Culture
LE POESIE DI FRANCO ARMINIO E DI ANTONIO SPAGNUOLO: L’infinito senza farci caso e Polveri nell’ombra

Per parlare delle poesie di Franco Arminio dopo che ne è stata interpretata ogni sua parola e ogni gesto espresso da essa è come costruire un ponte su un terreno franante, ma ci provo e come conviene fare e probabilmente un lettore farebbe, mi armo di passione e attenzione e mi lascio trasportare dai versi con la zattera del senso.
Al largo nelle profondità marine si trova l’amore cantato da Arminio: leggera come “in pieno inverno la farfalla”, audace come un’anima che abbandonato il proprio corpo va “a prendere il caffè” dai suoi cari e poi va via silenziosa “come una formica”. Sorprende la quotidianità narrata in versi dal poeta così come il panteismo erotico che trasuda e si legge: “Il sesso non frequenta i quartieri a luci rosse, / è una cosa in cui s’inciampa /anche se abbiamo la sciarpa e il cappotto. / Non c’è bisogno di spogliarsi. / La festa è desiderare, è sgretolarsi, / fare entrare l’altro dagli occhi, / da un fianco, dal buco di una vocale (p. 19). Non occorre spiare. Non c’è segreto. Tutto è placidamente qui: scritto. Ed è nella narrazione dell’io e di un tu che il “noi” si intreccia: non si distinguono i sessi, ma soltanto l’amore trapela e raggiunge l’infinito.
Leggere “l’infinito senza farci caso. Poesie d’amore”, pubblicato da Bompiani significa immaginarsi l’infinito e far vibrare quella voglia costante di viverlo. “Gli amanti graffiano ciechi / nel buio dell’universo. / Così nascono le stelle (p. 117); nella meraviglia di un firmamento la semplicità di vederne una per una come fossero bon-bon da scartare. In tale silloge o se qualcuno preferisce raccolta di versi “il principio passione” alimenta i corpi animati e inanimati di chi si accinge a leggere: “Vieni giù nelle mie vene, / trovami / e fammi uscire / verso qualcosa / che non so” (p. 37).
Cos’è il sesso? Cos’è l’amore?
Franco Arminio ha provato a rispondere nella solitudine di una stanza, nel ricordo di amori vissuti o immaginati, traditi, cercati, nel desiderio sempre vivo di amare facendo i conti con la propria maturità ed è sorprendente o addirittura come scrive “rivoluzionario” quando nel dichiarare amore all’altro/a si legge: “dovrei essere un esperto artificiere / per arrivare incolume al piacere” (p. 25). Sulla incolumità del lettore non rispondo, ma, di certo con tali poesie Franco Arminio ha reso possibile la comprensione di un piacere che ancora esiste e si chiama “amore”. Libero. Senza veli. Con la pudicizia di un bambino e la serenità di un adulto: “l’infinito senza farci caso”.
L’amore è un sentimento cantato anche da Antonio Spagnuolo in “Polveri nell’ombra” (Oedipus edizioni). Qui è manifesto il sentimento profondo della sua donna, la memoria di una “lei” vissuta tra dolori, lacrime, ansiolitici. Non solo, il libro sembra avere tre intervalli o intermezzi differenti che segnano il cammino di una vita, la sua, quella di chi ha vissuto e amato e possiede doti divinatorie nel trasmetterlo in parole: “Polveri nell’ombra”, “Svestire le memorie”, “Nuovo registro”.
Antonio Spagnuolo colpisce e penetra nel vivo della carne: i suoi versi sono come schegge conficcate con l’illusione di dimenticarle. Giacciono. Fanno male. “Le schegge ancora mute hanno poesie / nella corrente acidula del tempo, / poesie che non riesco a cucire, / perché altre rime accendono il passato / circondato da nebbie, da polveri, / nel semplice riflettere del giogo (p. 33). E a chi avrà da lamentarsi quando la poesia è anche “Amore”, forse non ha mai amato o non conosce tale sentimento. D’altronde anche Auden si chiedeva cosa fosse l’amore.
“Polveri nell’ombra” rapina e rapisce il detto e il non detto e lo consegna all’inquieto vincolo del vissuto, l’umano. Nel silenzio “il tuo dire erano sillabe d’oro, / appuntamenti con il vortice scatenato della gioventù” (p. 21). Così si alternano le metafore tra suoni di violini ed è un asindeto di passione e amore; di anime e di corpi. Antonio Spagnuolo canta i suoi versi dando vita a un nuovo “registro”, quello delle “sue mani”.
“Il preludio sorprende ogni verso, / rincorrendo i colori di un arcobaleno / tra le note del tramonto: illusione di fuochi / che tra i piedi e le mani avemmo in abbandoni. / Le tue braccia una fiaba senza fine, / una fiaba incisa tra le mura, ogni mattina, che poteva squarciare l’attesa / nelle armonie dei silenzi (p. 65).
Tra l’immediatezza apparente dei versi di Franco Arminio e la profondità sfuggente di Antonio Spagnuolo l’eros, l’incontro, la penetrazione di corpi, di sguardi, di sensi hanno il sopravvento e senza bisogno di aggiungere null’altro ti stendono al tappeto senza concederti il bis.