cittadella riservata agli immigrati, un affare di miliardi al quale è interessato anche l’editore e nel quale molti vedono però l’idea di un ghetto dove rinchiudere gli stranieri. Un incendio doloso di natura xenofoba porta Banco a occuparsi di un uomo, Marco Moncada, che conosce poco prima che muoia nel tentativo di salvare due bambini marocchini dalle fiamme. Anche Moncada è stato molto contrastato nella sua fabbrica e in lui Banco vede perciò un doppio di sé, anche perché si chiama come il figlio diciannovenne che gli oppone un atteggiamento di totale chiusura dopo la morte della madre. La fortuita conoscenza che Banco fa di una barbona che lui ricovera e assiste introduce un elemento di sblocco nei rapporti con il figlio e si rivela determinante nella battaglia ingaggiata contro “la città di Abele” e al fianco di una sacerdotessa marocchina venuta a Catania per sostenere il no al ghetto nel referendum indetto dal Comune. Il romanzo, che ha come teatro principale la redazione “Cronaca di Catania” del giornale, immagina un futuro forse non lontano nel quale gli immigrati regolarizzati si vedranno confinati in quartieri creati appositamente nel retroproposito di liberare le città della loro presenza e allo scopo dichiarato di offrire agli stranieri condizioni migliori di vita. Integrazionismo e separazionismo si contendono quindi la coscienza catanese in un crescendo di tensioni sociali, scontri politici, blocchi contrapposti sullo sfondo di drammi intimi personali, conflitti privati, relazioni di amore e odio a designare insieme, entro una malattia collettiva del nostro tempo, una condizione di malessere e malcontento che è di una città del Sud Italia come anche di tutto l’Occidente. Natale Banco, giornalista disilluso tanto da pensare di vedere all’ingresso del giornale la scritta «Hic sunt leones», e uomo ancora capace di slanci di solidarietà e di intestarsi a suo rischio battaglie civili e umanitarie, è figura sciasciana di tenace concetto ma impregnata di un bufaliniano mal di vivere che lo rende mal aimé, fuori tempo, l’ultimo cireneo dei mali del mondo e dell’uomo.
L'AUTORE - Gianni Bonina, giornalista, vive a Catania. Dirige la rivista di cultura Stilos. Ha pubblicato i romanzi Busillis di natura eversiva (Lombardi, 1997; Barbera, 2008) e I sette giorni di Allah (Sellerio, 2012), la raccolta di racconti L’occhio sociale del basilisco (Lombardi, 2001), il reportage L’isola che trema (Avagliano, 2006; Premio Alvaro 2007), il libro-inchiesta Il fiele e le furie (Hacca, 2009), i saggi letterari I cancelli di avorio e di corno (Sellerio, 2007), Maschere siciliane (Aragno, 2007; Premio Adelfia 2007), Il carico da undici. Le carte di Andrea Camilleri (Barbera, 2007) e Tutto Camilleri (Barbera, 2009, Sellerio, 2012). Per il teatro ha scritto Ragione sociale (Premio Pirandello 2000). Ha curato l’inedito di Serafino Amabile Guastella Due mesi in Polisella (Lombardi, 2000)