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Adam Wilson, un romanzo d'esordio fresco e dissacrante

 

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LA TRAMA - Eli Schwartz è un perdente. Dopo il diploma rinuncia al college e scivola in un limbo post-adolescenziale fatto di film porno, marijuana e programmi di cucina. All’ombra di una madre depressa e di un fratello fin troppo brillante, Eli passa le giornate a immaginare ricette improbabili e altrettanto improbabili amplessi, commiserandosi per il decadimento fisico e la mancanza di prospettive. Tutto cambia quando incontra Seymour Kahn, ex attore in sedia a rotelle, cinico e Viagra-dipendente: tra lezioni di vita e droghe sintetiche, pallottole e spogliarelliste, coppie lesbiche e cibo bio, Eli scoprirà che trovare se stessi non è poi così difficile. Ma a volte è meglio non cercare...

Adam Wilson

L'AUTORE - Adam Wilson ha 30 anni e vive a Brooklyn. Insegna scrittura creativa alle New York University. È fondatore del magazine internazionale The Faster Times e scrive regolarmente per il New York Times e la Paris Review.

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(per gentile concessione di Isbn edizioni)

Ma forse non è dalla mamma che dovrei cominciare, anche se è da lei che ho cominciato io (in lei ho preso forma, ho messo su braccia e gambe, mi sono preparato a respirare ossigeno, sia pur con un leggero fischio asmatico che le sigarette non hanno aiutato), è da lei che tutta questa roba da romanzo di formazione inevitabilmente germoglia e poi sboccia timida, come le azalee pallide che la signora Todd piazzava sul portico tutte le primavere ma poi non innaffiava mai, lasciando che ci provasse la pioggia a farle crescere, a farle venire su dritte per ricevere la luce del sole, proprio come il bolso e costante bagliore della televisione provava a fare con me; e fallivano entrambi.
No, qui non si parla di mamma, di papà o di quello che può aver detto Freud – libri che peraltro non ho letto, anche se ho visto Il caldo segreto di Sigmund (Cinemax, 2005), il succo è quello. Si parla di una casa, bisognerebbe cominciare da lì, e sarà lì che tutto andrà a finire, non prima che un mucchio di fucili, droga, spogliarelliste e altri capisaldi della vita suburbana contemporanea si siano uniti al cocktail come spuma rossa, dando all’acqua un bel color sangue e un sapore dolciastro, vomitevole.
Se la mamma c’entra qualcosa io non voglio saperlo. Abbiamo tutti ciucciato un paio di capezzoli, trollato su MILFSandtheirILKS.com, spiato una bionda ossigenata sulla cinquantina piegata a novanta al supermarket, immaginato di leccarla tra le cosce e poi di venire risucchiati come da un aspirapolvere, condensati e accolti a riposare sul suo torso espanso, sospesi in quel liquido come fegatini in un barattolo di grasso di pollo.
Ma sto divagando.
Con il divorzio mamma si è presa la casa, ma la casa era di papà. Le mani di papà avevano piazzato le longarine; il suo sudore era colato nelle fondamenta, manifestandosi nella puzza muffosa del seminterrato. C’era papà in tutti i dettagli: bagni per uomini alti, un cromato fiorire di rubinetteria post-déco, ampi spazi armadio. Eppure siamo rimasti lì per quattro anni dopo il divorzio. Poi Benjy è partito per il college. Lei e io: solitudini separate, piani separati.
Anch’io ho finito il liceo. Invece del college, sono sprofondato nell’abisso del mio seminterrato. Mesi a guardare la tv senza quasi farci caso, ampliando la mia conoscenza degli argomenti che mi ero perso a scuola: politica e attualità (msnbc), cultura contemporanea (e!), economia domestica (Food Network), geografia (Travel), la vita segreta della fauna (Discovery Channel), gli ultimi giorni di Eva Braun (History Channel), Beavis e Butthead nel ruolo di barometri culturali dell’era Clinton (mtv2), Jon Stewartche fa a fettine il mondo con le sue arguzie da cruciverba domenicale (Comedy Central), Humphrey Bogart e i suoi occhi da tonto-freddo-triste-ma-scopami-subito che io volevo rubargli e indossare per le strade sotto le mie sempre più folte sopracciglia nere ereditate da papà (amc). Tenevo le luci spente, di sopra non ci andavo quasi mai.
L’isolamento fisico era troppo per mamma, che concluse che una famiglia stipata è una famiglia unita. Mise la casa in vendita.

(continua in libreria)