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Culture
Galleria Campari, premio Gavi LA BUONA ITALIA per i Musei d’Impresa
Cristian Parravicini

Di Maura Babusci

Una storia fatta di brillanti intuizioni, campagne pubblicitarie rimaste nell’immaginario collettivo, una strategia comunicativa all’avanguardia, che ha vestito il prodotto di arte e design associandolo alla cultura e alla creatività italiane: queste le motivazioni che hanno determinato l’assegnazione del Premio Gavi LA BUONA ITALIA 2016 alla Galleria Campari per la categoria dei Musei d’Impresa.

Il riconoscimento, giunto alla seconda edizione e nato dal Laboratorio Gavi con l’obbiettivo di riconoscere, segnalare e premiare le ‘buone pratiche’ nella valorizzazione internazionale delle filiere enogastronomiche italiane, al fine di condividerle e favorire la competitività di questo settore cruciale per l’economia del nostro Paese, è stato consegnato alla direttrice artistica Marina Mojana, in rappresentanza di una realtà imprenditoriale considerata modello per la “Buona Italia”. Il tutto in sintonia con numerose risultanze che confermano un’integrazione di elementi capaci di assicurare efficacia, distintività, mediaticità, empatia con i consumatori, oltre a creare un valore culturale per il territorio.

Dopo una mappatura di oltre 200 progetti, rappresentativi delle divere componenti della “Buona Italia”: aziende di dimensioni, provenienze territoriali e settori merceologici diversi (dal vino alle conserve, dal riso alla birra, del Nord e del Sud Italia) presentati a Vinitaly 2016, che più efficacemente hanno associato le realtà dell’enogastronomia italiana alle arti e alla cultura, la giuria ha composto una short list di 20 progetti rappresentativi. I 20 finalisti hanno infine partecipato al workshop di premiazione che si è tenuto al Forte di Gavi in apertura della manifestazione VALORE FORTE – Gavi for Arts, progetto strategico e pluriennale messo a punto e coordinato da The Round Table per il Consorzio Tutela del Gavi, con il quale si sta costruendo un modello inedito di valorizzazione della propria filiera vitivinicola, enogastronomica, turistica e culturale. Fra i membri del comitato scientifico, che ha messo a punto indirizzo e contenuti del Premio, anche il critico d’arte Philippe Daverio.

La Galleria Campari, nata nel 2010 in occasione dei 150 anni di vita dell’azienda, è un museo aziendale di nuovissima concezione: uno spazio dinamico, interattivo e multimediale, interamente dedicato al rapporto tra il marchio Campari e la sua comunicazione attraverso l’arte e il design. Per gestire al meglio un allestimento che fa ampio uso delle più moderne tecnologie, Galleria Campari è stata la prima a integrare in ambito museale la piattaforma di sviluppo opensource Arduino, ideata da Massimo Banzi. Nata nel 2002 a Ivrea, in provincia di Torino, e ora utilizzata in tutto il mondo, Arduino è composta da una scheda elettronica abbinata a un software e può contare su una comunità internazionale di modder, che costantemente contribuiscono a migliorarlo con le loro idee e il loro lavoro. Arduino deve il suo nome al bar dove i suoi fondatori erano soliti fare l’aperitivo e all’interno del quale nacque l’idea per questa piattaforma. Una coincidenza che rafforza il legame con il Campari: entrambi frutto della creatività italiana, anche se appartenenti a due epoche profondamente diverse, hanno in comune anche l’essere nati nel segno di quell’attitudine conviviale così caratteristica del nostro Paese.

Sede in questi giorni del progetto Campari Wall con “Different Perspectives” della fotografa tedesca Barbara Probst, con un polittico tratto dalla serie fotografica Exposure, lo spazio museale si propone come centro di ricerca e produzione culturale, che riassume in sé molto di ciò che ha fatto grande Milano e l’Italia: l’arte, il design e la capacità di fare impresa, dove l’innovazione poggia sulle solide basi offerte dalla tradizione. Il progetto nasce nell’ambito della riscrittura architettonica e funzionale dello storico stabilimento di Sesto San Giovanni, fondato da Davide Campari nel 1904. Tra il 2007 e il 2009 il complesso è stato interamente trasformato, con un progetto dell’architetto Mario Botta, per la realizzazione del nuovo headquarter del Gruppo Campari e il recupero dello storico fabbricato destinato appunto a ospitare il museo. La Galleria Campari deve la propria forza all’unicità e alla ricchezza dell’archivio, che raccoglie oltre 3.000 opere su carta, soprattutto affiche originali della Belle Epoque, ma anche manifesti e grafiche pubblicitarie dagli anni ‘30 agli anni ‘70, firmate da importanti artisti fra cui Marcello Dudovich, Fortunato Depero e Guido Crepax; caroselli e spot di noti registi come Federico Fellini e Singh Tarsem; oggetti firmati da affermati designer come Matteo Thun, Dodo Arslan, Markus Benesch e Matteo Ragni.

 

 

 

 

 

 

 

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