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Culture
Silvio Muccino scrittore con "Quando eravamo eroi". Il libro

di Alessandra Peluso

 

Lo stile inconfondibile di Silvio Muccino, attore e regista, lo si ritrova anche come scrittore nel libro “Quando eravamo eroi”, pubblicato da “La Nave di Teseo”.

Un Peter Pan, consapevole però del cambiamento della vita, del passaggio, dello scorrere del tempo, sino a diventare un possibile esistenzialista, o un probabile lacaniano, specchio di se stesso: il guardarsi dentro, esporsi e disporsi dall’alto come voce narrante, fa di Silvio Muccino un piccolo grande uomo, il “giovane favoloso” leopardiano.

Un libro intriso di scrittura con una funzione attrattiva e non orripilante, attrae e incuriosisce sino a spiazzare il lettore. “Quando eravamo eroi” si legge come se si stesse guardando un film, o leggendo fumetti, mentre ci si accorge ben presto di avere a che fare con una materia incandescente: la vita; e in essa, si dispanano l’amicizia, l’amore, i tradimenti, gli abbandoni.

I personaggi sono giovani adulti in preda, come forse accade a trent’anni, in una profonda crisi ed un ritorno a ciò che è saldo, importante quanto l’amicizia. Ci sono Rodolfo, Melzi, Eva, Torquemada e Alex, trentaquattrenne, che da Amsterdam ritorna in Italia: «un’enigma indecifrabile per tutti, soprattutto per Cristina, considerato un neo, “un’imperfezione che, nello sfavillante mondo di lei, rifuggiva le luci della ribalta e racchiudeva la profondità e il mistero di quella macchiolina nera».

quando eravamo eroi
 

Ci sono alcuni passi, delle espressioni che tolgono il fiato, come quando si legge: «Un taglio per recidere, un taglio per uccidere e un taglio per ricominciare. Così finisce l’amore: con un taglio netto. Una volta credevo che ci sarebbero state urla e liti, porte sbattute e telefonate nel cuore della notte. Ma poi ho scoperto che io recido l’amore chirurgicamente, senza far rumore», salvo poi a riprendere il respiro, quando l’ironia, a volte sprezzante, trabocca. In Alex, si intravede Sasha, e forse Silvio Muccino, desideroso dell’amore, se pur apparentemente sfuggente. È appassionante tanto quanto il film “Parlami d’amore”, rapisce, emoziona; è indubbio, tuttavia, che nel libro balza in superficie la storia di amicizia tra ragazzi e il ricordo, la voglia di ritrovarsi ancora dopo quindici anni, come se nulla fosse accaduto, ma non sarà così.

Quando eravamo eroi” di Silvio Muccino è un romanzo intenso, intriso di intensità talmente profonde che, a volte, si fa fatica ad affrontarle, a comprenderle, riducendole in banalità: il sentimento, la sincerità, l’onestà di essere se stesso.

Si tratta, inoltre, di una rivincita, di una risalita dopo un affondo, una caduta; è l’affermazione di coraggio, di un’audacia indispensabili per sentirsi vivo. E l’eroe, diventa qui l’uomo comune, chiunque può dirsi  eroe della propria vita, o artista e creatore di essa, come coloro che compiono la sola grande sfida della vita: vivere e tentare di essere sempre se stessi. Non ci sono Prometeo, o un Superuomo alla maniera nicceana, né supereroi come Spiderman, o Batman, non c’è l’illusione di essere invincibile, ma la certezza amara di una vita caduca, finita, di essere anche sconfitti e nonostante tutto di credere con convinzione in valori quali l’amicizia, l’amore, oltre alla voglia di stare insieme, il bisogno di sentirsi amati e di non essere soli, di essere ascoltati.

Una evidente realtà, meglio necessità, oggi, sotto gli occhi di tutti, anche se si tende, forse per comodità, a non vederla.

 
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